tag:blogger.com,1999:blog-62344005409385972672024-03-04T21:31:14.065-08:00Giancarlo Ricci blogGIANCARLO RICCI BLOG -
Spazio di dibattito, di pensiero, di teoria intorno alla psicoanalisi nel nostro tempo Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.comBlogger54125tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-34324871006461886682020-02-26T09:31:00.003-08:002020-02-27T01:08:11.183-08:00IL PADRE IN OZU<div style="text-align: center;">
<span style="color: #073763;"><span style="color: blue; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Segnaliamo l'uscita del libro di <b>DAVIDE BERSAN</b><br /><b><i>Figure del padre in Ozu</i></b><br />(<i>Polimnia Digital Editions</i>, 2020)</span></span></div>
<span style="color: #073763; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><span style="font-size: large;">
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<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;"><span style="color: #073763; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">La filmografia completa del celebre regista giapponese viene esplorata dagli esordi a partire dalla posizione poliedrica che il padre assume in ciascun film. Il libro costituisce anche un attraversamento delle tematiche tipiche <br />di questo grande regista.</span></span></div>
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><span style="color: #073763; font-size: large;">
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</span><br />
<div class="page" title="Page 10">
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<div class="column">
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<span style="color: #073763; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">"È all’interno di tale universo artistico - scrive Bersan nell'</span><span style="color: #073763; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Introduzione</span><span style="color: #073763; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"> - che ho potuto man mano ritrovare e </span><span style="color: #073763; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">ripercorrere una sorta di “alfabeto dell’umano” le cui prime </span></div>
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<span style="font-family: "simoncinigaramondlt";"></span></div>
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<span style="color: #073763; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">lettere sono “padre” e “figlio” ma anche “figlia”, “madre”, “fratelli”, “sorelle” e così via". In tal senso questa carrellata </span><span style="color: #073763; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">di figure, di statuti e di interiorità pare raccontino, </span><span style="color: #073763; font-family: "simoncinigaramondlt"; font-size: large;"><span style="color: #073763; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">partendo </span></span><span style="color: #073763; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">da un altrove, l'attualità dei nostri tempi.</span></div>
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<br /></div>
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<span style="font-family: "simoncinigaramondlt";"><span style="color: #073763; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><span style="color: blue;">Il libro è disponibile presso <a href="https://www.amazon.it/Figure-del-padre-Davide-Bersan-ebook/dp/B084DJ7KJR" target="_blank">Amazon</a> o altri <i>stores <br />in vari formati digitali.</i></span></span></span><br />
<span style="font-family: "simoncinigaramondlt";"><span style="color: #073763; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><span style="color: blue;"><i><br /></i></span></span></span>
<br />
<div class="p1" style="font-family: Arial; font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><b>Davide Bersan</b> è nato a Verona e oggi lavora a Milano. Laureato in teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, da tempo lavora nel campo delle cure psichiatriche. Ha seguito una formazione di counseling (sistemico e psicodinamico). Negli ultimi anni i suoi interessi si sono rivolti anche all’approfondimento di argomenti di psicanalisi e di cinema. <br /> Gestisce un blog: </span><a href="https://blog.libero.it/wp/cinemadiozu/" style="text-align: center;"><span style="font-size: large;">https://blog.libero.it/wp/cinemadiozu/</span></a></div>
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<br />
<br />
<span style="font-size: large;"><b>Dall'Introduzione</b></span><br />
<br />
<div class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin-bottom: 5px; margin-top: 5px; text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj20kiKzWk73CtAEl8zi8YctVOnXkanDe27PKJ1upPcv3O7gyjdTLhcp4zi1t4nARK4LNstVm2cEOBO2Cz6KsHV9LYbG_3v8LmM8jMVCER1ZgKBvukPzJI8NTfkoMHgq2vovRK3JioJLm8/s1600/ozu_cover_SITO.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1132" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj20kiKzWk73CtAEl8zi8YctVOnXkanDe27PKJ1upPcv3O7gyjdTLhcp4zi1t4nARK4LNstVm2cEOBO2Cz6KsHV9LYbG_3v8LmM8jMVCER1ZgKBvukPzJI8NTfkoMHgq2vovRK3JioJLm8/s400/ozu_cover_SITO.jpg" width="281" /></a></div>
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;">L’idea di scrivere questo libro mi è venuta dopo aver scoperto quasi per caso il cinema di Yasujiro Ozu. Pur amando il cinema sin dall’infanzia, le mie conoscenze della settima arte lambivano occasionalmente la cinematografia orientale. La mia frequentazione delle sale ha sempre alternato periodi di assiduità e di latitanza, tuttavia mi concedevo di ta<span class="s1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal;">nto in tanto la visione di qualche film d’autore che cercavo con cura selettiva in base agli interessi del momento. Circa sei anni fa mi sono imbattuto, lungo le mie consuete ricerche tra gli scaffali pieni di dvd della biblioteca del mio quartiere, prima nella sezione di cinema dell’Estremo Oriente e poi nel film di Ozu “C’era un padre”</span> (Chiki Ariki). Cercavo in realtà qualcosa che trattasse della relazione padre-figlio. In quel momento stavo leggendo diversi libri su questa tematica e desideravo affrontarla da più prospettive, anche quella riguardante il discorso cinematografico.<span class="Apple-converted-space"> </span></span></div>
<div class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin-bottom: 5px; margin-top: 5px; text-align: justify;">
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;">L’impressione che ho provato dopo la visione di quel film di</span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXP3NxeXbWmzgjNoeuQQrLuPXAvH90O0CxeF2zmNpyXv3svQODIPX_58jZSr-IYq1BdZH0tFFyMEMCI1ADP7Hv1rzP20VtLewemB_oLeXy1Qv8A1BKHnZBCiQv4EK7qExyuCM29dT8G_U/s1600/download+2.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="238" data-original-width="211" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXP3NxeXbWmzgjNoeuQQrLuPXAvH90O0CxeF2zmNpyXv3svQODIPX_58jZSr-IYq1BdZH0tFFyMEMCI1ADP7Hv1rzP20VtLewemB_oLeXy1Qv8A1BKHnZBCiQv4EK7qExyuCM29dT8G_U/s320/download+2.jpg" width="283" /></a></span></div>
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;"> Ozu del 1942 è stata forte e profonda, ho sentito molta commozione come se quella storia non narrasse solo di un padre e un figlio di un paese asiatico lontanissimo dall’Italia e di molti anni fa, ma come se riguardasse in fin dei conti anche me, così come ogni figlio e ogni padre in tutto il mondo. Erano effettivamente, come poi in seguito ho scoperto, impressioni s<span class="s1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal;">imili a quelle che anche altri avevano avuto a contatto con le opere di Ozu, come ad esempio Wim Wenders che nel suo lungometraggio “Yokyo-ga” (1983) ne offre un’esplicita testimonianza.</span><span class="s2" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; vertical-align: 5px;"><br /></span><span class="s1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal;">In esso Wenders ripercorre a vent’anni dalla scomparsa del regista gi</span>apponese, i luoghi rappresentati nei suoi film per cercarvi, forse invano, ciò che vi rimane di Ozu e del suo mondo poetico: «Per quanto siano tipicamente giapponesi questi film sono allo stesso tempo universali. Vi ho riconosciuto tutte le famiglie del mondo intero, anche i miei genitori, mio fratello e me stesso. Secondo me mai prima di allora e neanche dopo il cinema è stato così vicino alla sua essenza e alla sua funzione: offrire un’immagine dell’uomo nel nostro secolo, un’immagine utile, vera e val<span class="s1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal;">ida in cui ci si può riconoscere e soprattutto da cui si può</span> apprendere qualcosa di sé» (dalla voce narrante di Wenders all’inizio del film). <span class="s1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal;">In base a questa testimonianza e</span>ra come accorgersi che la specificità della storia raccontata non ne minava il suo significato universale o forse proprio per la sua particolare collocazione storica faceva risuonare in un modo del tutto unico e direi anche più intenso, degli echi spesso sepolti nell’animo umano.<span class="Apple-converted-space"><br /></span></span></div>
<div class="p2" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin-bottom: 5px; margin-top: 5px; text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtVQ04vnau5qA81qvRLbIByZ2C3NtAIgsK9yxKWin45CAJ5IZGsO7Sm0NWAocCxnkd23aurob2LnOxHn_wXeiKU-bNGOTL-P3tGctvCX05Vp_wNWYPDhXKhtQ1qmkxxI6MbUGm8anpMNg/s1600/download-1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="154" data-original-width="328" height="299" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtVQ04vnau5qA81qvRLbIByZ2C3NtAIgsK9yxKWin45CAJ5IZGsO7Sm0NWAocCxnkd23aurob2LnOxHn_wXeiKU-bNGOTL-P3tGctvCX05Vp_wNWYPDhXKhtQ1qmkxxI6MbUGm8anpMNg/s640/download-1.jpg" width="640" /></a></div>
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;"><span class="s3" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal;"><br />Sono passati però alcuni mesi prima che sentissi il </span>desiderio di rivedere Chiki Ariki e poi anche le altre opere di Ozu. La mia scoperta non si era infatti esaurita in quel film perché man mano che vedevo altre sue pellicole mi rendevo conto di quanto ognuna rappresentasse un singolo tassello di una costruz<span class="s3" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal;">ione più grande, del tutto coerente e coesa al suo interno. In essa i temi, le immagini, i valori, gli stili, le tecniche convergevano in un unico progetto artistico, in una stessa visione unitaria del mondo e dell’umano, in un peculiare universo contenut</span>istico e stilistico che trovava una felice e alta espressione nell’arte del cinema.<span class="Apple-converted-space"> </span></span></div>
<div class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin-bottom: 5px; margin-top: 5px; text-align: justify;">
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;">È all’interno di tale universo artistico che ho potuto man mano ritrova- re e ripercorrere una sorta di “alfabeto dell’umano” le cui prime lettere sono “padre” e “figlio” ma anche “figlia”, “madre”, “fratelli”, “sorelle” e così via. E le ritrovavo in tutta la loro freschezza sorgiva e nella loro densità semantica che solo il filtro di una cultura “altra”, lontana da quella occidentale anche se non aliena da contaminazioni, poteva restituircele da una tale prospettiva inedita e per questo così carica di preziose suggestioni. Era come riscoprire queste stesse parole, mediate da immagini dal potente impatto visivo e sentirle risuonare di echi antichi ma anche nuovi in un li<span class="s1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal;">nguaggio che, se pur connotato culturalmente, sapeva farsi intendere da ognuno.<span class="Apple-converted-space"> </span></span></span></div>
<div class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin-bottom: 5px; margin-top: 5px; text-align: justify;">
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;"><span class="s1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal;">“C’era un padre”</span> è stata effettivamente la porta che mi ha permesso di accedere a quel mondo che era costituito essenzialmente dalla filmografia del regista. Il secondo passaggio è stato per me quello di approfondire la co- noscenza della cultura e della storia del Giappone per trovare la corretta contestualizzazione dell’opera di Ozu.<span class="Apple-converted-space"> </span></span></div>
<div class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin-bottom: 5px; margin-top: 5px; text-align: justify;">
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;">Non è difficile notare che l’universo artistico di Ozu si focalizza sulla realtà familiare, seguita passo dopo passo, registrata, si potrebbe dire, nei suoi mutamenti sempre più profondi per più di tre decenni, ossia dalla fine degli anni venti ai primi anni sessanta, attraverso momenti salienti della storia del Paese del Sol Levante.<span class="Apple-converted-space"> </span></span></div>
<div class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin-bottom: 5px; margin-top: 5px; text-align: justify;">
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;"><span class="s1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal;"> Nel 2015 ho iniziato a promuovere degli incontri impostati </span></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;"><span class="s1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgroFXPIEcNIm83kvRbBYm2OeZxL9D-w8a8pHku361wOjjpjxuLth7m_EEU2FkJ0CecNnTZW7ej5bo66otuNMRMwD0bkABWz8Ey_f8VKhqij-QQUgpzZca3X6_gimHgdLXMUzQSR4DTDLE/s1600/Schermata+2020-02-22+alle+12.01.27.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="408" data-original-width="378" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgroFXPIEcNIm83kvRbBYm2OeZxL9D-w8a8pHku361wOjjpjxuLth7m_EEU2FkJ0CecNnTZW7ej5bo66otuNMRMwD0bkABWz8Ey_f8VKhqij-QQUgpzZca3X6_gimHgdLXMUzQSR4DTDLE/s400/Schermata+2020-02-22+alle+12.01.27.png" width="370" /></a></span></span></div>
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;"><span class="s1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal;">come dei laboratori (o conferenze) sul cinema di Ozu. Non propriamente quindi un cineforum: i film, all’inizio, venivano introdotti da alcune note e alla fine commentati liberamente dal pubblico. Ino</span>ltre durante la visione venivano proposte alcune pause per introdurre chiavi di lettura e focalizzazioni su determinate particolarità stilistiche o altri tipi di rilievi. Tali momenti offrivano alle persone presenti lo spazio per eventuali osservazioni in itinere. Di tali notazioni, a vari livelli, a volte vi può essere eco nei capitoli, in particolare nel secondo e nel terzo. Da allora ho organizzato numerosi altri incontri in cui sono stati proiettati, sempre con le stesse modalità, almeno una decina di film del regista, oltre che di altri autori per lo più giapponesi. Incontri sempre abbastanza frequentati che si sono svolti in gran parte presso la biblioteca comunale del quartiere milanese di Crescenzago e alcune volte presso l’associazione culturale<span class="s1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal;"> che fa capo alla Villa Pallavicini di Milano.<span class="Apple-converted-space"> </span></span></span></div>
<div class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin-bottom: 5px; margin-top: 5px; text-align: justify;">
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;">Se la realtà familiare è il focus narrativo su cui il regista ha elaborato le sue numerose storie, non senza una propria evoluzione stilistica e contenutistica avvenuta nel corso degli anni, la figura del padre all’interno della famiglia è quanto mai centrale in quasi tutti i suoi film. Centrale anche quando, soprattutto nel dopoguerra, ne registra la crisi di ruolo, e lo sfaldamento degli equilibri sia generazionali che all’interno del nucleo familiare rispetto alle tradizioni consolidate. Con quest’opera ho cercato appunto di considerare con più attenzione il modo in cui è raffigurata l’immagine del padre nei film di Ozu.<span class="Apple-converted-space"> </span></span></div>
<div class="p1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal; margin-bottom: 5px; margin-top: 5px; text-align: justify;">
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;"><span class="s1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal;">Pur non essendo un’opera sistematica, le riflessioni sono state ordinate partendo </span>dai film più vecchi del regista, quelli del periodo del muto per intenderci, per poi attraversare i film del periodo bellico e proseguire con quelli usciti nei primi anni del dopo-guerra per approdare infine ai più recenti dopo la svolta del colore nel 1<span class="s1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal;">958 con “Fiori di equinozio”</span>. Tutti i periodi della filmografia ozuiana sono stati presi in considerazione e direi la maggior parte dei suoi film, almeno di quelli reperibili. Se qualche film è stato trascurato, come ad esempio <span class="s1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal;">“La donna della retata” o “Una donna di Tokyo”</span>, è per il semplice motivo che non vi ho trovato rimandi significativi alla figura del padre. Di altri come <span class="s1" style="font-stretch: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: normal;">“Sorelle Munekata” o “Erbe fluttuanti”</span> pur avendoli ben presenti non mi è stato possibile dedicarvi un paragrafo. Il tema o focus narrativo del libro è infatti il padre, la sua figura, la sua immagine, il suo porsi come altro polo di un figlio o di una figlia o di più figli, così come Ozu la raffigura e rappresenta, lasciando più spazio alle impressioni e alle risonanze interiori rispetto ad una vera e propria meta-riflessione.<span class="Apple-converted-space"> </span></span><br />
<span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;"><span class="Apple-converted-space"><br /></span></span></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-11247548177807294792019-07-04T01:20:00.000-07:002019-07-04T01:28:17.327-07:00SULLA POST LIBERTA'. Intervento di RICCI<div style="text-align: center;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><b>Presentiamo nel video un estratto dell'intervento di Giancarlo Ricci in occasione della presentazione del suo libro <br />"Il tempo della post liberta'. Destino e responsabilità in psicoanalisi". </b></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><b>Milano, 29 maggio 2019.</b></span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">Per altri video relativi all'intervento di Eugenia Scabini vedi <a href="https://youtu.be/TlbrgfCINdo" target="_blank">https://youtu.be/TlbrgfCINdo</a> e sulla serata <a href="https://youtu.be/TahOrkB0_XU" target="_blank">https://youtu.be/TahOrkB0_XU</a></span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="color: red; font-size: large;"><a href="https://youtu.be/T8hs40KclmU" target="_blank">VAI ALL'INTERVENTO DI RICCI</a></span><br />
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEikpedXMJKWTHSt7D3yeHFkNoEEc1OipFbjN2NuTeSiCHOmL1IGSu0cxuc_08Nwr5NrGhdUQE-RgPXHWsDK17CKNOr22Wd5_hpWG-BH7FAcrC47Qjk4EDNOaRKy7zWWQUV9ywRWj9uUiqw/s1600/Schermata+2019-07-04+alle+10.16.34.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="956" data-original-width="1575" height="385" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEikpedXMJKWTHSt7D3yeHFkNoEEc1OipFbjN2NuTeSiCHOmL1IGSu0cxuc_08Nwr5NrGhdUQE-RgPXHWsDK17CKNOr22Wd5_hpWG-BH7FAcrC47Qjk4EDNOaRKy7zWWQUV9ywRWj9uUiqw/s640/Schermata+2019-07-04+alle+10.16.34.png" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<span style="color: #134f5c; font-size: large;">"La libertà di pensiero l'abbiamo conquistata, adesso ci manca il pensiero" - </span><br />
<span style="color: #134f5c; font-size: large;">Karl Kraus</span><br />
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><br /></span></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-12784789915895306762019-06-13T14:00:00.002-07:002019-06-13T14:40:03.304-07:00IL CINEMA DI BERGMAN<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: center;">
<b><span style="color: #0c343d; font-size: large;"><br /></span></b>
<b><span style="color: #0c343d; font-size: large;">Sul capolavoro di Ingmar Bergman, </span><span style="font-size: large;"><span style="color: #0c343d;">IL SETTIMO SIGILLO </span></span><span style="font-size: large;"><span style="color: #0c343d;">(1956) </span></span><span style="color: #0c343d;"><span style="font-size: large;">si svolgono </span></span></b><br />
<b><span style="color: #0c343d;"><span style="font-size: large;">due serate </span></span></b><b><span style="color: #0c343d;"><span style="font-size: large;">ideate e curate </span></span><span style="color: #0c343d;"><span style="font-size: large;">da <a href="http://ilcinemadiozu.blogspot.com/" target="_blank">Davide Bersan</a>. </span></span></b><br />
<b><span style="color: #0c343d; font-size: large;"><span style="caret-color: rgb(12, 52, 61);"><br /></span></span><span style="color: #0c343d; font-size: large;">Le date sono: </span><span style="color: #0c343d; font-size: large;">mercoledì 19 e 26 giugno 2019 </span></b><br />
<b><span style="color: #0c343d; font-size: large;">alle h. 20.30 </span><span style="color: #0c343d; font-size: large;">presso la Biblioteca di </span><span style="color: #0c343d; font-size: large;">via Valvassori Peroni, 56 </span><span style="color: #0c343d; font-size: large;">(MM Lambrate). </span></b></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: center;">
<span style="color: #0c343d; font-size: large;"><b><br /></b></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: center;">
<span style="color: #0b5394; font-size: large;"><b>La prima serata</b> sarà di tipo introduttivo sulla biografia e sui grandi temi portati avanti dall'autore per passare poi al film la cui trama si svolge in un cupo Medio Evo, in una Svezia flagellata dalla peste in cui un cavaliere tornato dalle crociate si gioca la vita che gli rimane in una misteriosa partita a scacchi con la morte... </span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: center;">
<span style="color: #0b5394; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: center;">
<span style="color: #0b5394; font-size: large;">Nel <b>secondo incontro</b> sarà dato maggiore spazio agli interventi dei presenti e alla conversazione guidata. </span><br />
<span style="color: #0b5394; font-size: large;">Questo appuntamento è anche un momento </span><br />
<span style="color: #0b5394; font-size: large;">per condividere i numerosi stimoli culturale </span><br />
<span style="color: #0b5394; font-size: large;">che le opere dei grandi autori </span><br />
<span style="color: #0b5394; font-size: large;">sanno suggerirci. </span></div>
<div style="font-family: Arial; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<br /></div>
<div style="font-family: Arial; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<br /></div>
<div style="font-family: Arial; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin-bottom: 6px; min-height: 16px; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin-bottom: 6px; text-align: justify;">
<i><span style="color: #073763; font-size: large;">Alcune note di DAVIDE BERSAN</span></i><br />
<i><span style="color: #073763; font-size: large;"><br /></span></i></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin-bottom: 6px; text-align: justify;">
<i><span style="color: #073763; font-size: large;">Un cavaliere crociato e il suo scudiero dormono sui sassi di una spiaggia deserta della Svezia. </span></i><i><span style="color: #073763; font-size: large;">Al risveglio il cavaliere si mette a pregare, poi si accorge della presenza di un personaggio misterioso che rivela essere la Morte. Inizia con lui una partita a scacchi che deciderà della sorte del cavaliere: la morte o la vita. </span></i><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<i><span style="color: #073763; font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEixgwDpo5xUr0wAbc7ADjfAsaoXcWikhdUGSx4G8EapaP2JmQLBZ39bicIHzgwqhwlQqcL4B15W_basmzFN6fMfSjos0GlO0pZF6DDgBnyXvpP_z9lYrv6ptRV8AXLVO5Aoe4E0XJsl_Dw/s1600/images.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="200" data-original-width="252" height="317" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEixgwDpo5xUr0wAbc7ADjfAsaoXcWikhdUGSx4G8EapaP2JmQLBZ39bicIHzgwqhwlQqcL4B15W_basmzFN6fMfSjos0GlO0pZF6DDgBnyXvpP_z9lYrv6ptRV8AXLVO5Aoe4E0XJsl_Dw/s400/images.jpeg" width="400" /></a></span></i></div>
<i><span style="color: #073763; font-size: large;">La partita sarà il tema dominante del racconto ma sarà intervallata da numerosi episodi che contestualizzeranno e insieme forniranno elementi al cavaliere per indirizzare la sua ricerca interiore. </span></i><br />
<i><span style="color: #073763; font-size: large;">La vicenda del cavaliere Antonius Block e del suo scudiero Jons si intrecceranno con quella del gruppo di attori girovaghi formato dal capocomitiva Skat e da Jof, la moglie Mia e il figlioletto Michael. In una Svezia martoriata dalla peste nera che incombe, si muovono figure come l’ex seminarista Raval, che ora ruba ai cadaveri, cortei di flagellanti guidati da monaci invasati, una ragazzina accusata di stregoneria e condannata al rogo, una giovane donna rimasta totalmente sola che decide di seguire lo scudiero Jons, la moglie di un fabbro che lo tradisce con l’attore Skat e poi alla fine ritorna col marito. </span></i><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjC5djjk6nMWd2RTlVpvJFiwp8z7PD0V65aGebHI-lA2nCnrJh8lm9z9c_Vji1ja0rIRO4rJIyXU0iZy3_wVNqP-XyuLxQbl54B6WxayTJOtqpeFIt0RclhPcZXMXjpmf6Vhrn9GbIc6Yg/s1600/scacchi.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="194" data-original-width="259" height="239" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjC5djjk6nMWd2RTlVpvJFiwp8z7PD0V65aGebHI-lA2nCnrJh8lm9z9c_Vji1ja0rIRO4rJIyXU0iZy3_wVNqP-XyuLxQbl54B6WxayTJOtqpeFIt0RclhPcZXMXjpmf6Vhrn9GbIc6Yg/s320/scacchi.jpeg" width="320" /></a></div>
<i><span style="color: #073763; font-size: large;">Intanto la partita a scacchi continua e alla fine è la Morte che ha la meglio ma la sua vittoria non è su tutti i fronti: a causa di una lieve distrazione a cui il cavaliere non è estraneo, la famiglia di attori girovaghi le sfugge. L’incontro fatale con la Morte avviene per tutti gli altri al castello del cavaliere dove c’è ancora ad attenderlo la fedele moglie Karen. </span></i><br />
<i><span style="color: #073763; font-size: large;">Jof il giocoliere che ha il dono di vedere l’invisibile, contemplerà poi nel lontano orizzonte la macabra danza della Morte con la falce in mano, che si trascina dietro le sue prede umane costrette a danzare con lei al suo passo, tenendosi per mano.</span></i></div>
<div style="font-family: Arial; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin-bottom: 6px; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="color: #274e13;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin-bottom: 6px; text-align: justify;">
<span style="color: #274e13;"><span style="font-size: large;"><span style="color: #073763;"><i>I<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Il_settimo_sigillo" target="_blank">l settimo sigillo</a></i></span></span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> é il film di Ingmar Bergman del 1956 che lo pone definitivamente ai vertici del cinema internazionale come autore di grande livello e straordinaria bravura. Il trentottenne Bergman riesce a trarre da un suo precedente testo teatrale un’opera che come poche altre riesce a mettere lo spettatore di fronte ai propri interrogativi più atavici e profondi. E lo fa utilizzando un repertorio di linguaggio ricco di simboli soprattutto biblici (lo stesso titolo è tratto dal libro dell’<b>Apocalisse</b></span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> dell’apostolo Giovanni) ma anche tratto da una religiosità e da una mitologia di tipo popolare e naturalistico. Il Medio Evo è il medium</span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> contestuale in cui egli colloca la vicenda narrata, ma trattasi di un Medio Evo ricostruito attraverso i suoi ricordi d’infanzia, quando seguiva il padre pastore luterano nelle sue visite alle antiche chiese del Nord della Svezia per officiarvi</span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> </span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">il culto e il figlio si impressionava davanti ai misteriosi e antichi</span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> </span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">affreschi. Di esso</span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> </span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">richiama esclusivamente alcuni aspetti, quelli cioè a lui congeniali a collocarvi quel confronto serrato</span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> </span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">tra la coscienza umana e la morte che peraltro impegna gli uomini di tutti i tempi. </span></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #274e13;"><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKpZLGQy-6Wu6MXrfJyTBIE_ncFT9kSpQEUbi591vDw6yfvKVAQz4cP64e6QqtK0EBPEPnmIjGt6Gnyl7R6FT7Q_lvyTeAXR7xV_bH_x4QBWb967N5biSnqfuZrfGDz7fV5Qr7GmhJZXM/s1600/scacchiera.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="194" data-original-width="259" height="299" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKpZLGQy-6Wu6MXrfJyTBIE_ncFT9kSpQEUbi591vDw6yfvKVAQz4cP64e6QqtK0EBPEPnmIjGt6Gnyl7R6FT7Q_lvyTeAXR7xV_bH_x4QBWb967N5biSnqfuZrfGDz7fV5Qr7GmhJZXM/s400/scacchiera.png" width="400" /></a></span></span></div>
<span style="color: #274e13;"><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">Anche dei contemporanei di Bergman (siamo negli anni 50, in piena guerra fredda) che avvertivano incombere con angoscia il pericolo dell’ecatombe atomica. E’ un confronto sollecitato nel racconto filmico dal propagarsi minaccioso della peste, a cui si aggiungono</span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> </span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">in un crescendo assillante le domande rivolte al Dio cristiano, al suo tacere di fronte al male del mondo e ai tormenti della coscienza che non trova risposte. Interrogativi sul significato dell’esistenza umana che verosimilmente agitano lo stesso Bergman che riversa in questo film come in tanti altri i temi di fondo del suo percorso biografico. E sotto questa luce si può ancora leggere</span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> </span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">la sua critica pungente</span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> </span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">rivolta alla chiesa come istituzione con la denuncia e messa a nudo dell’ipocrisia, della malafede e delle pratiche superstiziose, spesso sulle spalle della</span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> </span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">gente del popolo che brancola nel buio. In tale contesto non mancano tuttavia quelli che esorcizzano la paura della peste dilettandosi con i piaceri terreni. E neppure gli umili e i puri di cuore come la famiglia di attori girovaghi, figure-chiave del racconto filmico.</span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> </span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">Il cavaliere crociato mostrato nelle prime sequenze, dopo essere ritornato in patria al termine della sua impresa fallimentare, si appresta a sfidare la Morte stessa in una partita a scacchi come l’ha sentito raccontare nelle saghe popolari e</span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> </span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">visto raffigurare nei dipinti. Gli servirà a salvare la pelle se vincerà. Ma se perderà, se la Morte gli darà scacco matto avrà comunque guadagnato del tempo. E questo tempo gli sarà utile per cercare di capire, per impegnarsi con grande apprensione (ormai non c’è molto tempo) a trovare il senso della sua vita, a dare un significato al tempo che gli rimane.</span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> </span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">E’ senz’altro un Bergman che insieme agli interrogativi lascia ancora aperte delle porte al senso della trascendenza, che sembra non</span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> </span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">escluderla come possibilità salvifica per l’uomo. Certo neppure si può dire che l’apertura del settimo e ultimo sigillo del rotolo che nel libro dell’</span><i style="font-family: Arial;">Apocalisse </i><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">(in greco </span><i style="font-family: Arial;">rivelazione</i><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">) è tenuto in mano dall’</span><i style="font-family: Arial;">Agnello </i><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> segnato con le stigmate del sacrificio estremo, dischiuda alla fine del film una verità risolutiva. Rimane tuttavia il mistero, visto e raccontato da Jof, il saltimbanco che ha il dono delle visioni, di quella danza macabra (altro </span><i style="font-family: Arial;">topos</i><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> iconografico) di coloro che tenuti per mano senza alcuna distinzione di classe o rango sociale dalla figura nera</span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> </span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">con il mantello, la falce e la clessidra, si allontanano nell’orizzonte verso un’alba che li rischiara mentre una debole pioggia</span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> </span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">bagna la loro fronte</span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"> </span></span><span style="font-family: "arial"; font-size: large;"><span style="color: #274e13;">lavandola dal sudore e dalla polvere. </span> </span></div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; margin-bottom: 8px; min-height: 16px;">
<br /></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-81740442614967778192019-05-22T09:52:00.002-07:002019-05-22T09:56:22.367-07:00L'ASSOLUZIONE DI GIANCARLO RICCI<div style="text-align: center;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;">Pubblichiamo di seguito il COMUNICATO STAMPA</span><br />
<span style="color: #274e13; font-size: large;"> redatto dal Collegio della Difesa </span><br />
<span style="color: #274e13; font-size: large;">(avv.ti Davide Fortunato e Valeria Gerla) </span><br />
<span style="color: #274e13; font-size: large;">in merito alla Delibera di archiviazione </span><br />
<span style="color: #274e13; font-size: large;">da parte dell'OPL del caso Ricci.</span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> <span style="color: #073763;"> </span></span><span style="color: #073763;">Il 17 gennaio 2019 si è riunita la Camera di Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia per pronunciarsi sul procedimento disciplinare nei confronti del dott. Giancarlo Ricci e relativo ad alcune affermazioni pronunciate nel corso di una trasmissione televisiva del 2016. Solo dopo oltre tre anni di udienze il Consiglio, in ragione di 7 Consiglieri favorevoli e 7 contrari, ha deciso per l’archiviazione del procedimento.</span></span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Un esito che è frutto anche dell’intenso lavoro del collegio difensivo e che, per amore di verità, merita alcune considerazioni. Per oltre tre anni, dinanzi alla comunità scientifica, ai colleghi, al mondo istituzionale, il dott. Ricci è stato considerato come l’”incolpato”, termine usato nella Delibera iniziale. Tale clima di intimidazione e di sospetto ha costretto il dott. Ricci a rimandare - e spesso annullare - varie attività pubbliche.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Riteniamo utile ripercorrere velocemente, qui di seguito, alcuni momenti significativi di questo lungo processo.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Oltre al contenuto delle dichiarazioni rese nell’ambito della trasmissione televisiva nel gennaio 2016, il Consiglio, in ragione delle difese svolte, ha potuto esaminare vari documenti, dépliant, scambi di mail, estratti di verbali di altri procedimenti, post di Facebook e altri estratti pubblicati in rete. Sono stati prodotti documenti che, a parere del Collegio difensivo, avrebbero dovuto condurre alla ricusazione di due Consiglieri. Per due volte, il Consiglio ha ritenuto che la documentata “profonda inimicizia” di due consiglieri nei confronti del dott. Ricci non giustificasse la richiesta di ricusazione. Le argomentazioni fornite in punto dal Consiglio appaiono deboli ed ellittiche di riferimenti alla ampia documentazione prodotta. Nel corso del procedimento si è dovuto, tra l’altro, prendere atto della volontà di un testimone di non rispondere ad alcune domande della Difesa.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Leggendo la Delibera di archiviazione rileviamo, nella descrizione delle motivazioni, alcuni punti che meritano alcune precisazioni.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Nella descrizione dello svolgimento del procedimento, in primo luogo, non si fa menzione del fatto che il dott. Ricci ha puntualmente ed esaurientemente replicato alle tre accuse principali, ovvero, nella estrapolazione delle affermazioni rese nel brevi interventi nel corso della trasmissione, ha fornito un chiarimento sul dott. Nicolosi, (“quello è stato detto su Nicolosi è del tutto arbitrario”), ha precisato una opinione scientificamente documentabile (“la funzione di padre e madre è essenziale e costitutiva del percorso di crescita”) ed ha offerto un commento personale con riguardo ad un tema di attualità (“nell’ideologia gender (…) l’omosessualità viene equiparata a una sessualità naturale, all’eterosessualità”). Sul primo aspetto è stata documentata, mediante comunicazione proveniente dal competente organo istituzionale statunitense, la bontà di quanto precisato dal dott. Ricci sul prof. Nicolosi: di tale importante elemento, non vi è traccia nel provvedimento.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Nel provvedimento, in contraddizione con l’iniziale impianto accusatorio, si legge: “<i>oggetto del procedimento disciplinare a carico del dott. Ricci non sono eventuali sue posizioni riguardo a temi importanti, bensì il modo in cui egli ha ritenuto, in quanto psicologo, di poter trattare ed esporre tali temi all’utenza</i>”. Ed ancora: “<i>pertanto al dott. Ricci non è mai stato contestato cosa ha trattato, bensì come lo ha trattato; a prescindere dall’argomento, ciò che rileva e rileverà in sede disciplinare sarà come l’iscritto, in quanto psicologo, abbia restituito all’utenza tale argomento in termini di rigore scientifico, correttezza e puntualità</i>”. Dunque da una parte si afferma che “<i>non viene contestato ciò che Ricci afferma</i>”, dall’altra che è “<i>rilevante in sede disciplinare come Ricci ha restituito all’utenza tale argomento in termini di rigore scientifico, correttezza e puntualità</i>”. La contraddizione pare, non solo al Collegio difensivo, evidente.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>A fronte delle varie e numerose contestazioni mosse con l’avvio del Procedimento, risulta inspiegabile l’affermazione secondo cui “<i>al dott. Ricci non è mai stato contestato cosa ha trattato, bensì come lo ha trattato”. </i>Ciò nondimeno senza considerare che “ciò che Ricci ha trattato” è frutto di una estrapolazione di circa 3 frammentati ed interrotti minuti in cui l’incolpato è intervenuto su circa 45 minuti complessivi di trasmissione.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>I tre minuti presi in esame sono stati, inoltre, nel corso della trasmissione oggetto di continue interruzioni, battute, commenti, sovrapposizioni di altre voci in un clima che rendeva impossibile un’efficace o puntuale replica rispetto agli argomenti posti.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Nel provvedimento di archiviazione si legge: “<i>Pur permanendo irrinunciabili perplessità in ordine a orientamenti dottrinari e scenari metodologici a cui le affermazioni del dott. Ricci potrebbero voler fare riferimento e nell’impossibilità in sede disciplinare, di poter affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che tale diretto collegamento vi sia, ritiene questo Consiglio […] che non sono emersi elementi sufficienti per ritenere il dott. Ricci responsabile per gli illeciti contestati” e quindi “ha deciso di archiviare il procedimento disciplinare</i>”.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Da un lato, dunque, il Consiglio chiarisce come non fosse oggetto di procedimento il “cosa”, ma solamente il “come”; dall’altro si legge che il Consiglio nutre “<i>perplessità in ordine a orientamenti dottrinali</i>” dell’incolpato.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Assolto, dunque, per insufficienza di prove?</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Parrebbe così. Probabilmente le “irrinunciabili perplessità” dei sette Consiglieri che hanno votato contro l’archiviazione non sono state in grado di affermarsi, non hanno trovato sufficienti appigli per tradursi in una sanzione. Significativo che, nelle ultime righe si legga “il Consiglio ritiene di non poter sanzionare”. La scelta del predicato è, forse, rivelatrice: “poter” invece che il più appropriato “dover” sanzionare.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Rimane la perplessità in ordine al tempo occorso per stabilire che non si può sanzionare il Dott. Ricci per aver espresso un’opinione scientificamente documentata in alcuni frammenti di una trasmissione televisiva.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Così, pertanto, si è concluso il terzo esposto (analogamente a quanto già accaduto nel 2009 e nel 2011). Nel frattempo, nel 2017, 2018 e 2019, il Dott. Ricci ha ricevuto ulteriori tre esposti: una attenzione eccezionale, un vaglio costante del pensiero e dell’attività di un professionista che si limita a dar voce ad un filone non irrilevante del pensiero scientifico in ambito psicologico.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Non può nascondersi che per il Dott. Ricci, così come per qualsiasi altro iscritto all’Ordine, ricevere continui esposti e doverne rispondere ha il sapore di intimidazione.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;">L’utilizzo di questi procedimenti deontologici sembra, infatti, tradire le ragioni su cui si fondano gli Ordini professionali: più che garantire e tutelare la libertà di espressione, di ricerca e di civile confronto tra i suoi membri, parrebbe si preferisca procedere a un controllo sulle opinioni ed ad una verifica di conformità del pensiero del professionista al <i>mainstream</i>.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify; text-indent: 35.4px;">
<span style="color: #073763; font-size: large;">Ricevere ripetutamente degli esposti, alcuni dei quali di scarso contenuto fattuale e giuridico e relativi a fatti risalenti nel tempo, costringe il professionista a spendere tempo ed energie per predisporre una difesa su accuse perlopiù inconsistenti; ad investire legali della tutela dei propri diritti di cittadino e di studioso; a valutare la necessità di sporgere querele per la diffamazione aggravata e la calunnia cui è di continuo sottoposto.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify; text-indent: 35.4px;">
<span style="color: #073763; font-size: large;">Non si può dimenticare che, qualora il procedimento in questione si fosse concluso con una sanzione disciplinare (l’unica in decenni onorata carriera), un grave danno sarebbe stato arrecato non solo al dott. Ricci, ma anche a tutti i pazienti che a quest’ultimo si affidano.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify; text-indent: 35.4px;">
<span style="color: #073763; font-size: large;">La durata del procedimento, oltre tre anni come detto, sembra, infatti, ledere anche i pazienti reali (tutt’altro che ipotetici), che in questo lungo periodo di tempo hanno temuto di vedere il loro psicanalista sospeso: essi sono stati forse dimenticati, in nome di una “tutela” per le ignote “vittime potenziali” di alcune frasi estrapolate da 200 frammentati secondi di una trasmissione televisiva.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify; text-indent: 35.4px;">
<span style="color: #073763; font-size: large;">Si giunge, dunque, al paradosso: nel tentativo di tutelare le fantomatiche vittime di frasi teoricamente discriminatorie, si trascurano gli interessi di un professionista, dei suoi pazienti e, nondimeno, la tutela del libero pensiero.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>L’auspicio, a conclusione di questa vicenda, è che la comunità scientifica riscopra il gusto ed il valore del confronto civile e non ceda alla logica dell’aggressione personale per delegittimare l’opinione altrui.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; min-height: 18px; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Anche per affrontare queste tematiche, abbiamo voluto organizzare alcuni incontri che raccontino questa vicenda e cerchino di fornire un giudizio interpretativo di quanto accade nel nostro Paese: il primo incontro sarà mercoledì 29 maggio 2019 alle ore 21.00 presso l’Angelicum (in Milano, ingresso Via Renzo Bertoni 7 – Sala San Bernardino).</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; min-height: 18px; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;">Milano, 21 maggio 2019</span></div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;">Il Collegio di Difesa (Avv. Davide Fortunato e Avv. Valeria Gerla) </span></div>
<div>
<br /></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-51862000353963755502019-03-04T02:07:00.001-08:002019-03-04T03:02:57.774-08:00IL TEMPO DELLA LIBERTA' COATTA. Intervista a G. Ricci<div style="font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: center;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><b><span style="font-family: "arial";"><span style="color: #45818e; font-size: x-large;">"Vivere come automi al tempo della libertà coatta”: </span></span></b></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><b><span style="font-family: "arial";"><span style="color: #45818e; font-size: x-large;">è il titolo dell'intervista che Caterina Giojelli </span></span></b></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><b><span style="font-family: "arial";"><span style="color: #45818e; font-size: x-large;">ha fatto a Giancarlo Ricci </span></span></b></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><b><span style="font-family: "arial";"><span style="color: #45818e; font-size: x-large;">intorno al suo libro, <i>Il tempo della postlibertà</i></span></span></b></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><b><span style="font-family: "arial";"><span style="color: #45818e; font-size: x-large;"><i><br /></i></span></span></b></span></div>
</div>
<div style="font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: center;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><b><span style="font-family: "arial";"><span style="color: #45818e; font-size: x-large;">L'intervista è uscita su TEMPI. IT </span></span></b></span><b><span style="color: #45818e; font-family: "arial";"><span style="font-size: large;">il 28.2.19 </span></span></b><br />
<b><span style="color: #45818e; font-family: "arial";"><span style="font-size: medium;"><span style="font-size: large;">Vai a </span><a href="https://www.tempi.it/vivere-come-automi-al-tempo-della-liberta-coatta/">https://www.tempi.it/vivere-come-automi-al-tempo-della-liberta-coatta/</a></span></span></b></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><b><span style="color: #45818e; font-family: "arial";"><br /></span></b></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #45818e;"><br /></span></div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #45818e; font-kerning: none; font-size: large;"><i>«Le nuove libertà, proprio come al mercato, </i></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #45818e; font-kerning: none; font-size: large;"><i>prima o poi si pagano». </i></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<br /></div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;">«La libertà di pensiero ce l’abbiamo. Adesso ci vorrebbe il pensiero». È un aforisma di Karl Kraus, scrittore e noto polemista viennese, e per Giancarlo Ricci è il più efficace emblema della condizione della libertà al tempo dei “mezzi senza fine”: che ne è della libertà di parola e di pensiero, si è chiesto lo psicanalista quando, anno 2016, si è trovato al centro di una vicenda che ha davvero svelato tutte le idiosincrasie e le ossessioni della società dei nuovi diritti e delle infinite possibilità? </span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4ypl6rtvLjJM-f8GhaLAb6U7fIHbb8rbMHjaSJ8M7-sUrx7KWnNjqE7SBpa-1UUo-CFhwj4FMhaJY3pfF-UTjBlT8Jr-KYFGIYTF8bH9ipjxI0tNEn_e_dk8B5-L-0NkDfWEr6Z7WX_k/s1600/Schermata+2019-02-28+alle+15.44.18.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="315" data-original-width="361" height="279" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4ypl6rtvLjJM-f8GhaLAb6U7fIHbb8rbMHjaSJ8M7-sUrx7KWnNjqE7SBpa-1UUo-CFhwj4FMhaJY3pfF-UTjBlT8Jr-KYFGIYTF8bH9ipjxI0tNEn_e_dk8B5-L-0NkDfWEr6Z7WX_k/s320/Schermata+2019-02-28+alle+15.44.18.png" width="320" /></a></span></div>
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;">Da questo interrogativo ha preso le mosse un libro strepitoso, <i>Il tempo della postlibertà. Destino e responsabilità in psicoanalisi</i> (192 pagine, Sugarco edizioni), navicella capace di inoltrarsi in mare aperto, spinta dal vento costante dell’indignazione. Ricci, spiega a tempi.it, è ancora in attesa di sapere l’esito del procedimento disciplinare emesso dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia nei suoi confronti tre anni fa quando, ospite della trasmissione televisiva “Dalla vostra parte”, avrebbe fatto affermazioni che secondo i colleghi «possono realizzare discriminazioni a danno di alcuni soggetti», manifestando «un comportamento contrario al decoro, alla dignità e al corretto esercizio della professione». </span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;"><i>Tempi</i> vi aveva già raccontato <span style="color: #e64a46; font-kerning: none;"><b><a href="https://www.tempi.it/il-caso-ricci-e-il-pensiero-unico-arcobaleno/" target="_blank">come erano andate le cose</a></b></span> nei cinque minuti in tutto in cui ha potuto parlare, Ricci ha affermato che «la funzione di padre e madre è essenziale e costitutiva alla funzione di crescita del figlio». Apriti cielo. Un</span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5XP62ajqy1uJCKFYNXwNrWWk3xv8qlYiVEctNW7BgTz6yfjPG8zVU0pgK_HwZWvKUQDrRcaxnyFOvGyPnsjkHfs1J8N75iPdh5kE1anQfps8FLXt01zE2J7Zoc58-YxTtPdoLt0gs444/s1600/images+copia.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="208" data-original-width="243" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5XP62ajqy1uJCKFYNXwNrWWk3xv8qlYiVEctNW7BgTz6yfjPG8zVU0pgK_HwZWvKUQDrRcaxnyFOvGyPnsjkHfs1J8N75iPdh5kE1anQfps8FLXt01zE2J7Zoc58-YxTtPdoLt0gs444/s1600/images+copia.jpeg" /></a></span></div>
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;"> professionista stimato e conosciuto a Milano, dove esercita da oltre quarant’anni, membro analista dell’Associazione lacaniana italiana di psicoanalisi, esperto di Freud, giudice onorario presso il Tribunale dei minori di Milano, autore di diversi volumi di psicologia e decine di studi specialistici, ha parlato della necessità di mamma e papà, senza usare l’onnicomprensivo e neutrale “genitore”: «In materia di parole l’ideologia va per le spicce. Secondo l’accusa quanto ho detto risulta discriminatorio non solo nei confronti delle coppie omosessuali o delle famiglie arcobaleno ma anche nei confronti di quelle famiglie che si ritrovano senza un padre o senza una madre, sebbene né i primi né i secondi fossero oggetto della mia affermazione. La malafede è evidente, la logica di questo paralogismo è tale che se qualcuno affermasse che “l’uomo per vivere deve mangiare” potrebbe essere accusato di discriminare coloro che non hanno nulla da mangiare – racconta Ricci. L’Ordine degli Psicologi non è un ordine di pensiero: da quando il suo compito è verificare la capacità espressiva e la pertinenza teorica e scientifica dei suoi associati, nonché di esprimere un giudizio in merito? Non solo sono stato trattato come se fossi stato un venditore di pentole capitato per caso in una trasmissione televisiva, ma in questi tre anni mi sono arrivati all’Ordine altri due esposti (con questi sono cinque dal 2009), sottoscritti da simpatizzanti Lgbt ossessionati dalla minuziosa verifica se il sottoscritto pratichi o meno la cosiddetta terapia riparativa (Ricci non la pratica in quanto i riferimenti teorici e clinici sono differenti, ndr). L’ultima udienza sul mio “caso” si è tenuta il 17 gennaio, al termine della quale si sono ritirati per deliberare. <a href="https://www.iostocongiancarloricci.it/" target="_blank">Lei li ha più visti?</a>».</span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcq2eBTauz0D2Yzxw-lufB8PvMje4VqPBgpZsIf-Dcisx8yvrD4zud3ZeZLbqaD9kvGHA6OGcBi6aUJVSLbk61wUoaoZRNsTZu11PSdqOiW1AZiSNvfD-toZ0tSzRM-CUkFsPqOKPSQPI/s1600/Ricci.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="615" data-original-width="348" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcq2eBTauz0D2Yzxw-lufB8PvMje4VqPBgpZsIf-Dcisx8yvrD4zud3ZeZLbqaD9kvGHA6OGcBi6aUJVSLbk61wUoaoZRNsTZu11PSdqOiW1AZiSNvfD-toZ0tSzRM-CUkFsPqOKPSQPI/s200/Ricci.png" width="113" /></a></div>
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;">Erano i mesi precedenti l’approvazione della legge Cirinnà sulle unioni civili: nel suo libro spiega bene lo stato dell’arte della libertà in questo contesto storico, il suo funzionamento nei media, negli ambiti in cui agisce il pensiero unico, che parla una neolingua e agisce in base a nuove norme e princìpi. </span><br />
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;"><br /></span>
<span style="color: #0b5394; font-kerning: none; font-size: large;">Lei dice che siamo entrati nell’era della postlibertà. Dove si muore di troppa libertà. Cosa è cambiato?</span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;"><b>L’uomo del Novecento si accorgeva di perdere la libertà e combatteva una guerra totale contro questa perdita. Oggi invece il regime neoliberista assicura che siamo talmente liberi da poter fare a meno della libertà, promette strani surrogati sempre nuovi. Questa offerta di nuove libertà all inclusive, infatti, conforta il cittadino che crede di essere libero, crede che la libertà sia disponibile come una merce, crede di poter fare a meno di ogni responsabilità. E così facendo, anche il proprio destino viene delegato al nuovo concetto di governance, entità impersonale e irraggiungibile. Così è sempre più difficile sottrarsi a questo carnevale permanente di libertà pluralizzate, assegnate quasi a titolo d’obbligo: una libertà coatta, progettata come diritto al godimento di un desiderio individuale che nello storytelling neoliberista prometterebbe cinicamente la felicità. Questo ha delle conseguenze anche a livello psichico: pensare alla libertà nei termini di un diritto da esigere rischia di ridurre gli altri, la collettività, il bene comune, ad elementi che ostacolano l’individualismo e minacciano la propria felicità narcisistica.</b></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #0b5394; font-kerning: none; font-size: large;">Perché parla di carnevale delle libertà? </span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;"><b>Perché se svanisce l’istanza di responsabilità e di destino come contenuti imprescindibili della libertà, tutto diventa una finzione: pubblico e privato si rovesciano e si confondono, reale e virtuale si compattano. In questo </b></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;"><b><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSOw8EIUy8LarxAFVXR2t4IAFzNpb6B_rvlprvfS9V-JGBeTQz0AirZ3xlnFB1rOA9SMKIbJaSB0wAp1YPwq1mu2Ftz29fhAqvKEK2ZeEBd5sMHPLNUIAg9cgVJ07QCotZkFqsAvQASz8/s1600/images.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="196" data-original-width="257" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSOw8EIUy8LarxAFVXR2t4IAFzNpb6B_rvlprvfS9V-JGBeTQz0AirZ3xlnFB1rOA9SMKIbJaSB0wAp1YPwq1mu2Ftz29fhAqvKEK2ZeEBd5sMHPLNUIAg9cgVJ07QCotZkFqsAvQASz8/s1600/images.jpeg" /></a></b></span></div>
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;"><b> senso l’omosessualismo, i temi della “rivoluzione gender”, del diritto al riconoscimento del matrimonio omosessuale, della richiesta dell’adozione e della possibilità di poter avere un figlio tramite l’utero in affitto, rappresentano oggi gli emblemi di nuove libertà. Si basano tuttavia su presupposti e logiche un po’ perverse: la logica delle cose e della “natura” vengono rovesciate sul presupposto che un desiderio individualistico debba essere riconosciuto da un dispositivo giuridico che lo renda possibile. Lungo questa via la vita psichica di un soggetto si espande su un piano sociale che gli consente di immaginare di essere libero, di scegliere i propri diritti, di utilizzare quelle “nuove libertà” immesse sul mercato dalle biotecnologie che promettono di superare i limiti della natura. Ma le nuove libertà, proprio come al mercato, prima o poi si pagano. Ed è il destino di una civiltà a pagarle, in nome di una sorta di anonimato della responsabilità. Che prezzo ha la libertà che ci viene offerta abbondantemente? Ma soprattutto, quale libertà riceviamo? </b></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #0b5394; font-kerning: none; font-size: large;">Lei scrive infatti che c’è poco pensiero in questa libertà che assomiglia a una botte in cui rifugiarsi e in cui vivere. Parla di libertà come comfort e allo stesso tempo come imperativo: ciascuno si prenda la propria. È una libertà condizionata?</span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipHYPLqrBFqxgblgK2WhoDzl1Co1V5OjIWrkTMev3S0Zh2xPxIF6qehwXkI0_AVU4CV_CnUFvh5RHJiQV7xZ-IDfIR-8f4hB650DfZHOHL_isGYXP9DRTBGv9xFwaSbnCfO2UhL6XkIM4/s1600/Unknown-1.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="187" data-original-width="269" height="277" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEipHYPLqrBFqxgblgK2WhoDzl1Co1V5OjIWrkTMev3S0Zh2xPxIF6qehwXkI0_AVU4CV_CnUFvh5RHJiQV7xZ-IDfIR-8f4hB650DfZHOHL_isGYXP9DRTBGv9xFwaSbnCfO2UhL6XkIM4/s400/Unknown-1.jpeg" width="400" /></a></div>
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;">Sì, ma le anime belle fanno finta di non accorgersene. I nostri tempi non procedono più nel concedere o togliere la libertà, ma, in modo sempre più sofisticato, nel concederla ancor prima che venga domandata. Spossessandola pertanto di qualsiasi desiderio. Il modo migliore per neutralizzare ogni libertà è infatti quello di farla implodere al suo interno: permettere tutte le libertà per livellare ogni possibile libertà, neutralizzarla. Annichilirla. Sequestrare il soggetto pretendendo di sapere quale libertà richiede. È un principio decisamente maternalistico. Sarà il principio dell’egualitarismo, di un nuovo egualitarismo, a distribuire le stesse libertà a ciascuno. Tutti saranno uguali perché tutti godono delle stesse “nuove” libertà. </span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #0b5394; font-kerning: none; font-size: large;"><b>Facciamo degli esempi...</b></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;">Le differenze di pensiero dovrebbero produrre altro pensiero, invece, secondo il pensiero unico, questo è pericoloso: meglio gli stereotipi, il conformismo. Per il politicamente</span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg8q3XfGSGhLYpak5bIbOfWAsXMZQckc9XmRWZUxaXI5gQfvvxW45Lqf6LTKV4EpUc6BumEq-tXGtEGiL8-H4JypMBV3ce9EPDKDHJHGf6qe4tD9Y15yrBdQRo9i2ctk-4IbrNYh7UFkH8/s1600/download.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="217" data-original-width="301" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg8q3XfGSGhLYpak5bIbOfWAsXMZQckc9XmRWZUxaXI5gQfvvxW45Lqf6LTKV4EpUc6BumEq-tXGtEGiL8-H4JypMBV3ce9EPDKDHJHGf6qe4tD9Y15yrBdQRo9i2ctk-4IbrNYh7UFkH8/s1600/download.jpg" /></a></span></div>
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;"> corretto ogni opinione dovrebbe essere esente, nella forma linguistica e nella sostanza, da pregiudizi razziali, etnici, religiosi, di genere, di età, di orientamento sessuale, di disabilità fisiche o psichiche… la lista potrebbe continuare all’infinito. Paradosso vuole che questa logica enfatizzi il pregiudizio per relativizzare, ostacolare e inibire, il giudizio stesso. È come se fosse neutralizzata la responsabilità, come se la burocrazia entrasse nel linguaggio. E qui torniamo al carnevale: riprendendo un recente libro di <a href="https://giustiziapsichica.blogspot.com/2019/02/gender-e-transumanesimo-unumanita-neutra.html" target="_blank">Eugenio Capozzi, <i>Politicamente corretto</i></a>, possiamo dire che l’omologazione è come un bulldozer che maciulla tutto ciò che incontra sul suo cammino: lingue, culture, consuetudini millenarie. Il nostro modo di pensare deve adeguarsi al principio della “pari opportunità”, come se i pro e i contro individuati dalla nostra ragione potessero magicamente equipararsi. Pertanto ogni verità, seppur soggettiva, verrebbe annullata da una contro-verità. Ma se una verità è uguale a un’altra, tutto si azzera, non possiamo più giudicare. Ecco il carnevale delle libertà: rinunciate al giudizio o all’istanza di verità, tanto è inutile, vincerà la finzione e il gioco trasgressivo di una virtualità che pretende di diventare legittima. Penso che gli effetti sociali saranno pesanti.</span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #0b5394; font-kerning: none; font-size: large;"><b>Contro questa strana ingegneria sociale lei scrive che sarebbe importante ripristinare un concetto di discriminazione che sia degno di questa parola.</b></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNuxRA8c5OtkS1DwTH879d2RV8UBHUNjO8LTfa0w60eLnDXQIR58X60mtJkMOM6z_ldTzkwIq4Ee296D9XrghOEKHGJFVOoEeCwOVExTliHjoNv9SHbtHBCTRPjwk4wJBiG_FXkQTgf44/s1600/images-1.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="200" data-original-width="140" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNuxRA8c5OtkS1DwTH879d2RV8UBHUNjO8LTfa0w60eLnDXQIR58X60mtJkMOM6z_ldTzkwIq4Ee296D9XrghOEKHGJFVOoEeCwOVExTliHjoNv9SHbtHBCTRPjwk4wJBiG_FXkQTgf44/s320/images-1.jpeg" width="224" /></a></div>
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;">Oggi per meglio gestire le libertà altrui si è aperta la caccia alle discriminazioni. L’ipermodernità vuole paludarsi di egualitarismo. Nel libro sostengo che discriminare significa innanzi tutto discernere, termine che si situa agli antipodi del pregiudizio e che riguarda semmai il giudizio, sia esso intellettuale, etico o morale, che è altra cosa dalla condanna o dalla sentenza. Di sicuro se rinunciamo al giudizio la ragione collassa. Se per esempio un soggetto non riesce a sbrogliare la matassa della propria vita psichica, matassa fatta di eventi, emozioni, pensieri, fantasie, essa si ingarbuglierà sempre più. La psicoanalisi suggerisce che in gran parte possiamo ritessere il destino della nostra vita e assumerci le proprie responsabilità, altrimenti il rischio è di credere a un destino già scritto. Tale fatalismo, questa volta davvero, funzionerebbe come una discriminazione assoluta.</span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #0b5394; font-kerning: none; font-size: large;"><b>Ma avremo pure la libertà di pensarla in modo diverso e di prendere le distanze da questo modo di progettare la nostra libertà?</b></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;">Le pattumiere del consumismo sono colme di libertà usa e getta, ma l’inconscio, in definitiva la nostra memoria, non</span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhBkryP1g04ahU1Uohs0Q5ayzftBD9hf9QCNLV9RPGu4PCpogiOu5ssp99MJwLI2jD4OGW-9rIIpsb4Wnedr_fO5HqzjuNnawp0DH13NZXqLN8mpwZyG2xJKfQgBVIuUDSnGV-3l_a-Pzs/s1600/Unknown.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="171" data-original-width="295" height="231" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhBkryP1g04ahU1Uohs0Q5ayzftBD9hf9QCNLV9RPGu4PCpogiOu5ssp99MJwLI2jD4OGW-9rIIpsb4Wnedr_fO5HqzjuNnawp0DH13NZXqLN8mpwZyG2xJKfQgBVIuUDSnGV-3l_a-Pzs/s400/Unknown.jpeg" width="400" /></a></span></div>
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;"> perdona, restituisce quello che abbiamo buttato o lasciato in sospeso. In alcune pagine del libro evidenzio la doppia etimologia del termine libertà. Semplificando: da una parte la radice latina <i>liber</i>, dall’altra il germanico <i>frei</i>, da cui free in inglese. Le differenze sono significative: <i>liber</i> evoca la filiazione, la collettività, il bene comune; <i>frei</i> si muove invece nella direzione di un soggettivismo che promuoverà, nella modernità, il concetto di autodeterminazione. Che cos’è l’autodeterminazione? Il mito dell’uomo che si fa da sé, che si ritiene esente da ogni debito simbolico e quindi da ogni responsabilità verso gli altri. È un abbaglio. Nell’ipermodernità l’autodeterminazione indica il trionfo dell’uomo che si crede libero, portatore di una libertà ritenuta “eroica” nella supposizione di averla fondata da sé. Che vorrebbe, in definitiva sconfiggere le leggi della natura utilizzando a modo suo gli “effetti speciali” della tecnologia.</span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;"><span style="font-kerning: none;"></span><br /></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #0b5394; font-kerning: none; font-size: large;"><b>Qual è la posta in gioco di questo lavoro?</b></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763;"><br /></span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-size: large;">
</span></div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #073763; font-kerning: none; font-size: large;">Far sì che la libertà sia “bene detta”, elaborata e formulata cioè attraverso quelle parole autentiche con cui il paziente progetta il proprio bene. Il destino di ciascuno non è già scritto ma può essere ritessuto da quello che chiamo un “lavoro di libertà”: libertà pensata e progettata in base a nuovi orizzonti. Ogni storia è il risultato denso e complesso di infinite storie. Il lavoro psicoanalitico punta a ritrovare il desiderio di progettare una libertà altra che ha il sapore di una conquista perenne. Invece, in questo tempo di libertà “male dette”, di rimasugli di ideologie che presumono di gestire un’ortopedia del pensiero mediante il politicamente corretto, viene da parafrasare l’aforisma di Kraus: «La libertà di pensiero c’è l’abbiamo, ora ci vorrebbe urgentemente un pensiero sulla libertà».</span></div>
</div>
<div>
<span style="font-kerning: none;"><br /></span></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-11382428562777820362019-02-26T06:20:00.001-08:002019-02-26T06:54:22.469-08:00LUCEAFARUL di Tiberio Crivellaro<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: center;">
<span style="color: #274e13; font-size: x-large;">Poesia e psicoanalisi, binomio essenziale e fecondo, </span><br />
<span style="color: #274e13; font-size: x-large;">fuoco incandescente in cui si tempra la parola e la soggettività. </span><br />
<span style="color: #274e13; font-size: x-large;"><span style="font-size: medium;">.</span><span style="font-size: medium;"> </span></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: center;">
<span style="color: #274e13; font-size: x-large;">Tiberio Crivellaro ha attraversato questo fuoco e la sua poesia, scritta sulla carne, ne testimonia l’avventura.</span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: center;">
<span style="color: #274e13; font-size: x-large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: center;">
<span style="color: #274e13; font-size: x-large;">Pubblichiamo l’Introduzione di Giancarlo Ricci </span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: center;">
<span style="color: #274e13; font-size: x-large;">al libro di poesie <i><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Lucifero_(poesia)" target="_blank">Luceafarul</a></i> di <a href="https://www.unilibro.it/libri/f/autore/crivellaro_tiberio" target="_blank">Tiberio Crivellaro</a> </span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: center;">
<span style="color: #274e13; font-size: x-large;">(New Press Edizioni, nella collana "Il Cappelaio Matto" </span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: center;">
<span style="color: #274e13; font-size: x-large;">curata di Vincenzo Guarracino). </span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: center;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><a href="https://www.amazon.it/Luceafarul-Tiberio-Crivellaro/dp/8893560550/ref=sr_1_10?s=books&ie=UTF8&qid=1551190557&sr=1-10&keywords=luceafarul" target="_blank">Vai su Amazon</a> </span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<br />
<br /></div>
<div style="font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #134f5c; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;"><b>Introduzione</b></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<br /></div>
<div style="font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><span style="color: #134f5c;"><span style="font-family: "arial";"><span style="white-space: pre;"> </span></span></span></span><br />
<span style="font-size: large;"><span style="color: #134f5c;"><span style="font-family: "arial";"><span style="white-space: pre;"> </span></span><span style="font-family: "arial";">Un viaggio, come ogni vero viaggio, si imbatte nello spaesamento e nella deriva. Infaticabili</span><span style="font-family: "arial";"> </span><span style="font-family: "arial";">“itinerari impossibili” si alternano e si rincorrono.</span><span style="font-family: "arial";"> </span></span><span style="color: #134f5c; font-family: "arial"; white-space: pre;"> </span></span><span style="color: #134f5c; font-family: "arial"; font-size: large; white-space: pre;">Nella poesia di Tiberio Crivellaro i </span><span style="color: #134f5c; font-family: "arial"; font-size: large;">paesi e le città, la Romania e Bucarest in particolare, </span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #134f5c; font-family: "arial"; font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1KTeOhEgOasHZwCCsUmhuqRSPkC3JXHMuFCyUROt7AbmM0DmKrwHIsUycJ2TodBwIupgumLzfJb0AhuFBx5bKc0Bzb9OsAtY3RcYny_MuXSzbK9vjCXfG1-LXA-0yFOzzHmn1Oh_A3MI/s1600/Tiberio.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="732" data-original-width="481" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1KTeOhEgOasHZwCCsUmhuqRSPkC3JXHMuFCyUROt7AbmM0DmKrwHIsUycJ2TodBwIupgumLzfJb0AhuFBx5bKc0Bzb9OsAtY3RcYny_MuXSzbK9vjCXfG1-LXA-0yFOzzHmn1Oh_A3MI/s320/Tiberio.jpeg" width="210" /></a></span></div>
<span style="color: #134f5c; font-family: "arial"; font-size: large;">diventano lo sfondo per altre avventure e per altri viaggi imprevisti e imprevedibili. </span><span style="color: #134f5c; font-family: "arial"; font-size: large;">I vicoli, la polvere, le luci, i respiri. E anche le donne; una in particolare, silenziosa, che accompagna con la sua discreta presenza la trama sottile ed evanescente degli accadimenti. Ma la passione di fondo rimane quella per la poesia, per il corpo poetico, per la materia delle parole e per l’opacità delle immagini soprattutto quando svaniscono nell’ombra o nell’oblio. Eppure sono immagini che continuano ad apparire luminescenti e a trasmettere impercettibili sensazioni. </span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>La poesia è forse, anche, arte del tratteggio, scienza dell’accenno fugace ed epifanico, racconto di quanto a stento riusciamo ancora a sopportare. Viaggio nella nostra anima, viaggio nella nostra cittadella diroccata. Ma poi c’è anche la città vera, Bucarest, occasione di incontri imprevisti, talmente imprevisti da diventare vertigine, come tratteggiano questi versi sfolgoranti: </span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="color: #134f5c;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"> </span><span style="color: #274e13; font-size: large;"><i>Bucarest, metropoli pusterla,</i></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><i> cortili cani locuste passi moribondi</i></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><i> un vecchio balocco cavallino ciorba,</i></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><i> occhi penombri grevi:</i></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><i> una vertigine.</i></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><i> Vecchie vendono rape e povere cose.</i></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><i> Una guerra unta annienta la città.</i></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><i> Tregua è moscaceca, moscaromena</i></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><i> sottomessa nei postriboli da Mac Donald’s.</i></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><i> Lotta nell’aria, quella dei bimbi</i></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><i> senza stagione, sporchi piccoli Rom.</i></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Questo viaggio, quest’<i>altra viandanza</i>, è composta da “tre sequenze di passione” e tesse una triplice partitura: <i>Origine di Bucarest</i>, <i>Origine di Theorein</i>, <i>Origine di Fermenti.</i> </span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgn2BX4iUhPkJUS2ytz6W_ngUuuvnwL5I-0h15cdDANhlpBzQhmCNYGMNe7iBqkR6nOk-764j_rjlw-GK74cxKc7x3WiavYUHZ502s6NB2OnNYave3i19XXO3hGGe09l7zQlpoyBU5zeRA/s1600/tiberio_crivellaro.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="200" data-original-width="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgn2BX4iUhPkJUS2ytz6W_ngUuuvnwL5I-0h15cdDANhlpBzQhmCNYGMNe7iBqkR6nOk-764j_rjlw-GK74cxKc7x3WiavYUHZ502s6NB2OnNYave3i19XXO3hGGe09l7zQlpoyBU5zeRA/s1600/tiberio_crivellaro.jpg" /></a></span></div>
</div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span style="color: black;"><span class="Apple-tab-span" style="color: #134f5c; white-space: pre;"> </span><span style="color: #274e13;"><span class="Apple-tab-span" style="color: black; white-space: pre;"> </span><span style="color: #0c343d;">Tre tempi, tre logiche, tre scene con “andate e ritorni” come dichiara Tiberio con parole semplici ed efficaci:</span><span style="color: #0c343d;"> </span></span></span><span style="color: #134f5c;">“Si tratta di un viaggio (con andate e ritorni - tra il 2000 e 2002) nella vicina Romania. L'incontro con una donna evidenzia ignoto e stranianza di innamoramento, alcol, delirio si scrivono nella vicenda tra temerarietà e spaesamento. Non c'è familiare nel luogo o nella donna. Qualcosa di onirico svincola dal reale. Prendo a </span></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span style="color: #134f5c;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitD0AZaHrXD7mxrG_OxfxnEKaLYgHABpn1YiAkf9Zr8UfDU9ZG6PM0XFUrYgFxXvu63wAaITiaREES6u7oX0gBgLvuIJ8Hr5IalKONZNmzHzH7C08cIOdEJxI77Sja6kFsgGfIuQ6iNXU/s1600/Lasca%25CC%2586r_Vorel_-_Luceafa%25CC%2586rul%252C_15_%252828%2529_apr_1904.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="254" data-original-width="270" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitD0AZaHrXD7mxrG_OxfxnEKaLYgHABpn1YiAkf9Zr8UfDU9ZG6PM0XFUrYgFxXvu63wAaITiaREES6u7oX0gBgLvuIJ8Hr5IalKONZNmzHzH7C08cIOdEJxI77Sja6kFsgGfIuQ6iNXU/s320/Lasca%25CC%2586r_Vorel_-_Luceafa%25CC%2586rul%252C_15_%252828%2529_apr_1904.png" width="320" /></a></span></span></div>
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span style="color: #134f5c;">prestito il titolo "Luceafarul" del celebre </span><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Mihai_Eminescu" style="color: #134f5c;" target="_blank"><span style="color: #38761d;">Eminescu</span></a><span style="color: #134f5c;">. Qui egli diventa quasi l'ombra che mi accompagna al viaggio di "frontiera" dove tutto, persone, luoghi e cose sono straniere. </span></span></div>
<div style="font-family: arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Momenti di euforia, altri di cupezza. Scrissi quasi tutti i testi di notte, a Bucarest, ospite (quando ci andavo) di un amico italiano, Umberto, in un grande appartamento con molti libri di autori rumeni. Là, per la prima volta conobbi e cominciai a leggere Emile Cioran che ancora oggi mi accompagna silenzioso… Moltissimi di questi libri erano in lingua rumena, pochissimi con traduzione a fronte. Credo appartenessero a un professore universitario rumeno che a periodi affittava l'appartamento. Decisamente, poi, finita la storia, presi a limare testi e alcuni a scartarli. Ho cercato così di rimediare una piccola memoria. Memoria oggi quasi perduta”.</span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Dunque ci si tuffa nel viaggio come ci si tuffa nella memoria. In un abbandono che porta altrove, in un luogo da cui ci vediamo, noi stessi, collocati altrove. Siamo stati visti laggiù, inerpicati su improbabili crinali o come un puntino perso in una sterminata pianura di luce. O siamo visti ingabbiati tra quattro mura nella notte sprofondata della città straniera. O ancora, accucciati e ammutoliti su un divano polveroso alle luci dell’alba. <span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Così, nella poesia di Crivellaro, le immagini scorrono e</span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7U0L3ZhY3EgtS-yrLnClADMP8gjyOf1ZxpjeP3fwqAvoqnDqpm5pZm829HtBTTg8VZB3PcRnP_E_zV3SU-WbDZx2zaamD6c9vRT0YaUPNeiyIzgEUoqpgsl8FUgTH3x59ChamYstn8h4/s1600/Luceafarul.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="270" data-original-width="186" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7U0L3ZhY3EgtS-yrLnClADMP8gjyOf1ZxpjeP3fwqAvoqnDqpm5pZm829HtBTTg8VZB3PcRnP_E_zV3SU-WbDZx2zaamD6c9vRT0YaUPNeiyIzgEUoqpgsl8FUgTH3x59ChamYstn8h4/s1600/Luceafarul.jpeg" /></a></span></div>
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"> corrono a perdifiato, vanno e vengono, si rincorrano, dialogano, pensano, sentenziano. Ma non si ingannano. Rimangono lì, resistono, abbarbicate alla loro arbitraria consonanza. Riverberano evanescenze che raccontano di corpi, di respiri e di agonie. Di improbabili congetture. Di gesti d’amore ultimi, definitivi, come fossero l’ultimo battito d’ali. Come pulsazione perentoria che ferma il tempo, lo cristallizza, lo rende cosa. E al contempo in modo divorante chiede e invoca, come una preghiera incessante, l’esaudirsi di ciò che non potrà mai esaudirsi.</span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"> </span><span style="color: #274e13; font-size: large;"><i>Sulla rena</i></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><i> stanco</i></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><i> mi assopisco</i></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><i> cullato</i></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><i> dalle tue pupille</i></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal;">
<span style="color: #274e13; font-size: large;"><i> smeraldine.</i></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; text-align: right;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;">Giancarlo Ricci (marzo 2016)</span></div>
<div style="font-family: Arial; font-stretch: normal; line-height: normal; min-height: 16px; text-align: right;">
<br /></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-64605858990722016662019-01-10T07:34:00.001-08:002019-05-27T07:23:17.189-07:00ERA NATALE, riflessioni sulla nascita. Di Luciana Piddiu<div style="font-family: Arial; line-height: normal; text-align: justify;">
<div style="font-family: Arial; line-height: normal;">
<span style="font-size: large;">È un vero peccato che nessuno abbia ritenuto di dover ribattere alle argomentazioni espresse recentemente da un noto personaggio televisivo, rampollo di un’antica famiglia toscana di origine longobarda.</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzdz1OOjWPHVO__3qHURjA_2dq_WVnprGqC8c7OuIQB7QH94K3e0qqkr8fHZZPiH8rxQ6tH2B8DYcHznDG78eDKfuvG7WQFXpUx0HtdzZLPxLO41cxQuxdgnl66Gxfv-z2yagRfS1uI0A/s1600/Madre.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="304" data-original-width="166" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzdz1OOjWPHVO__3qHURjA_2dq_WVnprGqC8c7OuIQB7QH94K3e0qqkr8fHZZPiH8rxQ6tH2B8DYcHznDG78eDKfuvG7WQFXpUx0HtdzZLPxLO41cxQuxdgnl66Gxfv-z2yagRfS1uI0A/s400/Madre.jpeg" width="218" /></a></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal;">
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Il soggetto in questione, Costantino Della Gherardesca, si è auto-definito ‘persona normalissima cui è capitata la sventura di avere un po’ più di sensibilità e di buongusto’. In un articolo apparso sul quotidiano Il Foglio ha espresso tutto il suo disgusto per la grande festa della tradizione cristiana del 25 Dicembre. Cito testualmente: “Odio le tradizioni cristiane, in particolar modo il Natale. Intorno a me non voglio né Gesù bambini, né Gesù crocifissi…..Non sopporto il Natale e i suoi ninnoli perché mi deprimono.”</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; min-height: 16px;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal;">
<span style="font-size: large;">L’autore si dichiara disgustato profondamente dai bambini che durante le feste ‘si manifestano nei ristoranti’, invita pertanto i cristiani a passare il Natale in monasteri o chiese distanti dai suoi occhi così sensibili. Conclude con “Basta regali, basta buoni propositi e sogni di gloria: durante le feste scambiamoci il dono del realismo……” Pertanto si augura “un futuro globalizzato, dove l’unico Dio sarà il denaro, possibilmente il renminbi cinese”.</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh5xhbvQK1b_1oLNTSkFSYOgUSJ7q_mBhD6ntp8G09Aeaz3QdUWahovWL4nKbeAPH4OPdD_SV3e_yCK3WmTHDoJIfj9Nzrz4_JtN1qjT3djVZrwwhSNaXoQPCuFo9G9KRVwWjJ2m523XuQ/s1600/images.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="259" data-original-width="194" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh5xhbvQK1b_1oLNTSkFSYOgUSJ7q_mBhD6ntp8G09Aeaz3QdUWahovWL4nKbeAPH4OPdD_SV3e_yCK3WmTHDoJIfj9Nzrz4_JtN1qjT3djVZrwwhSNaXoQPCuFo9G9KRVwWjJ2m523XuQ/s320/images.jpeg" width="239" /></a></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal;">
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">L’articolo in questione è apparso quasi in contemporanea alla notizia della decisione presa dal governo iracheno di riconoscere il Natale come festa nazionale per tutti gli iracheni e non più come festa unicamente dei cristiani. Decisione coraggiosa, a mio avviso, in un paese a stragrande maggioranza musulmano e martoriato da anni di guerre con il coinvolgimento di molti paesi occidentali.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; min-height: 16px;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal;">
<span style="font-size: large;">Benché non credente, non posso fare a meno di considerare insopportabilmente snob il ragionamento del personaggio televisivo e meravigliosa la presa di posizione del governo iracheno.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; min-height: 16px;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal;">
<span style="font-size: large;">Che ci piaccia o meno il Natale rimane la festa della natività. Celebra la nascita come il momento da cui tutto ha inizio.</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiW2GEwUT-tA7r1AekrEe66GRFVQZtFgNvKZD67qknxhcQgmSp3eT2XW66VIAdXcc0H0kf168_VwYKzXfczOpdmzduQVkMWK46H8DwcXFtOhIPYqeqnMymHzByJbiMPEvG28voTaTR4ywQ/s1600/images-1.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="259" data-original-width="194" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiW2GEwUT-tA7r1AekrEe66GRFVQZtFgNvKZD67qknxhcQgmSp3eT2XW66VIAdXcc0H0kf168_VwYKzXfczOpdmzduQVkMWK46H8DwcXFtOhIPYqeqnMymHzByJbiMPEvG28voTaTR4ywQ/s400/images-1.jpeg" width="299" /></a></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; min-height: 16px;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal;">
<span style="font-size: large;">Hannah Arendt ha ben articolato il concetto di natalità nella sua filosofia quando ha individuato nell’essere umano la ragion d’essere dell’avvio della storia: ogni nuovo nato dà inizio e si pone come inizio di qualcosa di inedito e di imprevedibile. </span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal;">
<span style="font-size: large;">Chi viene alla luce può spezzare la catena ripetitiva di eventi predeterminati dalla trama del passato generando cambiamenti. Nel suo apparire ogni neonato/a pone senza saperlo un interrogativo al mondo sui limiti e le possibilità della condizione umana sulla terra. Porta con sé la capacità del cambiamento, della novità intrinseca alla vita umana. La nascita di ogni nuovo essere è in questo senso un miracolo, perché spezza la catena della necessità aprendo alla libertà dell’agire.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; min-height: 16px;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal;">
<span style="font-size: large;">Basta questo per farci apprezzare la grande festa cristiana del Natale. Per aver messo al centro della vicenda umana il concetto di natalità sia pure declinato in una visione trascendente che a molti di noi non appartiene.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; min-height: 16px;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal;">
<span style="font-size: large;">Parafrasando il grande poeta John Donne e il suo ‘Nessun uomo è un’isola’ si potrebbe dire che la nascita di ogni essere umano mi arricchisce perché io partecipo dell’umanità. Di questo siamo debitori tutti, credenti e non, nei confronti della visione cristiana.</span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; min-height: 16px;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal;">
<span style="font-size: large;"><a href="https://27esimaora.corriere.it/author/luciana-piddiu" target="_blank">Luciana Piddiu</a> (</span><span style="font-size: large;">9 Gennaio 2019) </span></div>
</div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-59551499693964660942018-10-28T03:33:00.000-07:002018-10-28T04:06:22.222-07:00FOLLIA E LIBERTA'<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">Incontro <span style="color: #cc0000;"><b>GIORNATA BASAGLIA</b></span> a Gorizia </span></div>
<div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">il 23 ottobre 2018 al Teatro Verdi con</span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="background-color: #ffe599; color: #990000; font-size: large;"> Daniela Infantino, Peppe Dell'Acqua, Piero Cipriano, </span><br />
<span style="background-color: #ffe599; color: #990000; font-size: large;">Giancarlo Ricci, Paolo Crepet</span></div>
<div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoOKfMch-Tv48ExsoF4QW0RdsECtr9SZEdpvKZegD7OkICLSvF4ESmbdliLQlOvJBZrG2u1SEF36gMaqIKbM7W71JxtXx5t1txk9gtHQ-xP5VlinPkiyIUjpZdZMx2wZ76Enxq657hx_0/s1600/Gorizia+2018.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="854" data-original-width="714" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoOKfMch-Tv48ExsoF4QW0RdsECtr9SZEdpvKZegD7OkICLSvF4ESmbdliLQlOvJBZrG2u1SEF36gMaqIKbM7W71JxtXx5t1txk9gtHQ-xP5VlinPkiyIUjpZdZMx2wZ76Enxq657hx_0/s640/Gorizia+2018.png" width="532" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;"><span style="color: #990000;">Dall'intervento di Giancarlo Ricci tre brani per il dibattito:</span> </span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin-bottom: 12px; margin-left: 50.5px; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;">"Lungi dall'essere per la libertà un insulto, la follia è la sua fedele compagna, ne segue il movimento con un'ombra. L'essere dell'uomo non solo non può essere compreso senza la follia, ma non sarebbe l'essere dell'uomo se non portasse in sé la follia come limite della propria libertà".</span></span></div>
<div style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin-bottom: 12px; margin-left: 50.5px; min-height: 17px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;"><i><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span> </i>Jacques Lacan<i>, Discorso sulla causalità psichica, 1946. </i></span></div>
<div style="font-family: helvetica; font-stretch: normal; line-height: normal; margin-bottom: 12px; margin-left: 50.5px; min-height: 17px; text-align: justify;">
<i><br /></i></div>
<div style="font-family: helvetica; font-stretch: normal; line-height: normal; margin-bottom: 12px; margin-left: 50.5px; min-height: 17px; text-align: justify;">
"Io non so cosa sia la follia. Può essere tutto o niente. È una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia. Invece questa società accetta la follia come parte della ragione e quindi la fa diventare ragione attraverso una scienza che si incarica di eliminarla. Quando uno è folle ed entra in manicomio smette di essere folle per trasformarsi in malato. Diventa razionale in quanto malato. Il problema è come disfare questo nodo. E’ come andare aldilà della follia istituzionale e conoscere la follia laddove essa ha origine cioè nella vita"<b>. </b></div>
<div style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin-bottom: 12px; margin-left: 50.5px; min-height: 17px; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "helvetica";">Franco Basaglia<i>, Conferenze brasiliane, </i>1979. </span></div>
<div style="font-family: helvetica; text-align: justify;">
<i style="font-family: Helvetica; font-size: 14px;"><br /></i></div>
<div style="font-family: helvetica; text-align: justify;">
<i style="font-family: Helvetica; font-size: 14px;"><br /></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "helvetica neue" , "arial" , "helvetica" , sans-serif;">"Ricordo che passeggiavo un giorno con un fortunato editore, il quale fece un’osservazione che avevo sentito fare tante altre volte prima, e che quasi si potrebbe assumere come un motto della vita moderna. Nel sentirla ripetere ancora una volta, capii ad un tratto che non significava nulla. L’editore aveva detta: “Quell’uomo farà strada: egli crede in se stesso”. In quel momento alzai la testa e i miei occhi caddero su un omnibus che passava e che portava scritto “Hanwell” [un famoso ospedale psichiatrico vicino a Londra]. Vuoi sapere – chiesi – dove sono gli uomini che più credono in sé stessi? Te lo dico subito. Conosco uomini che hanno più di Napoleone e di Cesare, una fiducia colossale in se stessi. So dove splende la stella fissa della certezza e del successo, posso guidarti ai troni dei superuomini. Gli uomini che credono veramente in sé stessi sono tutti nei manicomi. […] Cominciamo dunque con la casa dei pazzi: da questa fantastica taverna prendiamo le mosse per il nostro viaggio intellettuale". <i> </i></span></div>
</div>
<div style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin-left: 50.5px; min-height: 17px;">
<div style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin-left: 50.5px; text-align: justify;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="font-family: "helvetica neue" , "arial" , "helvetica" , sans-serif;"><i> </i>Gilbert Chesterton,<i> Ortodossia, </i>1908.</span></span></div>
</div>
</div>
</div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-65524970664609644172017-12-04T01:39:00.006-08:002017-12-04T02:01:27.863-08:00SESSUALITA' E GENERE. Report della rivista americana THE NEW ATLANTIS<div style="text-align: center;">
<span style="color: #3d85c6; font-size: large;">La rivista THE NEW ATLANTIS pubblica un report (2016) </span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #3d85c6; font-size: large;">intorno alle risultanze dalle scienze biologiche, psicologiche e sociali in merito alla questione gender e alla sessualità nelle sue varie implicazioni soggettive e sociali. </span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #3d85c6; font-size: large;">La ricerca è condotta dall' epistemologo </span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #3d85c6; font-size: large;"><b>Lawrence Mayer</b> e dalla psichiatra <b>Paul McHugh </b>entrambi docenti al celebre Dipartimento Universitario del Hopkins Hospital.</span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #3d85c6; font-size: large;">Il report (tradotto da Lucia Braghini) mostra che alcune delle affermazioni riguardo alla sessualità e al genere che circolano con maggiore frequenza non sono sostenute da evidenze scientifiche.</span></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #0b5394;"><span style="font-size: large;"><b>Per leggere e scaricare il testo italiano (114 pp.) vai a:</b> </span></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;"><a href="https://drive.google.com/open?id=1SiwlxRnjtaMghCkSBhu2UpCLn2svAKPI">https://drive.google.com/open?id=1SiwlxRnjtaMghCkSBhu2UpCLn2svAKPI</a></span></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #0b5394;"><span style="font-size: large;">Il t</span><span style="font-size: large;">esto originale inglese è disponibile
all'indirizzo: </span></span><span style="font-size: large;"><a href="http://www.thenewatlantis.com/sexualityandgender">http://www.thenewatlantis.com/sexualityandgender</a>.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 18.0pt; margin-bottom: 12.0pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-autospace: none;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi9qNY-Cu42jOw3qUwPMN4bCJV4HVkZce4MAZJisL7IYY8N7JXZRBbX5HWvK8O-SKGPprxLEdiOyS3PJut5rJSciTu8C_Nz6rKo83cmPBa72mI0CeR-rLJwj_nBSd2VYeLJdB4f8ER3Kco/s1600/Sessualita%25CC%2580+e+genere.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="784" data-original-width="730" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi9qNY-Cu42jOw3qUwPMN4bCJV4HVkZce4MAZJisL7IYY8N7JXZRBbX5HWvK8O-SKGPprxLEdiOyS3PJut5rJSciTu8C_Nz6rKo83cmPBa72mI0CeR-rLJwj_nBSd2VYeLJdB4f8ER3Kco/s640/Sessualita%25CC%2580+e+genere.png" width="593" /></a></div>
<div class="" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #0b5394;"><b style="font-family: Arial; text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">Introduzione</span><span style="font-size: large;"> </span></b><span style="font-family: "arial"; font-size: large;">di Mayer e McHugh</span></span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; margin-bottom: 12px; margin-left: 14.2px; text-align: justify;">
<span style="color: #0b5394; font-size: large;"><i>Pochi argomenti sono così complessi e controversi come l'orientamento sessuale e l'identità di genere umani. Queste questioni toccano i nostri pensieri e sentimenti più intimi, e contribuiscono a definirci sia come individui sia come esseri sociali. Le discussioni delle questioni etiche sollevate dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere possono diventare accese e personali, e le questioni politiche associate provocano a volte intense controversie. I contendenti, giornalisti e legislatori coinvolti in questi dibattiti invocano spesso l'autorità della scienza, e nei notiziari, sui social media e nella cultura popolare in senso più ampio sentiamo affermazioni su ciò che “dice la scienza” su questi argomenti. </i><span style="font-family: "helvetica"; line-height: normal;"><i><br />
</i></span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj5JeOauCOCX4PNTMSMyBLVZZNxFBpHUoEkofmxMDk7r2ZorHmZyULlB0D1xcp7I9f_xgNAYHIvgCCUv2dp9KcBrhq0aF9zJnxDD4nY1-3ckUpm8vCuMgDnAv1MoLzbzusohVd-s6lUQuA/s1600/Indice.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><span style="color: #0b5394;"><img border="0" data-original-height="931" data-original-width="678" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj5JeOauCOCX4PNTMSMyBLVZZNxFBpHUoEkofmxMDk7r2ZorHmZyULlB0D1xcp7I9f_xgNAYHIvgCCUv2dp9KcBrhq0aF9zJnxDD4nY1-3ckUpm8vCuMgDnAv1MoLzbzusohVd-s6lUQuA/s640/Indice.png" width="466" /></span></a></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; margin-bottom: 12px; text-align: justify;">
<span style="color: #0b5394;"><span style="font-size: large;"><b><br /></b></span>
<span style="font-size: large;"><b><br /></b></span>
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<span style="font-size: large;"><b><br /></b></span>
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<span style="font-size: large;"><b><br /></b></span>
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<span style="font-size: large;"><b><br /></b></span>
<span style="font-size: large;"><b><br /></b></span></span><br />
<span style="color: #0b5394; font-size: large;"><b><br /></b></span>
<span style="color: #0b5394; font-size: large;"><br /></span><br />
<span style="color: #0b5394; font-size: large;">Questo report offre un accurato sommario e una spiegazione aggiornata di molte delle più rigorose conclusioni prodotte dalle scienze biologiche, psicologiche e sociali in relazione all'orientamento sessuale e all'identità di genere.<b> </b>Esaminiamo un vasto corpus di letteratura scientifica a diverse discipline. Cerchiamo di riconoscere i limiti delle ricerche e di evitare conclusioni premature che porterebbero a una sovrainterpretazione delle risultanze scientifiche. Poiché la relativa letteratura è piena di definizioni incoerenti e ambigue, non esaminiamo soltanto le evidenze empiriche, ma approfondiamo anche i problemi concettuali soggiacenti. Questo report, comunque, non discute questioni etiche o politiche; ci concentriamo sull'evidenza scientifica – cosa mostra e cosa non mostra. </span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; margin-bottom: 12px; text-align: justify;">
<span style="color: #0b5394; font-size: large;">Cominciamo nella <b>Parte Prima</b> esaminando in modo critico se concetti come eterosessualità, omosessualità e bisessualità rappresentino delle qualità distinte, fisse e biologicamente determinate degli esseri umani. Nell'ambito di questa discussione, prendiamo in considerazione la popolare ipotesi del “nati così”, che postula che l'orientamento sessuale umano sia biologicamente innato; prendiamo in esame le evidenze a supporto di questa affermazione provenienti da varie sottospecialità delle scienze biologiche. Esploriamo le origini evolutive delle attrazioni sessuali, la misura in cui queste attrazioni possono cambiare nel corso del tempo e le complessità inerenti l'integrazione di queste attrazioni nella propria identità sessuale. Attingendo alle evidenze dagli studi sui gemelli e altri tipi di ricerca, esploriamo i fattori genetici, ambientali e ormonali. Esploriamo anche alcune evidenze scientifiche che mettono in relazione le scienze della mente e l'orientamento sessuale. </span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; margin-bottom: 12px; text-align: justify;">
<span style="color: #0b5394; font-size: large;">Nella <b>Parte Seconda</b> esaminiamo le ricerche sugli esiti di salute rispetto all'orientamento sessuale e all'identità di genere. Si rileva in modo costante un rischio maggiore di esiti di precaria salute fisica e mentale per le sottopopolazioni lesbiche, gay, bisessuali e transgender rispetto alla popolazione generale. Questi esiti comprendono la depressione, l'ansia, l'abuso di sostanze e, cosa più allarmante, il suicidio. Per esempio, nella subpopolazione transgender statunitense, il tasso di tentativi di suicidi è stimato superiore del 41% rispetto a quello della popolazione generale. Come medici, accademici e scienziati crediamo che le discussioni che seguono in questo report devono essere lette alla luce di questo aspetto di salute pubblica. </span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; margin-bottom: 12px; text-align: justify;">
<span style="color: #0b5394; font-size: large;">Esaminiamo anche alcune idee che vengono proposte per spiegare questi diversi esiti di salute, compreso il “modello dello stress sociale”. Questa ipotesi – secondo la quale i fattori di stress come lo stigma e il pregiudizio spiegano gran parte delle maggiori sofferenze osservate in queste subpopolazioni – non sembra offrire una spiegazione completa per i differenti esiti. </span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; margin-bottom: 12px; text-align: justify;">
<span style="color: #0b5394; font-size: large;">Proprio come la Parte Prima analizza la supposizione secondo la quale l'orientamento sessuale è fisso ed ha una base causale biologica, una sezione della Parte Terza esamina questioni simili in riferimento all'identità di genere. Il sesso biologico (le categorie binarie di maschio e femmina) è un aspetto fisso della natura umana, anche se alcuni individui affetti da disturbi dello sviluppo sessuale possono mostrare caratteristiche sessuali ambigue. Di contro, l'identità di genere è un concetto sociale e psicologico non ben definito e le evidenze scientifiche che sia una qualità biologica innata e fissa sono ridotte. </span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; margin-bottom: 12px; text-align: justify;">
<span style="color: #0b5394; font-size: large;">La <b>Parte Terza</b> prende in esame anche le procedure di riassegnazione sessuale e le prove della loro efficacia nell'alleviare gli esiti di precaria salute mentale sperimentati da molte persone he si identificano come transgender. In confronto alla popolazione generale gli individui transgender che si sono sottoposti all'intervento chirurgico continuano ad esser esposti ad un alto rischio di esiti di precaria salute mentale. </span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; margin-bottom: 12px; text-align: justify;">
<span style="color: #0b5394; font-size: large;">Un ambito di particolare preoccupazione riguarda gli interventi medici per i giovani non conformi dal punto di vista del genere. Essi vengono sempre più sottoposti a terapie affermative del loro genere percepito, e persino a trattamenti ormonali o modificazioni chirurgiche ad una giovane età. Ma la maggioranza dei bambini che si identificano con un genere non conforme al proprio sesso biologico non si identificheranno più in questo modo quando raggiungeranno l'età adulta. Siamo turbati ed allarmati per la gravità e la irreversibilità di alcuni interventi che vengono attualmente discussi pubblicamente ed utilizzati per i bambini. </span></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal; margin-bottom: 12px; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEht8-UEcNtrgfvYdzRRh6QlJDu3eegOM-sNiElNPABVCKEEGdFpu9kzG4t81UHLORlFZsuanBtxTFh4lbSu0vB_C6jKR7Y2CiwUqF8wHsV6xwI-uOvMeIqo8kh6MOLeUy1n_i6WqZ_Kerw/s1600/Indice.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><span style="color: #0b5394; font-size: large;"></span></a><span style="color: #0b5394; font-size: large;">L'orientamento sessuale e l'identità di genere oppongono resistenza ad una spiegazione attraverso semplici teorie. C'è un grande divario tra la sicurezza con la quale si sostengono le opinioni su questi temi e ciò che una sobria valutazione della scienza rivela. Di fronte a questa complessità ed incertezza, è necessario che siamo umili rispetto a quanto conosciamo e quanto non conosciamo. Riconosciamo senza difficoltà che questo report non è né un'analisi esaustiva dei temi che affronta, né l'ultima parola su di essi. La scienza non è affatto l'unica via per comprendere questi argomenti incredibilmente complessi e sfaccettati; ci sono altre via di saggezza e conoscenza – comprese l'arte, la religione, la filosofia e l'esperienza umana vissuta. E gran parte della nostra conoscenza scientifica in questo ambito rimane non definitiva. Tuttavia, offriamo questo panorama della letteratura scientifica nella speranza che possa fornire un quadro condiviso per una trattazione intelligente, illuminata negli scambi politici, professionali e scientifici – e possa accrescere la nostra capacità, da cittadini preoccupati, di alleviare le sofferenze e promuovere la salute e la prosperità umane. </span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2Gy-9MzTUZZg1M8bM-zpCzcNnG02g4H2OuQ99zViu2kVx2BzOlEKmyNlCpKsahH8m-asvOdEt9lRUfPRJ3KJAIawDW5ixXoauoyWPG3gbMs8yoa4EGBWlr1U_0gxkqMIb7VNmzwSakDM/s1600/images-4.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="168" data-original-width="300" height="358" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2Gy-9MzTUZZg1M8bM-zpCzcNnG02g4H2OuQ99zViu2kVx2BzOlEKmyNlCpKsahH8m-asvOdEt9lRUfPRJ3KJAIawDW5ixXoauoyWPG3gbMs8yoa4EGBWlr1U_0gxkqMIb7VNmzwSakDM/s640/images-4.jpeg" width="640" /></a></span></div>
</div>
</div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-39671616467921600452017-11-20T08:08:00.001-08:002017-11-21T13:23:50.513-08:00AUTORITA' & LIBERTA'. Convegno a Macerata <div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 12px; text-align: center;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="color: #cc0000; font-size: large;"><b>In occasione della Tavola Rotonda AUTORITA’ & LIBERTA’ organizzata dall’Università di Macerata </b></span></span><br />
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="color: #cc0000; font-size: large;"><b>e da altre associazioni, </b></span></span><br />
<span style="color: #cc0000; font-size: large;"><b>il 28 novembre 2017 alle ore 16</b></span><span style="font-size: large;"><b><span style="color: #cc0000;"> presso l’Auditorium, proponiamo alcuni temi dell’intervento di GIANCARLO RICC</span><span style="color: #990000;">I</span></b><span style="color: #0433ff;"> </span></span></div>
<div style="color: #0433ff; font-family: Arial; line-height: normal; margin-bottom: 12px; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 12px; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><b><span style="color: #45818e; font-size: large;">Fuga dalla libertà</span></b></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 12px; text-align: justify;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: large;"><span style="color: #45818e;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Ecco il punto cruciale che la modernità consegna ai nostri tempi: un’ipertrofia della libertà che crede di espandere la propria autodeterminazione all’infinito, che installa la propria fantasia di potenza credendola possibile, che fagogita l’altro, che rispecchia il proprio esistere nella padronanza di un’immagine narcisistica sempre identica. </span></span></span><br />
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: large;"><span style="color: #45818e;"> Poco pensiero in questa libertà che assomiglia a una botte in cui rifugiarsi e in cui vivere, poca soggettività in questa identità virtuale che assicura una sufficiente neutralità rispetto a ciò che accade fuori. </span></span></span><br />
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: large;"><span style="color: #45818e;"> La libertà come confort. E il comfort come libertà. La libertà di vivere con la minor differenza possibile va di pari passo con il maggior esercizio ritualistico di autorefenzialità.</span><span class="Apple-tab-span" style="color: #0433ff; white-space: pre;"> </span></span></span><br />
<div style="color: #0433ff;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; color: #0433ff; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgonFxLWilBeCDMWRJIXsJCi_XNWNjMbvVMd2BNsbltWO7SGg5wKPEZtm4WPLAB5UKbBJpBfe2BljQhUod5cueThqhCrdNULiNNO5FMJsm_0omsnakB0wDo0S6hC735uzP0jvPqu8sDLyE/s1600/Macerata.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1599" data-original-width="1132" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgonFxLWilBeCDMWRJIXsJCi_XNWNjMbvVMd2BNsbltWO7SGg5wKPEZtm4WPLAB5UKbBJpBfe2BljQhUod5cueThqhCrdNULiNNO5FMJsm_0omsnakB0wDo0S6hC735uzP0jvPqu8sDLyE/s640/Macerata.JPG" width="451" /></a></div>
<div style="color: #0433ff;">
<br /></div>
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: large;">
<span class="Apple-tab-span" style="color: #0433ff; white-space: pre;"> </span><span style="color: #45818e;">Accenniamo a una logica che riteniamo agli antipodi della libertà, di quella libertà di cui la psicoanalisi fornisce esperienza: l’ipertrofia delle libertà ci sembra, propriamente, una rinuncia alla libertà. Più esattamente una “fuga dalla libertà”. </span></span></span><br />
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: large;"><span style="color: #45818e;"> Nel nostro tempo, l’ipertrofia della libertà, la sua coniugazione estrema con l’autodeterminazione, ci sembrano la forma più perversa di una fuga dalla libertà. Fuga che non è tale in quanto reale o effettiva, ma in quanto è quell’illusione che incolla il soggetto al proprio fantasma di libertà. Il soggetto rimane lì, inchiodato a quella che crede la sua libertà, senza accogersi che la libertà è altrove. Perchè essa ha la consistenza di un’alterità non malleabile, è aspra, richiede fatica. E’ quasi insopportabile perchè prossima all’atto, alla decisione, all’angoscia, come riteneva Kierkegaard. La psicoanalisi coniugando la libertà tra l’inibizione, il sintomo e l’angoscia, la situa come lavoro e atto di soggettivazione. </span></span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 12px; text-align: justify;">
<span style="color: #45818e; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none;">Nella condizione della libertà, ricorda Sartre, “Siamo soli e senza scuse [...]. E annota: “L’uomo è condannato ad essere libero: condannato perché non si è creato da se stesso, e pur tuttavia libero, perché, una volta gettato nel mondo, è responsabile di tutto ciò che fa”. Piuttosto che la responsabilità meglio dunque la fuga dalla libertà che è la politica dell’anima bella. </span></span><br />
<span style="color: #45818e; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none;"><br /></span></span>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIrzYO_HxfIOqfDRYLrY0gpdOPmuSF0y8XnRKRUcn_FI4zqSckhhv9X9OSTkRWrhtzWl-GPi1o9Eg4FwpvPQFoMkZsX4oi6xPbpyY4jxqzVAfc_BJ2C-Sqc4zV8MmDIbPFsZm8-m78Zek/s1600/images-1.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="182" data-original-width="277" height="209" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIrzYO_HxfIOqfDRYLrY0gpdOPmuSF0y8XnRKRUcn_FI4zqSckhhv9X9OSTkRWrhtzWl-GPi1o9Eg4FwpvPQFoMkZsX4oi6xPbpyY4jxqzVAfc_BJ2C-Sqc4zV8MmDIbPFsZm8-m78Zek/s320/images-1.jpeg" width="320" /></a></div>
<span style="color: #45818e; font-size: large;">La variante ipermoderna è tuttavia particolare: i nostri tempi, nell’ambito della <b>biopolitica</b>, non procedono più nel concedere o togliere la libertà, nel consegnarla come premio a chi la richiede, ma, molto più semplicemente nel concederla ancor prima che venga domandata. In definitiva il modo migliore per neutralizzare ogni libertà'</span><span style="color: #45818e; font-size: large;"> è quello di farla implodere al suo interno. Permettere tutte le libertà per livellare ogni possibile libertà, neutralizzarla. Annichilirla. </span><br />
<span style="color: #45818e; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none;">
<span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Riprendendo la distinzione tra “<b>libertà da</b>” e <b>“libertà di</b>”, se facciamo venir meno la prima, se ci liberiamo da tutto, la seconda risulterà talmente potenziata da risultare onnipotente: se tutto è possibile niente è possibile. O ancora, ricalcando la classica distinzione tra “<b>libertà negativa”</b> e <b>“libertà positiva</b>” facendo venir meno la prima, abolendo cioè ogni possibile impedimento e restrizione, svanirebbe anche la seconda perchè l’autoderminazione sarebbe talmente autoreferenziale da realizzare un soggetto autonomo, una monade che si autoregola, avulsa da ogni relazione.<br />
<span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span> Su un piano sociale ed economico siamo al grado zero a partire dal quale, come affermano alcuni, sopravanza un nuovo modello di capitalismo globale di regime neoliberista che ribalta una questione giuridica ed etica: non vieta o proibisce alcunchè, non reprime, non limita ma permette, rende possibile l’iniziativa individualista, sostiene con la tecnologia la realizzazione dei desideri, espande, si avvale e legittima un sistema perverso. <br />
<span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>In un’altra lettura possiamo dire che dalla società</span></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #45818e; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZLLE4UZRCi7l0f3ktac0jM_Jo4AThYYae4Y-mHCxz4qpUF6RbJvf5qUG_HgR5B7k0qA_1Xu4S2L84Xf4mvtxWa0pJ3j4Z9lxV27nnXp6ipm3Nw_IuQUgpHzFT0AInTlujk0Db0ouW2aA/s1600/VOLTO.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="245" data-original-width="124" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZLLE4UZRCi7l0f3ktac0jM_Jo4AThYYae4Y-mHCxz4qpUF6RbJvf5qUG_HgR5B7k0qA_1Xu4S2L84Xf4mvtxWa0pJ3j4Z9lxV27nnXp6ipm3Nw_IuQUgpHzFT0AInTlujk0Db0ouW2aA/s400/VOLTO.png" width="202" /></a></span></span></div>
<span style="color: #45818e; font-size: large;"><span style="-webkit-font-kerning: none;"> patriarcale a quella paternalistica e a quella in cui il padre è “evaporato”, si è approdati lentamente a modelli materni e maternalistici: il soggetto è sotto tutela, è protetto, è invitato a esprimere i suoi più reconditi diritti. Smantellata <b>l’<i>auctoritas</i></b> rimane una <i><b>potestas</b></i> tenue e permissivista, maternalistica, propensa all’egualitarismo. In effetti solo con l’<i>auctoritas</i> può esistere un concetto di libertà degno, che permetta al soggetto di farsi autore dei propri atti e delle propprie azioni. <br />
<span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Nel capitalismo globale cambiano le forme dell’assoggettamento: quello materno non proibisce ma promette, offre benessere gratuito, permette, attraverso una logica del debito la realizzazione di ogni fantasia infantile, meglio se “perversa polimorfa”. Dall’infantile all’infantilismo il passo è breve. L’infantile pulsa in una sana e intramontabile salute, l’infantilismo ne fa la comica o patetica caricatura, assumendone i capricci. La differenza, in prospettiva, ossia lungo la crescita è enorme. Invece del diventare figlio si rimane bambino. Invece di assumere un proprio desiderio si rimane preda del desiderio dell’Altro, il che comporta che ogni responsabilità venga rifiutata per principio, in un perenne autoriferimento narcisistico.</span><span style="font-family: "helvetica"; line-height: normal;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span><br />
<span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Tutto ciò pare diventare obbligatorio, quindi necessario, e muoversi in un nuovo euforico orizzonte modernista, egualitario, ipertecnologico, politicamante corretto. Come se i diritti umani realizzandosi pienamente potessero promettere una società senza più tensioni e conflitti. Dove le differenze saranno eliminate in nome delle uguaglianze. Anzi sarà il principio dell’egualitarismo eretto a sistema a distribuire a ciascuno le stesse libertà e gli stessi diritti. Tutti saranno finalmente uguali perché dovranno godere delle stesse libertà. </span></span></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-90584419944604064392017-10-11T08:15:00.001-07:002017-10-11T08:23:06.758-07:00Conferenza internazionale a Londra sulla libertà di coscienza e di espressione <div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 12.0pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<div style="text-align: center;">
<b><span style="color: #741b47; font-family: "trebuchet ms"; font-size: 14.0pt;">LONDRA – Un resoconto di
Luciana Piddiu sulla conferenza internazionale del mondo mussulmano che a fine
luglio 2017 si è confrontato sulla libertà di coscienza e di espressione.</span></b></div>
<b><span style="color: #262626; font-family: "trebuchet ms"; font-size: 14.0pt;"><br /></span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 12.0pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="EN-US" style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">Si è chiusa <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>con un’attività di <i>bodypainting</i>, la
Conferenza Internazionale sulla libertà di coscienza e di espressione, tenutasi
<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>a luglio a Londra e<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>definita dagli organizzatori ll più grande
raduno di ex-musulmani della storia !<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 12.0pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkWkciAh0LhJqjaAAz-BArneuxZT1WGfjc27EBgU7sUMH6dABHn4Z97vO41JcpbJYtmsOywXRirHwcMNhJKiQg3trRF4NGICcEnM5w6bCAOsOIFmsJjRbsC_fz07nD_axHJrmy3UcN11Y/s1600/religione-300x127.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="128" data-original-width="300" height="135" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkWkciAh0LhJqjaAAz-BArneuxZT1WGfjc27EBgU7sUMH6dABHn4Z97vO41JcpbJYtmsOywXRirHwcMNhJKiQg3trRF4NGICcEnM5w6bCAOsOIFmsJjRbsC_fz07nD_axHJrmy3UcN11Y/s320/religione-300x127.jpg" width="320" /></a></div>
<span lang="EN-US" style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">Per giorni
centinaia di intellettuali, spesso giovani, che vivono nell’incubo di
attentati, o rischiano severe condanne penali solo perché non credono più nella
religione islamica, hanno discusso le migliori strategie da seguire. Sono
arrivati da ogni parte del mondo e le misure di sicurezza sono impressionanti.
Abbiamo appreso del luogo della Conferenza, un bell’albergo al Covent Garden,
solo il giorno prima dell’apertura dei lavori, impegnandoci a non farne parola
con nessuno. </span><span lang="EN-US" style="font-family: "times"; font-size: 14.0pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 12.0pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="EN-US" style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">L’aria che si
respirava nelle belle sale e’ stata straordinaria. Il confronto serrato si e’
svolto <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>in un clima di grande rispetto;
solo qualche momento di tensione quando Inna Schevchenko, leader di Femen,
argomenta polemicamente che le religioni tutte, e non solo quella islamica, sono
dei virus mortali da cui liberarsi. O quando, sul fronte opposto, interviene
Ani Zonneveld, nata in Malesia, che è imam e guida spirituale di una comunità
islamica a Los Angeles e, fervida credente, si batte per riformare la religione
di Maometto impregnandola di valori progressisti. </span><span lang="EN-US" style="font-family: "times"; font-size: 14.0pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 12.0pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="EN-US" style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">Ma l’anima di
questa tre giorni è certamente l’iraniana Maryam Namazie. Si batte da<br /> anni
perché siano riconosciuti i diritti di tutti, credenti e non. A molti invitati
è stata impedita la partecipazione e Maryam sottolinea la necessità di lottare
anche per loro. “Siamo lo tsunami che sta arrivando” così conclude il suo
intervento. </span><span lang="EN-US" style="font-family: "times"; font-size: 14.0pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 12.0pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="EN-US" style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">Grandi
emozioni quando sale sul palco la giovanissima Sadia Hameed, cittadina </span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span lang="EN-US" style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRRpv_zAY69ef7FFRDtOyKZYELWnbiMhYZIM3DFQwEi3EWMghXgffgxSK1wGxmMGIUHgdiSoV7ATv_RgrfQniuTqvxX9DSaUA-1xB2vb4HmzeHfsgmFRvXUgqBbuGngmO7qTfWjdbQbg0/s1600/images.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="208" data-original-width="242" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRRpv_zAY69ef7FFRDtOyKZYELWnbiMhYZIM3DFQwEi3EWMghXgffgxSK1wGxmMGIUHgdiSoV7ATv_RgrfQniuTqvxX9DSaUA-1xB2vb4HmzeHfsgmFRvXUgqBbuGngmO7qTfWjdbQbg0/s1600/images.jpeg" /></a></span></div>
<span lang="EN-US" style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">inglese
di origini pakistane, che termina il suo intervento con gli occhi pieni di
lacrime. Racconta di quando disse alla famiglia che aveva perso la fede e il
commento del padre fu terribile: “Avrei dovuto strangolarti alla nascita.”
Parla della lunga segregazione in casa, resa atroce dal dolore di essere
rifiutata dai genitori e dal terribile suicidio del fratello. In molte enclave
di immigrati di religione islamica delle nostre metropoli essere non- credenti
è ancora un marchio d’infamia che distrugge l’onore dell’intero clan familiare.
</span><span lang="EN-US" style="font-family: "times"; font-size: 14.0pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 12.0pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="EN-US" style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">L’acme della
prima giornata si tocca con la proiezione di un documentario molto crudo.
Testimonia l’uccisione a colpi di machete, per strada, di Avijiti Roy,
ingegnere americano di origine bengalese, che aveva fondato un blog per la
diffusione del libero pensiero. È il 26 Febbraio 2016 e Avijiti si trova a
Dhaka, la capitale, per presentare un suo libro insieme alla moglie Bonya
Ahmed. È lei a raccontarci dal palco quello che è successo. Lei, che nel video
compare, ricoperta del sangue del marito, sgozzato al suo fianco. Ora si batte perché
gli islamisti responsabili del delitto non restino impuniti. Ma la cosa che più
colpisce, in questa donna dallo sguardo fiero e malinconico, è l’uso di un
linguaggio pacato. Nessuna parola di odio o intolleranza da parte sua. “Occorre
educare a una visione scientifica per evitare il diffondersi del fanatismo
religioso, ma bisogna anche capire che la religione è parte della cultura e la
maggior parte delle persone è credente“. </span><span lang="EN-US" style="font-family: "times"; font-size: 14.0pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 12.0pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="EN-US" style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">I temi al
centro della seconda giornata - la resistenza delle donne, il velo,
comunitarismo e multiculturalismo - lasciano intravedere che si parlerà di
misoginia e di sessismo e si andrà a fondo sulla condizione delle donne. </span><span lang="EN-US" style="font-family: "times"; font-size: 14.0pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 12.0pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="EN-US" style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">Zineb El
Rhazoui è una giovane donna marocchina. Parla con veemenza e senza nulla
concedere al politicamente corretto, della necessità di distruggere il fascismo
islamico che avanza. “Quando ci sono attentati, stragi e decapitazioni; quando
si documentano lapidazioni pubbliche in nome della religione islamica, subito
si alzano le voci ‘Questo non è il vero Islam!’. Il vero Islam è una religione
di pace. Dov’è questo vero Islam? Non mi interessa discutere di un’astrazione.
Io voglio fermare quei musulmani in carne e ossa che uccidono e massacrano in
nome della religione”. </span><span lang="EN-US" style="font-family: "times"; font-size: 14.0pt;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 12.0pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMw4ZsClBc1vSkzVJZDTSoqPilyvorJAugRlRAxpUVU_PtONOTyqgf8luQeW0NlDMLfeyg5aEd32Tf6cpVA2Zc7kYZOXlogKLx1-VFjeqpLIFlfhOmB8Cxzlsfeq7IC3_Bd5TwHoIRAtY/s1600/images-1.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="173" data-original-width="291" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMw4ZsClBc1vSkzVJZDTSoqPilyvorJAugRlRAxpUVU_PtONOTyqgf8luQeW0NlDMLfeyg5aEd32Tf6cpVA2Zc7kYZOXlogKLx1-VFjeqpLIFlfhOmB8Cxzlsfeq7IC3_Bd5TwHoIRAtY/s1600/images-1.jpeg" /></a></div>
<span lang="EN-US" style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">Dello stesso
tenore è l’intervento di Gona Saed, cofondatrice del Kurdistan Secular centre.
Mette in guardia dal pericolo di sottovalutare il progetto politico dell’Islam
radicale che si batte, ovunque, per l’applicazione della shaaria. In Occidente,
per un malinteso senso di colpa per le politiche coloniali, si è concesso il
lasciapassare a posizioni oltranziste e del tutto inconciliabili con i diritti
umani universali. Nella liberale Inghilterra si praticano mutilazioni genitali
femminili, segregazione di donne, matrimoni forzati in nome del rispetto della
diversità culturale. Qualunque critica a queste pratiche viene tacciata di
islamofobia. Ma il non criticare pratiche sociali così dissonanti con i nostri
valori è - come sostiene la regista tunisina Nadia El Fani - una forma di
razzismo verso i musulmani, giudicati implicitamente non all’altezza dei valori
fondanti delle democrazie occidentali. Il multi-culturalismo si trasforma così
in multi-ghettismo; una chiusura che opprime i più deboli, in primo luogo le
donne e le bambine e schiaccia le minoranze, come gli omosessuali e i
non-credenti. </span><span lang="EN-US" style="font-family: "times"; font-size: 14.0pt;"><o:p></o:p></span></div>
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<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 12.0pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="EN-US" style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">La
discussione non finisce certo con la conferenza di Londra ma da questo angolo
particolare di osservazione si sprigiona una grande forza e una speranza che
nasce da un’umanità consapevole e attenta, piena di spiritualità. </span><span lang="EN-US" style="font-family: "times"; font-size: 14.0pt;"><o:p></o:p></span></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-561772792938310672017-06-21T12:19:00.001-07:002017-06-21T12:26:27.006-07:00LIBERTA' DI PAROLA E DI PENSIERO. IL CASO RICCI <!--[if gte mso 9]><xml>
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<!--EndFragment--><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;">Segnaliamo, appena uscito in
rete, il blog <a href="http://www.iostocongiancarloricci.it/">http://www.iostocongiancarloricci.it</a><span id="goog_1788064642"></span><span id="goog_1788064643"></span><a href="https://www.blogger.com/"></a></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;">Il blog raccoglie tutti i materiali, i documenti, </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;">i messaggi di
solidarietà, gli articoli dei giornali usciti </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;">sul caso Ricci, le accuse, l'interrogazione parlamentare. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;"><span style="font-size: large;">Il caso diventa un emblema della libertà di parola e di espressione, istanze essenziali oggi rispetto al funzionamento degli Ordini professionali </span><span style="font-size: large;">e alla loro effettiva funzione. </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;"><span style="font-size: large;">Parallelamente è stata aperta una petizione presso la piattaforma CitizenGo a favore di Ricci. </span></span><br />
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;"><span style="font-size: large;">Vai alla petizione: </span></span><br />
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span>
<span style="color: #351c75; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;"><a href="http://www.citizengo.org/it/sy/71437-liberta-di-pensiero-e-parola-giancarlo-ricci?m=5&tcid=36221187"><span style="font-size: large;">http://www.citizengo.org/it/sy/71437-liberta-di-pensiero-e-parola-giancarlo-ricci?m=5&tcid=36221187</span></a></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiX1yS8KoFB3JjaX9tey1OIAHN6QnWDZR6fYWJk7tH0nm2zEeJ_mCLIjIETVNbyaBrkzL3uBYp0hJat5LIyX45xv3hcsbpBPfHTEgsisvWx2rCCBA0tKBKClSLZoTnvj9yY8RGWKvC2tkc/s1600/Schermata+2017-06-20+alle+11.29.56.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="447" data-original-width="586" height="305" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiX1yS8KoFB3JjaX9tey1OIAHN6QnWDZR6fYWJk7tH0nm2zEeJ_mCLIjIETVNbyaBrkzL3uBYp0hJat5LIyX45xv3hcsbpBPfHTEgsisvWx2rCCBA0tKBKClSLZoTnvj9yY8RGWKvC2tkc/s400/Schermata+2017-06-20+alle+11.29.56.png" width="400" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<br /></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-56561899273032843792017-01-20T09:10:00.001-08:002017-01-20T09:20:59.573-08:00Edoardo Weiss tra psicoanalisi e diritto. Note di Giancarlo Ricci al libro di Francesco Migliorino<div style="font-family: Cambria; line-height: normal;">
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #0b5394; font-size: large;"><b>Pubblichiamo la presentazione di Giancarlo Ricci </b></span><br />
<span style="color: #0b5394; font-size: large;"><b>al libro di Francesco Migliorino “Edoardo Weiss e la giustizia penale. Zone di contagio tra psicoanalisi e diritto” </b></span></div>
</div>
<div style="font-family: Cambria; line-height: normal;">
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #0b5394; font-size: large;"><b>(Bonanno Editore, 2016)</b></span></div>
</div>
<div style="font-family: Cambria; line-height: normal; min-height: 16px;">
<br /></div>
<div style="font-family: Cambria; line-height: normal; min-height: 16px;">
<br /></div>
<div style="font-family: Cambria; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span style="font-family: "times new roman"; line-height: normal;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span></span>“Zone di contagio tra psicoanalisi e diritto”, propone il sottotitolo di questo notevole libro scritto da Francesco Migliorino, ordinario di Storia del Diritto a Catania e attento studioso che si è inoltrato in sentieri inediti e spesso scomodi, come testimoniano diversi suoi libri dedicati all’esplorazione di alcuni angoli dell’agire sociale pubblico e della costruzione della soggettività moderna. </span><br />
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Cambria; line-height: normal; text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjKqmSbds7Lg9ju-2s5ZgqD7fMJdy6GCuOn_XmbG4wHIkqcI7gPVTEyTRNZw2fapVAco7TkV0DyTSAYliLt87U51ofCq2wCPHCmGiy0zaVLaQN23HKkKL0_7x6BGsdgT47n8rOUWptVIl4/s1600/Migliorino.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjKqmSbds7Lg9ju-2s5ZgqD7fMJdy6GCuOn_XmbG4wHIkqcI7gPVTEyTRNZw2fapVAco7TkV0DyTSAYliLt87U51ofCq2wCPHCmGiy0zaVLaQN23HKkKL0_7x6BGsdgT47n8rOUWptVIl4/s400/Migliorino.jpg" width="267" /></a></div>
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>La zona di contagio esplorata in questo libro, <i>Edoardo Weiss e la giustizia penale </i>(Bonanno Editore 2016)<span style="font-family: "times new roman"; line-height: normal;"><i>,</i></span> riguarda una particolare vicenda accaduta lungo la storia della psicoanalisi italiana. Occorre risalire all’inizio del ’900, quando Sigmund Freud nella sua Vienna asburgica tiene una lezione dinanzi agli studenti della Facoltà giuridica viennese che sotto la guida <span style="font-family: "cambria math"; line-height: normal;">di </span>Alex Loeffler avevano avviato una ricerca intorno a una particolare tecnica denominata “diagnostica del fatto”. Si trattava di ottenere, mediante associazioni verbali richieste a testimoni o indagati, un “accertamento obiettivo della verità”. Il testo di Freud intitolato <i>Diagnostica del fatto e psicoanalisi</i> (1906) espone una serie di parallelismi tra il “compito del terapeuta” e quello del “giudice istruttore”. La questione è ben più complessa e sottile di quanto possa sembrare. Nel testo freudiano troviamo inanellati una serie di problematiche assolutamente di rilievo tra cui il tema della verità, della colpa, della menzogna, del crimine, del segreto. Evidentemente ciascuna di queste istanze aprono congetture, ipotesi e orizzonti che Freud esplora con rigore.</span><br />
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><br /></span>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjaE7QDSz9syovPtKi2zbsw9wlVjdUaU22xN60NLuVEoOC4_83lejTS-i4u1zbciK3Ogcipj7p8wRm30GU3jPl796SoBQPbWXXhnS-tPdVBoVuQxApuW4E4hlh2bfo8kuylzmHj2jhHsDw/s1600/giustizia.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjaE7QDSz9syovPtKi2zbsw9wlVjdUaU22xN60NLuVEoOC4_83lejTS-i4u1zbciK3Ogcipj7p8wRm30GU3jPl796SoBQPbWXXhnS-tPdVBoVuQxApuW4E4hlh2bfo8kuylzmHj2jhHsDw/s1600/giustizia.jpeg" /></a></span></div>
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"> “Bisognava guardarsi, osserva Migliorino, da un uso avventato della tecnica d’indagine psicoanalitica, tanto più se applicata al campo della giustizia”. Anche il sodalizio del padre della psicoanalisi con Carl Gustav Jung, che si stava dedicando a ricerche sulle libere associazioni, ha avuto una sua rilevanza. Jung aveva pubblicato, nel 1908, “Le nuove vedute della psicologia criminale. Contributo al metodo della diagnosi della conoscenza del fatto”. </span></div>
<div style="font-family: Cambria; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>A partire da quegli anni si viene dunque a creare un fecondo clima di confronto in cui diritto, criminologia e psicoanalisi incominciano a dialogare. Il suo epicentro è a Vienna ma ben presto si diffonde in tutta Europa, dalle aule di Monaco della clinica psichiatrica di Kraepelin alle sale dell’ospedale cantonale di Zurigo in cui operava Bleuler. Successivamente anche Trieste e Roma diventano significativi poli di riferimento. “Nel cuore d’Europa – osserva Migliorino - lo sfrenato scientismo d’impianto positivistico sembrava perdere influenza a favore di un approccio più attento alle dinamiche che trascendevano il dato meramente organico”. Nei due decenni successivi l’Italia rimarrà, tranne rare eccezioni (L. Baroncini, G. Modena, R. Assagioli), ai margini di quel fruttuoso rapporto tra psichiatria e psicoanalisi. La pesante ipoteca lombrosiana che si insinuava nelle istituzioni medicali con la sua antropologia criminale esercitava una forte avversione per l’inconscio freudiano.</span></div>
<div style="font-family: Cambria; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Un punto di svolta, anche se tardivo, avviene per iniziativa di Edoardo Weiss che trasferitosi da Trieste a Roma, verso gli inizi degli anni ’30 qui riesce a costruire una fitta rete di relazioni con i giuristi e i criminologi che ruotano attorno alla prestigiosa rivista “La Giustizia penale”. Quest’ultima costituisce ben presto un polo di dialogo per quello “sparuto gruppo romano” che si era raccolto attorno a Weiss, l’unico vero allievo italiano di Freud, che nel ’32 risulta tra i fondatori della Società Psicoanalitica Italiana. Quando nel 1934 le gerarchie cattoliche ottengono la chiusura della “scandalosa <i>Rivista Italiana di Psicoanalisi</i>”, la Società Psicoanalitica Italiana “poté ancora dar voce ai suoi saggi e alle sue traduzioni tra le pagine di quella rivista giuridica”, un dato questo – afferma Migliorino – finora ignorato dalla storiografia della psicoanalisi e del diritto”. In definitiva “Weiss fece sì che la psicoanalisi avesse un suo specifico spazio in una rivista a dir poco stravagante rispetto alla formazione culturale dei nostri pionieri, ma che offriva il vantaggio di una vasta diffusione nell’ambiente accademico e tra gli operatori del diritto”. Dunque dal 1932 al 1937 appaiono su “La Giustizia penale”, diretta da Gennaro Escobedo, numerosi saggi, recensioni o segnalazioni, interventi che tengono conto anche della produzione teorica francese e ispano-americana. Weiss fu ben attento a non inseguire i criminologi sul loro terreno. E ad articolare l’istanza della legge e del Super-io tra la dualità delle “potenze” psichiche, Eros e Thanatos. Furono le infami leggi raziali e i venti di guerra del 1938 a porre fine a questo insolito sodalizio tra diritto e psicoanalisi. Nello stesso anno, come afferma Migliorino, “entrambi sopraffatti da un presente il cui passato non avevano contribuito a creare”, Freud si rifugia a Londra e Weiss si trasferisce a Chicago.</span><br />
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Cambria; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"></span></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhdvGoJgLg6MC6gPTaELTXq2f2FxUQx_BOrY8JB_kV_27ap9_F9R1UrEQUJDgq9IeGAVBASDx4FaK1Ya7Or6ZaUB3kNeSCBGdJK-KBow2gGI49rQOGdUNVI8jsUiiAtJ97HbGGqema2bE/s1600/giustizia.1.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhdvGoJgLg6MC6gPTaELTXq2f2FxUQx_BOrY8JB_kV_27ap9_F9R1UrEQUJDgq9IeGAVBASDx4FaK1Ya7Or6ZaUB3kNeSCBGdJK-KBow2gGI49rQOGdUNVI8jsUiiAtJ97HbGGqema2bE/s1600/giustizia.1.jpeg" /></a></span></span></div>
<span style="color: #134f5c; font-size: large;">Un saggio, dunque, scritto come un racconto; circostanziato, documentato, situato nel tormentato contesto storico di quegli anni. Ha il pregio di aprire uno sguardo inedito sulla storia della psicoanalisi nel nostro paese, sulla sua origine, sui suoi passi così incerti, difficili ma, in un certo senso, anche fecondi. L’ampia parte antologica del libro riporta gli articoli usciti tra il 1932 e il 1938 sulle pagine di “La Giustizia penale”. Tra i vari autori, oggi sconosciuti, che compaiono nell’indice del libro, troviamo più volte il nome di Weiss. Sono quattro i suoi saggi: <i>Il delitto considerato quale equivalente dell’autoaccusa</i> (1932), <i>Libido e aggressione</i> (1932), <i>Fondamenti della psicoanalisi</i> (1932), <i>Il Super-Io</i> (1936). Nel loro stile e nei loro contenuti riecheggia quel desiderio di forgiare i pensieri verso una rigorosa architettura metapsicologica, cercando di imprimere al lavoro di ricerca quello spirito che aveva contraddistinto l’impresa freudiana. </span></div>
<div style="font-family: Cambria; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>C’è forse qualcos’altro che serpeggia in questo libro. Nella “zona di contagio” tra psicoanalisi e diritto, spicca la questione nodale della connessione tra senso di colpa e crimine. Proprio nel saggio del 1906 (<i>Diagnostica del fatto e psicoanalisi</i>) Freud ipotizza una differenza essenziale e strutturale tra sentimento di colpa (cosciente) e senso di colpa inconscio. E’ un’ipotesi teorica dalle conseguenze ampie e inaspettate, le cui implicazioni sono riscontrabili tanto nella vita psichica quanto sul piano sociale. In un successivo saggio, <i>Delinquenti per senso di colpa</i> (1916), egli ribadisce la convinzione che il senso di colpa inconscio preceda il crimine, ovvero che l’atto criminoso debba essere considerato, in termini psichici, come un’espiazione del senso di colpa inconscio. I termini dunque si ribaltano: non è il crimine a produrre il senso di colpa, ma il contrario. Ovvero il senso di colpa inconscio produce il crimine come espiazione. Questo rovesciamento prospettico è un filo rosso presente in tutta l’elaborazione freudiana successiva e che si dipanerà in varie direzioni, soprattutto verso l’analisi del disagio della civiltà. Se pensiamo alle tragedie storiche che si preannunciano in quegli anni, non possiamo fare a meno di interrogarci come abbia potuto funzionare, nel nichilismo che si stava realizzando a livello mondiale, quella particolare logica che ha annodato, in modo unico nella storia dell’umanità, l’istanza del senso di colpa con reiterati e impensabili crimini di massa. </span></div>
<span style="color: #134f5c;"><br /></span>
<br />
<div style="font-family: Cambria; line-height: normal; text-align: justify;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Ciò che brilla nel pensiero di Freud - e in alcune pagine di questo libro ne scorgiamo alcune luminescenze - è che egli stesso abbia avuto la consapevolezza di aver intravisto, in termini teorici, quel fantasma mortifero, così sfuggente ed enigmatico, che si era manifestato negli anni antecedenti al primo conflitto mondiale e che ora, sul finire degli anni ’30, riappare implacabile. Tutto ciò che accade dopo, sulla scena della civiltà, fa sì che le parole colpa e crimine risultino trasformate, quasi fossero attraversate da un demone che persiste ad abitare l’umano.</span></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-57052468521727916262016-12-20T07:03:00.003-08:002016-12-20T07:26:45.534-08:00SENSO E DESTINO DELLA PSICANALISI. Intervento di Giorgio Landoni<div style="text-align: center;">
<span style="color: #073763; font-size: large;">Giorgio Landoni</span><span style="color: #0b5394; font-size: large;"> interviene sul libro <i>LA FOLLIA RITROVATA. Senso e realtà dell’esperienza psicanalitica</i> di </span><span style="color: #073763; font-size: large;">Giovanni Sias</span><span style="color: #0b5394; font-size: large;"> </span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #0b5394; font-size: large;">Edizioni Alpes, Roma, 2015.</span></div>
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Dedicato a Giuseppe Pontiggia, quest’ultimo libro di Giovanni Sias si inserisce nel solco della battagliera riflessione che l’autore conduce da anni intorno al destino della psicanalisi assediata dalla dittatura soffice del burocratismo della nostra epoca.</span><br />
<span style="color: #4c1130; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIuWwhl93NoBP-qJjCEtoXpAh16Kz9NLOLBXSPORfRfzLui851VtDo3T0_QE3zdxiLTeiVkdfjPCrvfxKjnYmK4oIuRYtTTmlKuquLka-14_iVJAzo3Z6JZRecy5w4-iQVkJ6asks6kKs/s1600/Nave+dei+folli.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIuWwhl93NoBP-qJjCEtoXpAh16Kz9NLOLBXSPORfRfzLui851VtDo3T0_QE3zdxiLTeiVkdfjPCrvfxKjnYmK4oIuRYtTTmlKuquLka-14_iVJAzo3Z6JZRecy5w4-iQVkJ6asks6kKs/s320/Nave+dei+folli.jpeg" width="320" /></a></div>
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Esso si riferisce anche, in modo non abituale, a un pensiero non familiare al lettore occidentale, quello di Vitalij Machlin, intellettuale russo in particolare interessato alla questione del pensare e del pensiero nel tempo presente caratterizzato dalla contingenza di icone mediatiche audiovisive e dalla velocità con la quale esse appaiono e si dissolvono nel nulla.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130;"><span style="font-size: large;">Un libro smilzo che, circa in un centinaio di pagine, tocca il tema della follia per dare anche un senso all’esperienza della psicanalisi, come recita il titolo. </span><span style="font-size: large;">Pur se smilzo, si tratta però di un libro di lettura non facile e l’autore ne sembra consapevole. Nella penultima pagina dell’introduzione egli stesso parla di “sconclusionata conclusione della sua stesura”, intendendo sottolineare l’andamento erratico del suo scritto, soggetto a continue variazioni e salti del discorso, al contempo ricchissimo di riferimenti, letterari, filosofici, lessicali, linguistici, artistici, storici, ma continuamente sfuggente e quasi inafferrabile. Malgrado ciò mi è parso di potervi individuare due caratteristiche che, contrariamente a quanto appena affermato, sembrano conferire a questo scritto una sorta di continuità metatestuale. </span></span><br />
<span style="color: #4c1130;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #4c1130;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOEt0zB7zDRiRGQnloN-RUFY7wVeEpKIuCYPHnQVkpGkI4LsxdPIDUs-dfQvdBs9CtQfC7BlzBKEIebHmJEefsjZGZZ5AbahZIb_JovEmLRN1ueJjfveF5sVdDiFCY4JhiQjQsdNpzb_E/s1600/Bosch.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="251" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOEt0zB7zDRiRGQnloN-RUFY7wVeEpKIuCYPHnQVkpGkI4LsxdPIDUs-dfQvdBs9CtQfC7BlzBKEIebHmJEefsjZGZZ5AbahZIb_JovEmLRN1ueJjfveF5sVdDiFCY4JhiQjQsdNpzb_E/s320/Bosch.jpeg" width="320" /></a></span></span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Da esse desidero quindi iniziare il mio commento. </span><span style="color: #4c1130; font-size: large;">Da un lato Sias collega questa erraticità, che rinvia alla metodologia originaria di Freud della libera associazione (il libro ne ha l’andamento), alla psicanalisi intesa non tanto come disciplina autonoma, quanto come parte della cultura del Novecento, ossia come uno dei molti modi in cui il pensiero si manifesta nel nostro tempo. Più radicalmente si potrebbe anche dire che egli intenda tutta la cultura come continua formazione dell’inconscio, un sintomo il quale porta in sé un disagio come tutti i sintomi. Una cultura di tipo idolatrico, seguendo il pensiero di Silvano Petrosino, sempre pronta a distruggere l’idolo appena creato per adorare il prossimo tosto consumato e consunto, con un ritmo frenetico che, contrapposto alla lentezza paziente del processo psicanalitico, permette di comprendere molte cose dell’atteggiamento corrente verso la psicanalisi.</span><br />
<span style="color: #4c1130; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtLtziiwJSs0Zagjmti0JgDEg7KA9m-TePnAAg39tgxgdlFunNWSLrfBJCzERuROxyEwYGbx0W4Q8ruQLSPlNWqZzxjobOEUT-8Pmrg9hWjcBHjRE4PiY1pieBe0Lbc0QcwSJwhje3r-U/s1600/Erasmo.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtLtziiwJSs0Zagjmti0JgDEg7KA9m-TePnAAg39tgxgdlFunNWSLrfBJCzERuROxyEwYGbx0W4Q8ruQLSPlNWqZzxjobOEUT-8Pmrg9hWjcBHjRE4PiY1pieBe0Lbc0QcwSJwhje3r-U/s320/Erasmo.png" width="170" /></a></div>
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Giustamente Sias nota che l’autoreferenzialità della psicanalisi ne ha fatto una pratica banale di impronta sanitaria e, in quanto tale, poco significativa rispetto ad altre pratiche che il mercato continuamente propone per la propria stessa sopravvivenza. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Sorge qualche domanda: quale il disagio della cultura attualmente? Quali le manifestazioni specifiche di questo disagio e come poterle collegare alla psicanalisi, fosse pure anche solo in una opposizione radicale? Questi temi non trovano uno svolgimento specifico nel libro.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Il secondo dei due filoni di continuità, in questo scritto discontinuo, mi è sembrato il più interessante come guida della mia lettura. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Infatti questo testo, scritto da uno psicanalista, non può essere considerato come un testo psicanalitico. Anche se esso si situa certamente nella continuità del pensiero di Giovanni Sias, si tratta di una continuità non di dottrina bensì politica. </span><span style="color: #4c1130; font-size: large;">Questo è un libro politico: erasmiano, goethiano e (quindi) politico.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Non vedo altro modo di rendergli giustizia. </span><span style="color: #4c1130; font-size: large;">E’ un libro impregnato di passione, impetuoso e gagliardo fino all’invettiva, il che se talvolta nuoce a una chiara comprensione di alcuni dettagli del testo, non ne cela però senso e obiettivi nell’insieme, perché essi sono enunciati chiaramente e continuamente dall’autore soprattutto nel modo contestatore che lo caratterizza. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Un libro che irride agli uomini che applaudono chi li inganna anche se non pretende di smascherare l’ingannatore che cerca l’applauso. </span><span style="color: #4c1130; font-size: large;">L’intento, l’intenzione erasmiana è quella di mostrare che quello della follia è un terreno da sempre particolarmente infido e scivoloso. La follia è storia di parole sottratte (Foucault) a cui Freud contrappone la psicanalisi fondandola “... sul tentativo di ricondurre alla parola l’indicibile che colonizza il corpo isterico” (C. Matteini). </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">La follia è indipendente da ogni produzione di pensiero e la psicanalisi nasce dal fatto di considerarla come stato essenziale e costitutivo della condizione umana. Dunque un punto di partenza che sottolinea l’impossibilità, salvo che si ricorra all’inganno peraltro a sua volta costitutivo della politica, di separare la follia dall’essenza dell’uomo, facendone una categoria della tassonomia sanitaria. Da qui parte una critica serrata del vuoto su cui si fondano gran parte dei valori al riguardo comunemente ammessi dalla correttezza sociopolitica nonché i comportamenti perseguiti e imposti ope legis dal potere.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">In un suo bel testo di commento all’opera di Dino Campana, C. Matteini descrive la follia come: “...luogo emblematico di una ragione “altra”, funzione culturale indispensabile...” . E’ l’idea di Giovanni Sias.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Per lui la follia è la messa in campo del desiderio e della sua insensatezza o per dire meglio del soggetto umano come soggetto di desiderio e il suo ritrovamento consiste nell’esperienza psicanalitica, a partire da Freud, che egli contrappone alle varie forme di controllo sociale di cui le psicoterapie sono l’ultima manifestazione.</span><br />
<a name='more'></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Quanto al desiderio, inutile ripetere che esso è quella spinta interiore che ci caratterizza come esseri umani. Da esso trae forza un fenomeno che la psicanalisi chiama rimozione il quale consiste, in definitiva, nella coercizione, per parti più o meno estese, di quella particolarità che fa di ognuno di noi un essere speciale, unico e irripetibile.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Si capisce che, da questo punto di vista, ogni genuina soggettività possa contenere una quota problematica e conflittuale sia con la propria volontà, sia con i valori stabiliti, con le convenzioni sociali necessarie alla convivenza e che tutto ciò prenda le forme e le direzioni espressive più varie. Il che, comunque lo si voglia considerare, è un problema perché una profonda correlazione fra mondo e singolarità di ogni esistenza è una necessità alla quale non si può sfuggire. Da un lato infatti il grano di follia che è in ciascun essere umano permette di non essere confusi fra l’infinito numero di altri che corrono sulla superficie della terra e del tempo, dall’altra la ragione, che pure ha una sua “ragion d’essere”, funge da limite alla concezione che ogni essere umano ha delle proprie connessioni con l’universo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Mi pare di poter riassumere la posizione dell’autore a questo riguardo dicendo che, nel nostro tempo, l’essere si illude di poter ottenere forma e significato dall’arbitrio del singolo elevato a legge/diritto nell’ambito di un pensiero egualitario che esige l’uniformità non tollerando le differenze assimilate alle diseguaglianze. Tale medaglia ha però, come sempre, il suo rovescio che nel caso particolare è il limite costituito dall’arbitrio in sé, come volontà del singolo capace di frammentare anche le masse più compatte. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Come dicevo, questo è anche un libro goethiano, nel ricordo di un bel testo di Vittorio Mathieu dedicato al diavolo custode di Goethe, un diavolo che veglia su ognuno di noi per dare a ogni buona azione la punizione che essa merita.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Per Goethe, citato da Mathieu: “chi vuole dar conto dell’assurdo … cerca di offrire un concetto e così fa già qualcosa di ciò che in realtà non è nulla”. Assurdo ossia insensato, ossia folle.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Nella sua tragedia dedicata a Torquato Tasso, Goethe propone un suo rimedio alla follia, non si sa fino a che punto essendo consapevole della sua modernità: egli immagina di correggere il genio come follia indicandone la cura nel giardinaggio.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">La cura psicanalitica come coltivazione allegorica dell’umano nel “mensch”, nell’essere vivente. A essa si contrappongono le buone azioni psicoterapeutiche le quali si propongono di occuparsi dell’assurdo piegandolo alla convenienza del salutismo. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Noi non siamo solo materia vivente dice Sias, perché c’è dell’altro. E se il rimedio non tiene conto di questo, se si limita a vederci come ammassi di cellule sia pure nobili come neuroni, magari anche sofisticati come i neuroni specchio tanto di moda, allora il rimedio, la psicoterapia è la vera malattia. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Egli rivendica così la specificità di una psicanalisi intesa come testo tutto da scrivere ogni volta a partire dal bianco della pagina intatta, oppure come quadro ancora da dipingere entro la cornice vuota che lo psicanalista offre. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Pagina bianca e cornice vuota, solo quelle e nulla più. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Insensatezza che non vuole essere spiegata e piegata a un senso, normalizzata, ma chiede di iscriversi in un quadro simbolico dove prendere senso nell’insieme al quale appartiene e al quale si lega. Le note musicali, scrive Sias e, aggiungo io, i segni del nostro alfabeto, prese singolarmente non vogliono dire nulla poiché volontariamente e obbligatoriamente hanno perso il ricordo delle cose a cui si riferivano. Tuttavia questo nulla di significato è la condizione necessaria perché i segni, musicali, alfabetici o anche matematici possano costituire una trama capace di poter dire praticamente tutto.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Non si tratta dunque di collocare la pratica psicanalitica in una alternativa tra scientifica o sanitaria, ma di saper sostenere il peso dell’ignoto, la sospensione e l’attesa del non sapere, lo spaesamento dell’esilio, dell’essere in un non-luogo che ci estrae/estrania dalla nostra identità, per ricorrere alla bella immagine con la quale Sergio Contardi definisce lo statuto dell’analista (e dell’analisi). </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Qui mi sembra si apra il tema più vasto dell’opera di G. Sias, un tema severiniano, quello della perdita di umanità dell’uomo tecnico moderno sotto il peso di uno scientismo che molti denunciano senza sapere bene come farvi i conti. Questa perdita, nel nostro campo, prende soprattutto la forma dell’adeguamento conformistico dell’essere umano massificato a un modello di normalità statistica. Tale modello è identificato con una salute del cui mantenimento si incarica un’intera categoria di operatori a ciò autorizzati da certificazioni ad hoc secondo i dettami della legge. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Si tratta di una mistificazione, poiché la pretesa di saper comprendere la salute, la vita come equilibrio quasi mistico, complesso, è una pretesa da fanatici che si identificano alla divinità. Per questo la categoria della malattia mentale gode oggi di tanta fortuna. Né vale appellarsi alla sofferenza poiché, dal momento che nessuno dei viventi ne è immune, nessuno é esperto di essa dal momento che lo siamo tutti.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">A questa categoria di esperti della sofferenza del vivere o della vita come malattia, appartengono oggi anche molti psicanalisti ed è contro questa assimilazione della psicanalisi a una pratica salutistica intesa in questo modo che Sias manifesta in modo gagliardo il suo totale dissenso.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Questo dissenso poggia su una riflessione e su un sapere robusti, che si nutrono delle forme, visive e sonore nelle quali si esprimono, nel modo più aristocratico, la presenza e l’attività dell’uomo: la musica, il teatro (le arti visive quindi), la filosofia, la linguistica, le lettere e in esse, prima fra tutte, la poesia.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Non mi sembra utile riprendere nel dettaglio i contenuti del testo al riguardo. L’esposizione di Sias, molto articolata, è percorsa da un motivo di fondo al quale ho già accennato: esiste un contrasto irriducibile tra l’attuale presentazione tecnico-scientista della scienza e la sapienza. Mi piace riassumere questa divergenza in una formula alla quale forse anche Sias potrà consentire: se scienza è il sapere delle cose, sapienza è il sapere del senso, modo laico di concepire il proprio rapporto all’ignoto, al tragico e anche al sacro.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">La psicanalisi può esistere solo come sapienza e come tale non può essere autorizzata ossia non può essere una tecnica scientista autorizzata dall’esterno burocraticamente in nome di parametri medico-legali.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Quanto appena accennato circa il desiderio, permette poi anche di capire la costrizione sociale da sempre esercitata sulla follia. Nella modernità essa si esprime sotto forma di una tassonomia psichiatrica che descrive, cercando di inglobarle per controllarle, quelle manifestazioni più o meno anomale che, dopo Freud, abbiamo appreso a chiamare “formazioni dell’inconscio”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Sias porta esempi clinici e storici di queste situazioni con un accenno particolarmente pertinente all’ultimo di questi tentativi, il DSM che personalmente ritengo solo una delle tante forme in cui un certo imperialismo intellettuale di radice anglosassone cerca di imporre al mondo la propria impronta. In sé la cosa può anche avere una legittimità: i modi possono essere discussi. In ogni caso si tratta di situazioni ormai note, piuttosto banali e sulle quali l’autore non si dilunga neppure troppo. Si tratta comunque di forme di controllo, oggi certamente più sottili e sofisticate di quelle storiche e certamente di impronta ideologica meno brutale ma che utilizzano meccanismi analoghi anche se configurati diversamente. Per esempio lo spostamento della responsabilità del pensiero sulla neurobiologia o sulla genetica, per quanto in apparenza più comprensivo di quanto non fosse il ricorso alla costrizione asilare, resta pur sempre al servizio di un imperativo normativo. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Il nodo problematico resta quindi sempre quello della risposta alla follia. Sul punto l’autore, psicanalista, non si sbilancia troppo e possiamo capirlo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Se da un lato egli è incondizionatamente per la psicanalisi, per l’ascolto umile e attento del discorso del soggetto, dall’altro si guarda bene dall’alludere alla psicanalisi come a una sorta di panacea capace di risolvere tutto, e in primo luogo di trattare la vita come una malattia. Questa idea fuorviante è alla base di un certo discredito di questa disciplina, soprattutto nel mondo anglosassone e in quello che lo prende come suo riferimento.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Occorre anche menzionare il fatto che il controllo sociale oggi beneficia del fascino che emana dalla nuova religione centrata sulla magica parola “scienza”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Non si vuole certo sottovalutare il valore della scienza, cosa seria e affidabile se presa nel suo senso più “laico”, quello sottolineato ad esempio da Antonello Sciacchitano come probabilismo statistico, centrato sulla probabilità statistica e non sull’illusione di un’oggettività assoluta garantita da una metodologia quantitativa, dalla misurabilità applicata al soggetto umano.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Nel campo delle psicoterapie noi vediamo invece il perseguimento di un’oggettività ridotta a quantificazione misurabile, dove la matematica identifica la realtà, la verità e la riuscita di un intervento psicologico in quanto misurabile. In questo senso, terapeuti-controllori appaiono i depositari di un sapere codificato sulla realtà, dunque sulla vita e sulla verità del soggetto. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Contestando questa pretesa, incarnata nei certificati legali che autorizzano queste pratiche “terapeutiche”, Sias ne mostra l’incompatibilità con quelle attività umane che permettono di distinguere l’essere umano come soggetto dal suo substrato organico. Non siamo ammassi di cellule poiché gli ammassi di cellule non scrivono poesie.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Nel secondo dei “Quattro quartetti” (East Coker), alla fine della terza strofa, Thomas Stearns Eliot scrive:</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">“Per arrivare a ciò che non sapete</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">dovete andare per una via </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">che è la via dell’ignoranza”.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Questa è psicanalisi. Spogliarci di quello che crediamo di possedere per arrivare a possederlo veramente. Lo riprende Bion in termini diversi da Freud: “senza desiderio e senza memoria”, e lo ricorda anche Sias quando a pag. VIII dell’Introduzione, afferma che per diventare psicanalista occorre essere come la pagina bianca affinché in essa, chi vuole, possa scrivere il capitolo che lo riguarda.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">E’ tutta la teoria del negativo che, da Hegel in poi, fa della capacità di sostenere l’ignoto la base di ogni conoscenza vera.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Siamo agli antipodi della metodologia neopositivista che applica all’organismo umano quei principi di causalità che sono alla base dell’impostazione eziologica della medicina moderna. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Nel suo splendido commento ai testi poetici di T. S. Eliot, scrive Angelo Tonelli alcune frasi che personalmente ho trovato bellissime oltre che molto appropriate al tema di cui ci stiamo occupando.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Egli dice che il mondo teme le domande capaci di risvegliare il coraggio tremendo di un attimo di abbandono. Il mondo non vuole domande ma vuole risposte convincenti e pretende di saperle dare, di saper dare le giuste risposte per ognuno e per tutti, risposte convincenti che confermino ciascuno nel fermo proposito di restare avvinghiato alla propria convinta sterilità. Quando una nuova identità si annuncia nel corpo di quella antica, ogni apertura al nuovo, ogni risveglio di vita porta con sé un’aura crudele che spinge la vecchia identità a restare aggrappata a quella sua sterilità per non morire. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Qui si pone il nucleo dell’opposizione del mondo alla psicanalisi.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">La posizione di questo libro come fatto politico sta in fondo soprattutto nella sua denuncia di come la psicanalisi o meglio gli psicanalisti, colludano con queste posizioni poiché una psicanalisi che si voglia scientifica poco curandosi di essere sapienziale non può che perdersi. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Esso esprime un’opposizione ferma e una protesta contro uno spirito del tempo tragico perché teso ad annullarci come esseri umani, a ridurci ad ammassi di cellule suscettibili di essere normalizzati da un’adatta risposta burocratico-amministrativa che la deriva tecnico-scientista della scienza si incaricherà di governare.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Ma allora occorre sottolineare che sotto attacco non è solo la psicanalisi ma che essa lo è in quanto parte di un attacco più globale a tutta la soggettività umana, a tutta l’umanità come costituita da soggetti singoli e irripetibili. Il senso politico più autentico di questo libro di Giovanni Sias consiste proprio nel suo essere un appassionato grido di dolore a difesa della propria umanità violata in nome dei diritti. Diritto alla felicità, diritto al successo, diritto all’irresponsabilità di un regime di pensiero paternalistico che presentandosi con la pretesa irreale di volere e potere dispensarci dal carico della nostra esistenza invade in modo sempre più soffocante la vita di ognuno per impossessarsene e portargliela via. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">In realtà non è mai esistito un Eden e non esisterà mai per quanto possiamo sforzarci di cercarlo e di lasciarci illudere da chi pretende di poterlo raggiungere per e con noi. C’è la nostra vita reale, dice Sias, una vita con il suo male che non è malattia ma che può diventarlo se l’imperativo è quello di essere felici a ogni costo, del godere come dovere ultimo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Milano, 15 Ottobre 2016.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;"> <span style="color: #0b5394;">Ho citato testi di</span>:</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Chiara Matteini: I “Canti orfici”. Autobiografia ai bordi del silenzio. In “L’autobiografia psicotica” (a cura di Maurizio Balsamo), Franco Angeli editore.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130; font-size: large;">Angelo Tonelli in “La terra desolata” e “Quattro quartetti” di T. S. Eliot, (Feltrinelli 2015).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #4c1130;"> </span></div>
<div>
<br /></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-59689435593497247792016-11-21T03:02:00.000-08:002016-11-21T03:31:31.263-08:00LEZIONI ELEMENTARI. Monologo in versi di Roberto Mussapi<div style="text-align: center;">
<span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;">Segnaliamo la presentazione, giovedì 24 nov., del monologo in versi di Roberto Mussapi, <i>Lezioni elementari</i> (ed. Stampa 2009) </span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;">alla Casa della poesia di Milano (via Fomentini 10, ore 19.30). </span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;">Oltre la voce recitante di <b>Roberto Mussapi</b> intervengono </span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif; font-size: large;"><b>Maurizio Cucchi</b>, <b>Milo De Angelis,</b> <b>Amos Mattio</b>. </span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjYGW2gWDAMuVA8UjQ4TYZruHE6n2FyBGMSvk9mxt-lR9dUZTnpWFIexGzhxPU8pfKTmm9oiLLLG-sRUS5L80wG6QAznsfDNiWAwHkZXW1wnEuVF12VMGGvpzj2OciOX0OuN5vtYCYEQf4/s1600/Lezioni+elementari.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjYGW2gWDAMuVA8UjQ4TYZruHE6n2FyBGMSvk9mxt-lR9dUZTnpWFIexGzhxPU8pfKTmm9oiLLLG-sRUS5L80wG6QAznsfDNiWAwHkZXW1wnEuVF12VMGGvpzj2OciOX0OuN5vtYCYEQf4/s400/Lezioni+elementari.png" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14px;"> </span><span style="font-family: "arial"; font-size: small;"> </span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<h3>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">“Forse tu riconosci qualcuno che hai visto da piccolo</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">così come a volte vedi l’invisibile:</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">è impossibile nel mondo del tempo che scorre,</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">il tempo della storia e della strada percorsa.</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">Ma il bambino non è ancora nel tempo</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: small;"> legato dal suo cordone al buio che germina,</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">il bambino non è ancora nato del tutto, è nascente.</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">Lo riconoscerai perché sarà la sua anima</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">allora così visibile e lampante</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">a perdurare, nonostante il tempo.</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">La strada che ognuno percorre allontana e addensa</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">attorno a ognuno l’aura dell’anima</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">facendola individuale, incorporata al nome.</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">I passi che marciavano insieme, i piccoli passi</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">ora sono più lunghi e gli occhi vedono</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">là, oltre l’orizzonte, un’ombra.</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">Le strade divergono, l’anima regge</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">e tiene unito ciò che il tempo divise</span></span></div>
<div style="font-family: arial; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="-webkit-font-kerning: none;"><span style="font-size: small;">per fare storia, fare solitudine". </span></span></div>
<div style="font-family: Arial; font-size: 14px; font-weight: normal; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<br /></div>
<div style="font-family: Arial; font-size: 14px; font-weight: normal; line-height: normal; margin-bottom: 4px;">
<span style="font-kerning: none;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4DdVjmhAGwAIuvki-3uSOmBpMAgJ1rnASBqstvLb5x9dlE7Jr-xVmFOAZ88MEmT1Iu3p5jS8a1gNQnqPTgjRYWTNNEwTLq_nyVHYlDb_PEnH1_0ByZxLv41bSbFxk0zUjv3Uu027gQT0/s1600/Mussapi.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4DdVjmhAGwAIuvki-3uSOmBpMAgJ1rnASBqstvLb5x9dlE7Jr-xVmFOAZ88MEmT1Iu3p5jS8a1gNQnqPTgjRYWTNNEwTLq_nyVHYlDb_PEnH1_0ByZxLv41bSbFxk0zUjv3Uu027gQT0/s320/Mussapi.png" width="241" /></a></div>
<span style="font-weight: normal;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "arial"; text-align: justify;">Lezioni elementari</span><span style="font-family: "arial"; text-align: justify;"> è un monologo teatrale, in versi, scritto anni fa. Lo
interpretai a Cuneo, in un circolo culturale, vicinissimo alla Scuola
Elementare Soleri, dove vissi la mia avventura con il Maestro e i miei
compagni. Dopo qualche anno lo pubblicai presso l’editore Stampa 2009, nella
collana diretta da Maurizio Cucchi. Ho subito immaginato Lezioni Elementari per
la scena teatrale. </span><span style="font-family: "arial"; text-align: justify;">Se dovessi scegliere una sola frase per definire il
senso di questo mio poema per teatro, citerei il poeta Emilio Zucchi: “Una
strana e felice fusione tra il tuo </span><span style="font-family: "arial"; text-align: justify;"> Il Cimitero dei Partigiani </span><span style="font-family: "arial"; text-align: justify;"> e
</span><span style="font-family: "arial"; text-align: justify;">La classe morta</span><span style="font-family: "arial"; text-align: justify;"> di Kantor.”</span></span><span style="font-family: "arial"; font-size: 14pt; text-align: justify;"> </span></span><br />
<span style="font-size: 14pt; font-weight: normal; text-align: justify;">ROBERTO MUSSAPI</span><b style="font-size: 14pt; text-align: justify;"> </b><br />
<b style="font-size: 14pt; text-align: justify;"><br /></b></div>
</h3>
</div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: large;">Cher Roberto, mon ami Alain Madeleine-Perdrillat a déjà
terminé la traduction de ce grand poème, je l'ai dans mon ordinateur et je la
trouve très belle, autant que fidèle. Destinée à paraître dans une revue très
respectée, "Conférence", ce sera un événement majeur dans la
réception de votre oeuvre en France. Bien à vous... </span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;"><b>YVES BONNEFOY </b><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;"><span style="font-size: large;">“Un monologo, questo di Roberto Mussapi, che è soprattutto
il racconto sensibilissimo e ricco di figure e quotidiani eventi di un
tempo remoto, quello dell'infanzia e della scuola, nel quale ognuno potrà
godere della felicità di ritrovarsi, di ritrovare il sentimento vivo di un
passato, il proprio, nei suoi tratti più impressi nella memoria. Ecco allora I
nomi e i volti dei compagni di scuola, i temi in classe e le partite, la saggia
regia educativa del maestro, al quale il poemetto è dedicato: un personaggio
centrale nella crescita dell'io narrante, il cui felice consenso diverrà un
solido modello di riferimento. Mussapi lavora su un doppio registro, e cioè
quello orizzontale, narrativo-prosastico del vero e proprio racconto, e
quello verticale, lirico-meditativo, eppure a sua volta descrittivo e concretissimo,
dei corsivi sull'Universo e il suo aperto formarsi. Un microcosmo dentro
la vastità del cosmo, un proiettarsi dell'uno nell'altro nel tempo non-tempo
dell'umana memoria.” </span></span><br />
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;"><b style="font-size: 14pt;">MAURIZIO CUCCHI </b><span style="font-size: medium;"> (dalla </span><i style="font-size: 14pt;">P</i><i style="font-size: 14pt;">refazione</i><span style="font-size: medium;"> al volume in </span><i style="font-size: 14pt;">I quaderni della Collana</i><span style="font-size: medium;">)<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">“Il maestro Minardi ha aperto una strada e ha indicato la
rotta da seguire, ha puntato il dito nella direzione di ciò che sarà il destino
di Roberto Mussapi, la poesia. <i>L’avventura della poesia</i>, dedicato a
Gabriele Minardi, un libro emblematico in cui il poeta racconta la
propria formazione, le scoperte, le passioni e il definirsi della sua impresa:
quell’avventura fu coltivata, propiziata, favorita, sui banchi di scuola, il
Maestro aiutò il bambino a trovare la sua strada perigliosa, con le sue letture
dei grandi scrittori contemporanei e la sua continua esortazione a cercare
nella vita dei valori che la trascendessero, in forma e con strumenti umani. <i>Lezioni
elementari</i> è quindi un monologo in versi, un genere che Mussapi ha
praticamente reinventato nella letteratura italiana e che ha creato una
spontanea scuola poetica e una tendenza creativa di questi anni, e in quanto
tale avrà realizzazioni sceniche teatrali.” </span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;"><b>FABRIZIO PAGNI<span style="mso-spacerun: yes;"> </span></b><span style="mso-bidi-font-weight: bold;">(dalla
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Presentazione</i>)</span><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">“Racchiuso all’interno della rievocazione del passato, a sua
volta favorita dalla contemplazione di una vecchia fotografia, si
nasconde infatti un poemetto nel poemetto, squarci di quella cosmogonia
scolastica che spontaneamente riaffiora perché tornare all'infanzia
significa confrontarsi di nuovo, e sempre, con la penombra arcana del
principio.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">«Il bambino non è ancora nato del tutto, è nascente», scrive
Mussapi fissando l'orizzonte di questo e di tanti altri suoi componimenti
(anche il capolavoro <i>Gita meridiana</i>, in fondo, è la cronaca di un
cominciamento impossibile, eppure immanente e reale)”.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;"><b>ALESSANDRO ZACCURI (</b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="mso-bidi-font-weight: bold;">Avvenire</span></i><b>, </b><span style="mso-bidi-font-weight: bold;">17 gennaio 2016)</span><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">“Ecco rivivere letteralmente da una fotografia di gruppo, un
mondo: la storia di una classe elementare degli anni sessanta; si srotola nelle
pagine il momento dell’apprendistato iniziale che è apprendimento oltre che
intellettuale anche fisico (…) Ed è toccante entrare nel vasto pronunciamento
di questo poema, dove in fotogrammi essenziali eccoli assorti nella luce
iniziale dell’ascolto, Dutto, Odasso, i gemelli Chirilli, Sigismondi, Tallone,
seguire il maestro nelle letture di Hemingway, Montale, Ungaretti, Sbarbaro e
poi misurarsi nella lotta libera perché occorre coltivare il corpo non solo lo
spirito. Minardi sembra pensare come gli antichi che non distinguevano tra pensiero
e pratica ma avverte: “Se qualcuno batte la testa e sanguina io perdo il suo
posto…”. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;"><b>GUIDO MONTI (</b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="mso-bidi-font-weight: bold;">In Poesia, di Luigia Sorrentino. Il primo
blog di poesia della Rai, December 19, 2015).</span></i><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">“Un amore che comprende la dimensione della perpetua formazione:
sarà, d'altra parte, un caso che, lo scorso anno, Mussapi abbia pubblicato uno
stupendo e moralmente nobile poemetto incentrato sulla grandezza didattica e
umana del proprio compianto maestro elementare, Lezioni elementari - Monologo
sul maestro Gabriele Minardi”. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;"><b>EMILIO ZUCCHI </b>(<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="mso-bidi-font-weight: bold;">La Gazzetta di Parma)</span></i><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">“Il monologo Lezioni elementari è dedicato a Gabriele
Minardi, il suo maestro delle scuole primarie, ex partigiano, che insegnava
autori contemporanei: Sbarbaro, Montale, Ungaretti, Fenoglio, Hemingway.
Un insolito Maestro di vita e cultura, sicuro modello di riferimento, che lo
incoraggiò a scrivere con nota di merito per lo svolgimento di un tema. Il
poemetto procede per riscoperte di volti e nomi dei compagni, appannati o
dimenticati dopo mezzo secolo, grazie a una vecchia fotografia della classe, e
per cronache di eventi quotidiani dell’infanzia quali i tornei di lotta libera
e le partite di calcio, che il maestro costringeva a giocare fino allo
sfinimento, ma sempre con lealtà, per farli divenire piccoli uomini, pronti a
seguire gli ideali di giustizia, libertà e coraggio. A intervalli, tra un
ricordo e l’altro, trovano spazio momenti lirici di intensa meditazione,
folgorazioni sul senso e l’origine dell’Universo.” </span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;"><b>FRANCO MANZONI </b><span style="mso-bidi-font-weight: bold;">(<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il
Corriere della sera</i>)</span><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<br /></div>
<div style="font-family: Arial; line-height: normal;">
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<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;">Attraverso la poesia di Mussapi, un suo giovanissimo allievo
con grembiule e calzoni corti, Gabriele Minardi esce dalla dimensione storica
(benché tanti possano ancora dire di "averlo conosciuto di persona")
per entrare in una dimensione mitica. Diventa così l'archetipo del maestro, un
personaggio mitico, ponendosi, rispetto alla scuola elementare, come Ettore
Fieramosca rispetto alla "cavalleria": un eroe fuori dal tempo. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; tab-stops: 28.0pt 56.0pt 84.0pt 112.0pt 140.0pt 168.0pt 196.0pt 224.0pt 252.0pt 280.0pt 308.0pt 336.0pt; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.0pt;"><b>AMOS MATTIO </b><o:p></o:p></span></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-91186892133205508832016-10-05T12:45:00.005-07:002016-10-05T13:13:13.624-07:00IL CINEMA DI OZU. Due incontri a partire dal suo film "Viaggio a Tokio"<div style="text-align: center;">
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #990000;"><span style="font-size: large;">Segnaliamo l'iniziativa che si tiene presso la Biblioteca Crescenzago (Milano, Viale Don Orione 19) relativa all'opera del regista Ozu e in particolare al suo film "</span><span style="font-size: large;">Viaggio a Tokio</span><span style="font-size: large;">". </span></span><br />
<span style="color: #990000;"><span style="font-size: large;">I due incontri, ideati da Davide Bersan </span><span style="font-size: medium;">(<a href="http://ascoltoenarrazione.blog.tiscali.it/">http://ascoltoenarrazione.blog.tiscali.it</a>)</span></span><br />
<span style="color: #990000;"><span style="font-size: large;"> </span><span style="font-size: large;">si tengono venerdì 14 e 28 ottobre alle ore 20.30. </span></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #990000;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span></div>
</div>
<div style="text-align: center;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgU6WIfWl1sV8_BuCyeHp4PWV6GZvqdoPRmYuqW__uKCcJxKrjlN4MBChCGjSBDFrLU6nmEDS1EHd0hGmxuhKTgt_a6gDj9g-wC3hIZQifk-iELJPew2iyCe2FC0woWfzSfnBSWHN-I-Qo/s1600/Ozu+1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgU6WIfWl1sV8_BuCyeHp4PWV6GZvqdoPRmYuqW__uKCcJxKrjlN4MBChCGjSBDFrLU6nmEDS1EHd0hGmxuhKTgt_a6gDj9g-wC3hIZQifk-iELJPew2iyCe2FC0woWfzSfnBSWHN-I-Qo/s400/Ozu+1.jpg" width="217" /></a></div>
<span style="font-family: "calibri"; font-size: large;">Note di DAVIDE BERSAN </span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "calibri"; font-size: medium;">su </span><b style="font-family: calibri;"><i><span style="font-size: medium;">Viaggio a Tokio</span></i> </b></span><br />
<b style="font-family: calibri;"><br /></b></div>
<div style="margin-bottom: 10px; text-align: justify;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">Nell'itinerario che abbiamo percorso attraverso le</span><span style="font-family: "calibri";"> opere di Yashuijiro Ozu a partire da maggio 2015 (siamo già al quarto ciclo di incontri) non poteva mancare </span><b style="font-family: calibri;">Viaggio a Tokio </b><span style="font-family: "calibri";">ritenuto anche dalla critica occidentale non solo una delle sue opere migliori ma anche una pietra miliare della storia del cinema mondiale. Date queste premesse credo sia opportuno spogliarsi per quanto possibile di pregiudizi e aspettative per lasciarsi condurre nella visione del film dal ritmo lento della narrazione e dalla bellezza delle immagini che il recente restauro ci ha restituito. Si rischierebbe di rimanere delusi rimanendo attaccati a dei criteri troppo "occidentali" che privilegiano la storia o dei messaggi che essa deve veicolare.</span></span><br />
<div style="font-family: calibri;">
<span style="color: #134f5c;"><span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;"></span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; font-family: calibri; text-align: center;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1PQGcAejCAXlOWB1TtuyuO-XYk5GCao9iwoC5GkRDvGeqwMo0KPFLy95z7FOWkDR9uvx524DjrExieH5Il0Uz-c34gbFSUeHJq_CmMz1b08qSgCvGkjFlkpHRKimyL6uM_JyrW7RzRr8/s1600/Ozu+2.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1PQGcAejCAXlOWB1TtuyuO-XYk5GCao9iwoC5GkRDvGeqwMo0KPFLy95z7FOWkDR9uvx524DjrExieH5Il0Uz-c34gbFSUeHJq_CmMz1b08qSgCvGkjFlkpHRKimyL6uM_JyrW7RzRr8/s640/Ozu+2.jpg" width="321" /></a></span></div>
<div style="font-family: calibri;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"> Se proprio dobbiamo cercare un messaggio all'interno del racconto filmico potrebbe essere sintetizzato nel proverbio citato almeno due volte nell’ultima parte e che impensierisce il terzo figlio Keizo "A che serve fare il letto al morto?" e che in altre parole può essere espresso "meglio servire i genitori finchè sono vivi" ma evidentemente sarebbe troppo riduttivo ricondurre il film di Ozu a questo unico tema. In effetti <b>Tokio monogatari</b> che andrebbe tradotto "<b>Una storia di Tokio</b>" è un'opera ricca di allusioni e premonizioni, di rimandi e significati che si rivelano a poco a poco, in cui le sequenze si richiamano l'una con l'altra e il tutto forma una trama intessuta finemente i cui fili dopo aver compiuto il loro percorso si ricompongono in un quadro unitario. Non essendoci quadro senza una cornice che lo circonda e lo abbellisce possiamo apprezzare il rigore formale del regista nel fare di ogni sequenza una composizione di immagini quasi completa in sè stessa che pur ponendosi in una continuità l'una rispetto all'altra producono nello spettatore anche l'impressione di "stacco", di una certa discontinuità che però viene subito smussata dalla gentilezza del suo peculiare tratto narrativo.</span></div>
</div>
<div style="text-align: center;">
</div>
<div style="font-family: Calibri; margin-bottom: 10px; text-align: justify;">
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"> L'attenzione al contesto e all'ambiente in cui si muovono e interagiscono i protagonisti ci situa in loro compagnia dandoci la possibilità di assaporare il clima e l'atmosfera che circonda le loro vicende che si snodano attraverso lo scorrere lento del quotidiano. Le piccole storie di ogni giorno con i loro dialoghi semplici e pieni di sottintesi, dove il non detto supera di gran lunga ciò che viene espresso, acquistano un significato corale. Non è il singolo infatti ma la famiglia a essere protagonista e la coscienza sofferente ma serena di Shukichi e Tomi che ci appare come la superfice di un lago di montagna che presenta solo quelle pressochè impercettibili increspature celando ciò che agita le sue profondità, non fa altro che da suo catalizzatore e rappresentante. Le speranze, le trepidazioni, le ansie, le delusioni e i dispiaceri della coppia di anziani fungono da cassa di risonanza di una grave crisi che attraversa l'istituto familiare fino a dissolverlo quasi totalmente. Ozu stesso in un'intervista a proposito di questo film ha parlato effettivamente di "disgregazione" della famiglia giapponese. Ma si sbaglia chi volesse vedervi un atteggiamento improntato al pessimismo e al nichilismo catastrofista riguardo i legami famigliari. Non lo troverà, lo sguardo di Ozu è comunque positivo e accompagna il travaglio di queste persone attraverso un equilibrio che riesce a tenere insieme il distacco dai suoi oggetti e un pathos discreto e sommesso. Mentre vede tramontare un mondo non sa ancora con che cosa esso verrà sostituito e attraverso la posizione estetica tipica di una tradizione che affonda le radici nel buddismo zen conosciuta come <i>mono no aware</i> , sceglie di contemplarne la bellezza nel momento in cui ne vede la fugacità. La precarietà di ciò che è destinato a soccombere come tutte le cose ad un ineluttabile cambiamento (<i>mujo</i>, l'impermanenza) rende tutto ciò ancora più saturo di quel fascino fragile e struggente la cui contemplazione provoca quel sentimento particolare di commozione e nostalgica tristezza. Ma ciò in Ozu trascende la situazione particolare per collocarsi in una dimensione più ampia ed esplorare dimensioni che vanno al cuore dell'umano. Così la famiglia di Shukichi e Tomi diventa paradigma del vivere e del trascorrere dell'esistenza dentro un orizzonte e un'afflato che sconfina nell'universale.</span></div>
<div>
<br /></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-19253673961833835162016-09-13T01:06:00.002-07:002016-09-13T01:48:03.736-07:00 TRAUMA E PERDONO. Francesco Migliorino interviene sul libro di Clara Mucci<div style="font-family: Helvetica; font-size: 12px; min-height: 14px; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"></span><br /></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "helvetica";"><span style="color: #cc0000; font-size: large; letter-spacing: 0px;"><b>L'intervento del giurista Francesco Migliorino </b></span></span></span><br />
<span style="font-size: small;"><span style="color: #cc0000; font-family: "helvetica"; font-size: large;"><b><span style="letter-spacing: 0px;">in </span>occasione<span style="letter-spacing: 0px;"> della presentazione del libro di Clara Mucci, <i>Trauma e perdono. Una prospettiva psicoanalitica intergenerazionale</i>,</span></b></span></span><br />
<span style="font-size: small;"><span style="color: #cc0000; font-family: "helvetica"; font-size: large;"><span style="font-size: large; letter-spacing: 0px;"><b> (Raffaello Cortina Editore, Milano 2014) </b></span></span></span><br />
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "helvetica";"><span style="color: #cc0000; font-size: large; letter-spacing: 0px;"><b>è di grande attualità.</b></span></span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; min-height: 14px; text-align: justify;">
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #ea9999;"><span style="font-size: large;"><span style="letter-spacing: 0px;"><span style="letter-spacing: 0.0px;"></span></span>Il testo, è uscito </span><span style="font-size: large; letter-spacing: 0px;">presso SpiWeb: </span></span><br />
<span style="color: #cc0000;"><span style="color: #ea9999; letter-spacing: 0px;"><a href="http://www.spiweb.it/libri-psicoanalitici/40-libri-psicoanalitici/7314-trauma-e-perdono-una-prospettiva-psicoanalitica-intergenerazionale-2">http://www.spiweb.it/libri-psicoanalitici/40-libri-psicoanalitici/7314-trauma-e-perdono-una-prospettiva-psicoanalitica-intergenerazionale-2</a></span></span></div>
<br /></div>
<div style="font-family: Helvetica; min-height: 14px; text-align: justify;">
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #e06666; font-size: large;"><span style="letter-spacing: 0px;"><span style="letter-spacing: 0.0px;"></span></span>Il titolo:</span><span style="color: #990000; font-size: large;"> </span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #990000; font-size: large; letter-spacing: 0px;"><b>«<i>L’Histoire avec sa grande hache</i>» </b></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #990000; font-size: large; letter-spacing: 0px;">(la Storia con la sua grande ascia)</span></div>
<span style="font-size: large; letter-spacing: 0px;"><br /></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<div style="text-align: center;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">di <b>Francesco Migliorino</b>*</span></span></div>
</div>
<div style="font-family: Helvetica; min-height: 14px; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><span style="letter-spacing: 0.0px;"></span><br /></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><i><span style="font-size: large;">“Je n’ai pas de souvenirs d’enfance”: je posais cette affirmation avec assurance, avec presque une sorte de défi. L’on n’avait pas à m’interroger sur cette question. Elle n’était pas inscrite à mon programme. J’en étais dispensé: un autre histoire, la Grande, l’Histoire avec sa grande hache, avait déjà répondu à ma place: la guerre, les camps... </span></i></span></div>
</div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: right;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"> (G. Perec, <i>W ou le souvenir de l’enfance</i>, Denoël, 1975) </span></span></div>
</div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<br />
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"></span></span></span>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3eWavj8irBJrTwHq4q0N-f6i38MWJ1VNkI_n8uIGhUoyLdg8CyKlih7QD85pM9ePvSvMzAR7byo-tV7QiE0gs91ZwYjM8hj01jTA0neotfBO9rdw-jFngVU4_l1YJ08_3AezkGNvcpb4/s1600/Clara+Mucci.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3eWavj8irBJrTwHq4q0N-f6i38MWJ1VNkI_n8uIGhUoyLdg8CyKlih7QD85pM9ePvSvMzAR7byo-tV7QiE0gs91ZwYjM8hj01jTA0neotfBO9rdw-jFngVU4_l1YJ08_3AezkGNvcpb4/s1600/Clara+Mucci.jpeg" /></a><span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"></span></span></span></div>
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">Vorrei provare a discutere il bel libro di Clara Mucci cominciando a leggerlo dalla fine. Meglio, dalle ultime parole di una citazione di Elie Wiesel: «qualunque sia la domanda, la disperazione non è la risposta» (p. 235). Un’apertura di senso, un ricominciare daccapo, l’incontrario di quel che ci si aspetta dalla conclusione di un libro. </span></span><span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">Una sorta di esergo messo volutamente fuori posto, che dà conto di un doloroso percorso di chi era ancora piccino per ricordare o di chi si sentiva troppo d’impaccio per raccontare. «Trauma» e «perdono» stanno affiancati nel titolo, ma è come se fossero la ‘prima’ e la ‘quarta’ di copertina, in mezzo una miriade di campi che sono al lavoro nel setting analitico, il cui esito non è mai dato per scontato: realtà e fantasia, Io e Tu, interno ed esterno, presente e passato, vittima e persecutore, lutto e depressione, devastazione e riparazione. Ancora con la scrittura aspra di Wiesel: «dall’orlo dell’abisso al sogno della redenzione».</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span></span></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUr80aDIlQwZRO4N2SSGOAyTE7cY0w8f6PHpgf8YDf3C9PPweFTqpa9ZYERsBWUp2JvMuSAcTgNag1AeGJa4IV4hgTrdvLfCa9cx6TzpWcoCA-xT9xNB9S7MGVY_gDMN2RmVoCEbmMX8Q/s1600/Mani+1.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="133" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUr80aDIlQwZRO4N2SSGOAyTE7cY0w8f6PHpgf8YDf3C9PPweFTqpa9ZYERsBWUp2JvMuSAcTgNag1AeGJa4IV4hgTrdvLfCa9cx6TzpWcoCA-xT9xNB9S7MGVY_gDMN2RmVoCEbmMX8Q/s200/Mani+1.jpeg" width="200" /></a></span></span></span></div>
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">Lungo questa via, nella trama narrativa restano impigliate vite offese e storie maledette che mettono a nudo — col loro carico d’infranto — il coinvolgimento emotivo del lettore, anche del lettore profano che fa fatica a orientarsi nella sterminata testualità in cui il nostro libro è venuto alla vita. </span></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiLDiw7kxAKpbden9BCFMGAymuThKXkoOhJZhsLyCbSHw7hB1XA-hFFGPluYW3PhTWhHhy11hoGry9Sw4mg-bD3FblGZpf5O3q85mQ4AVWLV0iP4P_3bmbHhyphenhyphensdY1h6pAzYOnDLECkmcY/s1600/Mani+3.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="112" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiLDiw7kxAKpbden9BCFMGAymuThKXkoOhJZhsLyCbSHw7hB1XA-hFFGPluYW3PhTWhHhy11hoGry9Sw4mg-bD3FblGZpf5O3q85mQ4AVWLV0iP4P_3bmbHhyphenhyphensdY1h6pAzYOnDLECkmcY/s200/Mani+3.jpeg" width="200" /></a></span></span></div>
</div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>C’è una ragione di ciò. L’Autrice ha una grande capacità di mettersi in dialogo col lettore e anche con se stessa. È evidente, ad ogni pagina. Per dirla con Wayne Booth, geniale teorico della narrazione, nel nostro caso l’autore implicito e il lettore implicito (creature etico-ideali dell’autore) raggiungono un accordo così pieno e completo da connotare la ‘letterarietà’ dell’opera. Il giudizio sul libro, perciò, è inseparabile dall’empatia che riesce a costruire con chi lo legge. Come per i testi narrativi, anche qui siamo portati «ad ammirare o detestare, amare o odiare» (1). Storie di ordinaria miseria che tracciano il perimetro stesso dell’umano: quella del bambino che «rende l’anima» per sopravvivere alla morte, o del piccolo Patrick che se ne sta seduto sul bastone della tenda per svanire dietro la pelle del geco, o del giovane James che abbandona il suo corpo galleggiando fino al soffitto per farsi una ragione di una cosa sbagliata (così la chiama!). Storie simili, fin troppo simili, all’universo psicotico dei campi, al «<i>Warum</i>?» di Primo Levi, al silenzio dei «salvati», col loro fardello di sofferenze psichiche che trapassano e prendono vigore da una generazione all’altra. Nelle pagine del libro, parole come «Umano», «Etica», «Relazione», «Empatia», «Memoria» sono fra quelle col maggior numero di occorrenze. A partire da queste parole, proverò a raccontare la mia personale esperienza di lettore.</span></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKF90jwjvd1DXzMoCqj6t-Ng92FGp8XwJlRIfOIiN-lCFZnmDYLFq10OZAYhuvQ0RCpRMdSRX2u43h-Sf9HtmAqJ_8iIA8ROmXSmU6_mwUKnWVB4a4rulDS5DyUNmamubA1eq2j3Z3Zks/s1600/mani+4.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKF90jwjvd1DXzMoCqj6t-Ng92FGp8XwJlRIfOIiN-lCFZnmDYLFq10OZAYhuvQ0RCpRMdSRX2u43h-Sf9HtmAqJ_8iIA8ROmXSmU6_mwUKnWVB4a4rulDS5DyUNmamubA1eq2j3Z3Zks/s1600/mani+4.jpeg" /></a></span></span></div>
</div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Questo libro ha un’anima. Un nucleo duro che ne sostiene l’impianto teoretico e l’ispirazione etica, l’ermeneutica e le strategie cliniche. Da qui forse bisogna partire, dalla «realtà del trauma» che Clara Mucci assume come chiave euristica fondamentale. Per questa via, presente e passato, individuo e società, realtà e rappresentazione, natura e cultura non sono coppie oppositive, danno vita piuttosto a universi di significato fra loro interconnessi, in cui uno dei due poli passa nell’altro e viceversa. Dialetticamente, nel senso genuinamente hegeliano. </span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Il trauma come lettura della contemporaneità. Leggiamo in proposito alcuni passaggi del nostro libro. Per Caty Caruth, alle radici del trauma c’è la Storia, con la maiuscola (2): «in una età catastrofica, il trauma stesso può offrire il trait d’union tra le culture», al punto da far dire alla nostra Autrice che «nel trauma perpetrato da mano umana, ciò che è umano definisce anche l’inumano» (Mucci: p. 6). </span></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdTfCYWDAS_5myN5SLE_Iu7yUait6uv0nP2jTcSN-JvZhrweSMWTTVoxsTyyBb12cpA4JuCFORS2maM58Vn52e3qa_RgshGMwG_eC0wmHwD3GGF7amVbK89Ddms-9lrOVpoG6lvUeVyek/s1600/mani+5.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="112" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdTfCYWDAS_5myN5SLE_Iu7yUait6uv0nP2jTcSN-JvZhrweSMWTTVoxsTyyBb12cpA4JuCFORS2maM58Vn52e3qa_RgshGMwG_eC0wmHwD3GGF7amVbK89Ddms-9lrOVpoG6lvUeVyek/s200/mani+5.jpeg" width="200" /></a></span></span></div>
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"> E ancora: «dopo l’esperienza dei traumi reali con cui il Novecento si è dovuto misurare (guerre, eccidi, catastrofi, stermini, pulizie etniche, torture) […] una riformulazione del trauma sia psicoanaliticamente sia eticamente è diventata necessaria […] la verità dell’esperienza traumatica non è una patologia legata alla falsità o allo spostamento del significato, ma alla storia stessa» (p. 49). Con le stesse parole di Werner Bohleber, «con le esperienze estreme vissute e sofferte dagli uomini del XX secolo, il trauma si è trasformato in cifra interpretativa: non solo la psicoanalisi, ma anche le scienze umane hanno sperimentato la necessità di recuperare la ricerca e la comprensione in quest’ambito». È del tutto condivisibile, perciò, che Clara Mucci assuma la Shoah come radicale «cesura storica ed epistemologica» (p. 71).</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLnnyO_-AxkE56q9SXjbptazgxmD__C-HcuvKQ122zYgIkXhcdywcJuJx-4BU8x84MLvKzc9Yv4zAGa3NuB2a47ih3-Jn6DBLgFvKfsJm8CIdpuojVEzjnrmnlyKwe8DZ5t9cwjtSr9hk/s1600/Mani+2.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="149" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLnnyO_-AxkE56q9SXjbptazgxmD__C-HcuvKQ122zYgIkXhcdywcJuJx-4BU8x84MLvKzc9Yv4zAGa3NuB2a47ih3-Jn6DBLgFvKfsJm8CIdpuojVEzjnrmnlyKwe8DZ5t9cwjtSr9hk/s200/Mani+2.jpeg" width="200" /></a></div>
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>È pur vero, però, che l’universo traumatico — coi suoi effetti di disregolazione affettiva, obliterazione del reale, dissociazione del Sé, disturbo di personalità, incorporazione fantasmatica dell’aggressore — ha tante scale di grigio. Dall’attaccamento disorganizzato e insicuro madre-bambino ai maltrattamenti, dall’abuso sessuale all’incesto, dal trauma cumulativo fino a quello sociale massivo. Nei casi più gravi, traumi perpetrati da mano umana producono, col tempo e da una generazione all’altra, comportamenti autodistruttivi e distruttivi delle relazioni interpersonali, deficit immunitari, stati di iperarousal e ripetuti mortiferi kindling. Emozioni troppo forti che sfuggono al controllo della coscienza — in ogni evento, grave o meno che sia — sono il risultato di una sorta di disconnessione tra la zona corticale orbito frontale e il sistema limbico di destra, specialmente l’amigdala e l’ippocampo.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Aggiungerei anche che ben prima del Novecento gli umani hanno vissuto «esperienze estreme» — come le chiama Bohleber — di indicibile crudeltà e ferocia. Ogni volta, per tantissime volte, nello spazio liminale tra umano e inumano. A volerle mettere in elenco, un lunghissimo elenco, lasceremmo fuori quelle storie che — come le carte dell’Impero di Borges — si sono disperse lacere sotto l’inclemenza del sole e degli inverni (3). Eppure, non usiamo il termine «trauma» per descrivere lo squartamento dei condannati a morte, o le grida lancinanti dei supplizi, o i roghi degli eretici, né proviamo una particolare empatia per gli Alemanni trucidati e annientati dai Franchi. C’è una ragione, forse. Il trauma, come evento «reale», vive come tale in un campo che lo significhi. Per essere indagato come fenomeno, non solo individuale, ma soprattutto sociale e culturale, non si può prescindere dalla sua contestualizzazione storica.</span></span><br />
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"></span></span><br />
<a name='more'></a><span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Tante gradazioni e tempi storici diversi, dunque. La Shoah, però, come paradigmatico punto di non ritorno. «Là dove davanti a noi appare una catena di avvenimenti», l’Angelus Novus della Storia «vede un’unica catastrofe, che ammassa incessantemente macerie su macerie e le scaraventa ai suoi piedi» (4). Mai prima di allora, però, era stato progettato e realizzato un sistema burocratico-industriale così altamente produttivo per la devastazione dell’idea stessa di umanità. Una sospensione del tempo, «l’abolizione di ogni principio di causalità», la riduzione di milioni di uomini a esseri inanimati, «senza rimorso e senza empatia», privati della vita ancor prima di morire. Una fabbrica di morte che raggiunse il massimo di efficienza in un mirabile (e macabro) accordo tra mezzi e fini, come neppure Max Weber sarebbe stato in grado di immaginare. La distruttività umana esiste da sempre, ma è solo nei campi nazisti che la tecnica ha raggiunto mete così alte, al punto da produrre una ‘macchina astratta’ autopoietica capace di trasformare la quantità in qualità. </span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Una fabbrica appunto. Se, però, come osserva l’Autrice, «i compiti dell’intera macchina erano stati divisi così microscopicamente in modo che nessun singolo individuo nazista che contribuiva all’intera costruzione fosse del tutto consapevole delle totali conseguenze del suo contributo» (p. 63), si potrebbe aggiungere che tutto ciò è stato possibile anche grazie ai collaudati processi di produzione che si erano avviati dalla fine del secolo XIX con l’impiego sempre più esteso delle conoscenze scientifiche e delle tecnologie industriali. In particolare, una nuovissima forma di dominio aveva visto la luce in virtù della divisione tecnica del lavoro che, parcellizzando la manifattura in sequenze, ha di fatto espropriato l’operaio di fabbrica dall’antica sapienza del lavoro domestico, mettendolo all’oscuro di una visione d’insieme del processo produttivo (5). </span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Si potrebbe, allora, dire con Slavoj Žižek (citato da Clara Mucci) che il trauma è il nòcciolo della società moderna: «ciò che ritorna come nucleo traumatico in tutti i sistemi sociali» (p. 5). Tanto più, per quello straordinario laboratorio della Modernità che è stato la Grande Guerra.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Con la guerra industriale l’artificio fa irruzione nella storia umana. Di più, è l’artificio stesso a farsi natura, lasciando per la prima volta nelle menti di migliaia e migliaia di fanti contadini i segni della dura vita di trincea e di una asfissiante angoscia dell’attesa. Un nemico invisibile non antropomorfo, tutto acciaio e gas asfissianti accompagna la nascita della sindrome da stress post traumatico. Per tutta la durata del conflitto, le forze produttive, tecnologiche e scientifiche furono impegnate a produrre la morte di massa su base industriale. Per quasi quattro anni è come se il tempo si fosse sospeso. Con le parole di Rainer Maria Rilke, «il passato rimane indietro, il futuro esita, il presente poggia sul nulla» (6). Stava davvero nascendo il Novecento, con i sinistri presagi di nuove violenze e nuove sventure.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Nessuno meglio di Walter Benjamin ha saputo farci rivivere questo doloroso crocevia del trauma e della sua storia: «Con la guerra mondiale cominciò a manifestarsi un processo che da allora non si è più arrestato. Non si era visto, alla fine della guerra, che la gente tornava dal fronte ammutolita, non più ricca, ma più povera di esperienza comunicabile? Una generazione che era andata a scuola col tram a cavalli, si trovava, sotto il cielo aperto, in un paesaggio in cui nulla era rimasto immutato fuorché le nuvole, e sotto di esse, in un campo magnetico di correnti ed esplosioni micidiali, il minuto e fragile corpo dell’uomo» (7).</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>È il momento di riprendere in mano la citazione che ho ricordato prima: «ciò che è umano definisce anche l’inumano». Si tratta di un enunciato i cui sintagmi nominali si scambiano continuamente di posto, generando — per tutto il libro — la riscrittura di «trauma» nell’incrocio tra psicoanalisi interpersonale e neurobiologia dell’attaccamento, antropologia culturale e filosofia della mente.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Per Judith Butler, gli uomini sono «corpi socialmente costituiti», e «fragilmente uniti agli altri», così solidalmente da essere sempre a rischio di perderli (gli altri), o di subirne l’offesa e la violenza. «Vite precarie» è il titolo del libro in cui l’antropologa americana individua la costituzione dell’umano nelle sue radici interpersonali e nel sofferto lavoro del lutto e della perdita. Un avvincente itinerario di ricerca che, non a caso, incrocia le pagine dedicate da Mucci alla «persistenza dell’umano» e alla «ricostruzione del legame interno tra Sé e l’altro» (Mucci: p. 194 s.). </span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Un’aperta, radicale presa di distanza dal soggettivismo e dal coscienzialismo che non può non trovare d’accordo chi fa il mestiere di storico. La metafora dell’interno e dell’esterno ha connotato per secoli il discorso della modernità, offrendo alla visione del soggetto uno spazio per rivendicare la piena sovranità su quanto si costituisce come altro da sé. Fra quanti si sono contrapposti a tale tradizione, vorrei ricordare almeno John Dewey, che nel 1925 dedicava memorabili pagine all’ambiguità del paesaggio interiore che da Cartesio in poi ha reso possibile «il dualismo tra l’io e il mondo delle cose e delle persone» (8).</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Se, com’è vero, la formazione della mente ha radici relazionali, il processo di individuazione è sincronico al processo di socializzazione. Significato, Sé e Mente, anzi, precipitano simultaneamente, dando forma nell’ontogenesi di ogni singolo individuo a un irripetibile intreccio di natura e cultura, genetica e ambiente. </span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>La vita della nostra mente è segnata da un processo di accrescimento attraverso cui si stabiliscono e si espandono i contatti sinaptici che collegano i neuroni e si rivestono di mielina i loro assoni. Eventi questi che, nel periodo post-natale, fanno crescere il nostro cervello di ben quattro volte, per dimensione e peso. Il processo di plasmazione e riplasmazione delle connessioni sinaptiche dura praticamente tutta la vita (9). Seguendo le acquisizioni più recenti della neurobiologia, per Clara Mucci «la mente si forma nell’ambito delle interazioni fra processi neurofisiologici interni ed esperienze interpersonali e i collegamenti umani plasmano lo sviluppo delle connessioni nervose che sono alla base dell’attività del cervello» (Mucci, p. 24). </span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Dall’ontogenesi alla filogenesi, la neotenia insieme con l’ingrossamento di diencefalo e telencefalo ha fatto sì che il sistema nervoso centrale dell’homo sapiens si sia formato in gran parte per l’interazione tra natura e cultura. Per Clifford Geertz «ciò che distingue [l’uomo] più vistosamente dai non-uomini è la quantità e la varietà di cose che deve imparare prima di poter funzionare», sicché «la cultura, invece di essere aggiunta, per così dire, ad un animale ormai completo, fu un ingrediente, e il più importante, nella produzione di questo stesso animale» (10).</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Sta di fatto, comunque, che in conseguenza dell’immaturità del nostro cervello e della necessità che il corpo e la mente si sviluppino ancora per lungo tempo dopo la nascita, il cucciolo dell’uomo è oggetto di cure e attenzioni genitoriali per un tempo incomparabilmente maggiore a quello dedicato agli infanti di altre specie animali. Si può ben capire allora che l’attaccamento madre-bambino sia costitutivo dell’umano e alla base di ogni forma di legame instaurato nella vita adulta. Le esperienze precoci plasmano infatti la struttura e le funzioni del cervello, influenzando la modalità con cui i geni vengono espressi (Mucci, p. 26). Prendendo a prestito le parole di Mark Solms, si potrebbe dire che la corteccia frontale ventromediale è addirittura una «madre protettiva internalizzata» (11).</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">L’integrazione dei modelli psicologici e biologici di sviluppo umano richiederebbe, tuttavia, la contestualizzazione dei processi culturali implicati nella relazione madre-bambino. Come fa rilevare Barbara Rogoff, l’idea che tale relazione «osservata nelle famiglie occidentali, rappresenti uno standard universale, è stata messa in discussione da una serie di osservazioni sul trattamento dei bambini in altre comunità». Essere madre in una favela brasiliana, ad esempio, significa imparare a capire quando bisogna «lasciare andare» il bambino che non potrà sopravvivere agli stenti e alla fame. Come quella donna che raccontò a Nancy Scheper-Hughes che due dei suoi figli «non le avevano dato problemi» a morire, semplicemente «avevano roteato gli occhi indietro, restando così immobili e silenziosi» (12).</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Alla ricerca dell’umano, il trauma dunque come «malattia della plasticità neuronale» (Mucci, p. 40), come evento che mina alle sue fondamenta la diade empatica primaria e ogni altra forma di relazione. Una «terra di nessuno», sul bordo tagliente del precipizio verso il vuoto e il silenzio del sapere-non sapere. A margine, qualche considerazione sui traumi massivi e sulla sconsolante assuefazione alla ‘messa in scena’ di traumi e violenze. </span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Un paio di volte il libro incrocia la ‘questione animale’ a proposito della coppia oppositiva Umano/Inumano. Si fa notare ad esempio, con Judith Herman, che «gli animali non vanno in guerra né torturano i loro simili, né li segregano in campi di sterminio» (Mucci, p. 195), eppure si fa fatica a qualificare azioni così ripugnanti come tratti squisitamente umani. Fa capolino qui quel «ciclo maledetto», come l’ha definito Levy- Strauss, che è servito «a escludere dagli uomini altri uomini e a costruire un umanesimo riservato a minoranze sempre più ristrette». La disumanizzazione dell’altro spesso passa attraverso la sua animalizzazione, ma questa a sua volta è possibile in quanto si sia operata una preliminare bestializzazione del mondo animale, con le armi del dominio e della reificazione (13). Con le parole di Edgar Morin, «l’asservissement du monde animal a créé les modèles de l’asservissement de l’homme par l’homme» (14).</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Non ci stupisce allora che nel vocabolario delle corti di giustizia internazionale e nelle testimonianze delle vittime di stupri e torture la coppia Human/Inhuman venga definita ricorrendo allo spazio liminale tra l’umano e l’animale. Sulla semantica di <i>inhuman</i> <i>treatment</i>, la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso Irlanda contro Regno Unito, originata da un ricorso inter-statale degli anni Settanta, ci lascia in proposito l’interessante ‘opinione separata’ lasciata agli atti dal giudice Gerald Fitzmaurice: «A mio parere, il concetto di trattamento disumano dovrebbe essere limitato al tipo di trattamento che (tenute in debito conto le circostanze) nessun soggetto appartenente alla specie umana dovrebbe infliggere ad un altro, ovvero potrebbe farlo senza usare una grave violenza all’elemento umano, in quanto opposto a quello animale, della sua stessa costituzione» (15). In un processo pendente davanti alla Corte Penale Internazionale (imputato: Jean-Pierre Bemba, già vicepresidente della Repubblica democratica del Congo), una vittima rende testimonianza, riferendo della animalità del carnefice: «Sono stata trattata come un animale, non posso più vivere come prima. Ero una donna con la sua dignità, ma ho perso la dignità. Io sono stata vittima di un trattamento disumano» (16). Per dirla con Étienne Balibar, gli uomini si ostinano da sempre a rimuovere il lato cattivo della storia fuori dalla realtà umana (17).</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Ancora: là dove Mucci osserva giustamente che «le atrocità e le devastazioni del secolo XX […] sembrano aver reso le generazioni attuali abituate a un livello tale di violenza mai vista fino a questo momento storico, e hanno paradossalmente creato, più che una speciale sensibilità e risposta al trauma sociale, una sorta di zona grigia, una zona di trascuratezza e mancanza di responsabilità» (Mucci, p. 132). Credo ci sia dell’altro, più dell’assuefazione alla violenza. Mi riferisco alla sacralità e oscenità dei corpi propinate attraverso le immagini. Guy Debord è stato davvero profetico e ha saputo denunciare la progressiva smaterializzazione della società di oggi: «Tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione» (18).</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Dai rituali di violenza di Abu Ghraïb ai codici narrativi dell’immaginario sadomaso del <i>bondage</i>, fino al <i>ticking bomb</i> scenario di serial televisivi costruiti sull’epica della violenza giusta, la finzione non è il risultato di una malevola manomissione della realtà. È la realtà stessa che si dà a vedere come normalizzazione della percezione e della sua stessa manipolazione. A essere messe in scena, spesso, non sono la guerra e le sue necessarie sofferenze, ma l’oscenità del corpo. Un «grado zero della pornografia» che è stato magnificamente realizzato da un editore del Web che offriva ai soldati americani un accesso libero a scene hardcore in cambio di immagini cruente dai campi di battaglia. Un «patriottismo delirante» che è stato in grado di realizzare uno sharing virtuoso «fra porno e violenza». Al riguardo, Georg Büchner faceva notare che il pittore Jacques-Luis David sembrava avido di catturare la «vita che pulsa» nel volto dei condannati a morte. Arte oscena (19). Come la foto ufficiale scattata a Trento subito dopo l'esecuzione di Cesare Battisti, che con gusto macabro l'Impero austro-ungarico aveva fatto circolare come <i>Postkarte</i>. Karl Kraus volle che fosse riprodotta nel frontespizio del dramma «<i>Die letzten Tage der Menscheit</i>». Era quel sorriso di morte dei boia che voleva segnalare al mondo. L'annuncio di quella «cultura della morte», descritta magistralmente da Elias Canetti, che ha caratterizzato il secolo della violenza (20).</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Se si accetta ─ come fa Mucci ─ che il movente umano primario è la relazione interpersonale e quindi la disposizione alla resilienza e alla riparazione, la psicoanalisi è chiamata, più che mai, all’etica della responsabilità e della testimonianza. L’esperienza traumatica rende il paziente estraneo a tutti coloro che non hanno vissuto una esperienza simile; la vergogna, il disprezzo e il senso di colpa sono sentimenti che si incistano nel suo corpo e nella sua mente. Il trauma non è una questione «privata», ma chiama ad una responsabilità duplice, verso il singolo e verso la comunità. Laddove si opera «con vittime (di violenze domestiche e familiari […], di guerre, di persecuzioni politiche e di eccidi e stermini)» (Mucci, p. 87), il nemico più temibile è il silenzio che, come aveva intuito Ferenczi, ha una mortifera capacità di rendere l’evento sempre reale ed «eternamente presente». Una «terra di nessuno», quindi, ma anche «una terra senza tempo». Per dirla con Otto Kernberg «È nostra responsabilità come psicoanalisti contribuire in ogni modo possibile alla comprensione dei terribili sviluppi del nostro tempo» (Mucci, p. 132). Come si vede, si rivive di continuo nel nostro libro quella torsione teorica che negli anni venti ampliò grandemente l’euristica della psicoanalisi da teoria della mente e dispositivo terapeutico alla diagnosi impietosa della società in quanto tale.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Qui siamo davvero al crocevia di decisive opzioni epistemologiche e di congruenti strategie cliniche che hanno molto a che vedere con l’approdo alla fase più difficile, per paziente e terapeuta, che riguarda la «presentificazione» dei ricordi traumatici. Una «intimità senza paura» tra i due, una autentica empatia e un ricco traffico tra i loro emisferi destri, un lavorio di storicizzazione e ricostruzione «appassionato e benevolo», «dal non linguistico al linguistico, dalla frammentazione alla coesione, dalla solitudine alla reciprocità» (Mucci, p. 113 ss.). Da qui, l’appassionata ricerca della «verità storica» del trauma che è la sola via per sottrarre il paziente dalle «spire dell’istinto di morte e quindi della cieca ripetizione». Diversamente dalla visione classica, inaugurata da Freud dopo l’abbandono dei suoi Neurotica, per il filone teorico e clinico cui si ispira la nostra Autrice, i pazienti traumatizzati «non sono malati di fantasie ma di realtà, e la Storia stessa ha un nucleo traumatico, ovvero il nucleo di verità della realtà risiede proprio nell’esperienza traumatica» (Mucci, p. 49).</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>In merito, c’è da dire che il rapporto tra la realtà e la sua rappresentazione, tra quel che riceviamo dall’esperienza e quanto si genera all’interno della nostra sfera psichica è sempre riferito alla specifica fenomenologia del trauma. Tanto più che anche sulla primazia della relazione come sistema motivazionale primario, il dibattito è apertissimo anche nell’ambito delle neuroscienze: mi riferisco ai rilievi, benevoli, di Mark Solms ad Allan Schore (21).</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>In tutto ciò, il nostro libro è una vera tela di ragno, una trama che connette parole pregne di implicazioni teoretiche e di significati simbolici: «realtà» e «rappresentazione», «presente» e «passato», «intrapsichico» e «interpersonale». Uno storico che legge Clara Mucci ritrova molti degli ingredienti che hanno segnato per quasi due secoli la teoria e la filosofia della storia, dal positivismo fino alle correnti più radicali dell’ermeneutica e del costruttivismo. Di volta in volta, «archeologia», «ricostruzione», «interpretazione», «costruzione», «semiotica», «narrazione». D’altronde, l’idea stessa che il passato non è un morto possesso ma una fonte inesauribile di possibilità ha molte consonanze con le procedure di «riscrittura della memoria» di cui parlava Mauro Mancia, tra inconscio freudiano e neuroscienze.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>C’è di più. L’umanesimo integrale e l’ispirazione etica del libro di Clara Mucci si potrebbero rendere proprio con le parole di un grande medievista, ebreo francese trucidato dai nazisti. Marc Bloch: «Il buono storico somiglia all’orco della fiaba: là dove fiuta carne umana, là sa che è la sua preda» (22).</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"> </span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="color: #cc0000; font-size: large;"><b>Riferimenti bibliografici</b></span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; min-height: 14px; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><span style="letter-spacing: 0.0px;"></span><br /></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiLMOo-ELqRRnLqqlO7SW_RjBFQjqhIr3srIeSWvT9mgcW7ZEmbl2DjgF8VXzBAucjAYoEWomsQR4uS6xA3y8giP79Ps65SkrQsPfnrTVf-IfHnO9r1rzv_-jMa7qEbrVA3ax5AihT9nw/s1600/Migliorino.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiLMOo-ELqRRnLqqlO7SW_RjBFQjqhIr3srIeSWvT9mgcW7ZEmbl2DjgF8VXzBAucjAYoEWomsQR4uS6xA3y8giP79Ps65SkrQsPfnrTVf-IfHnO9r1rzv_-jMa7qEbrVA3ax5AihT9nw/s320/Migliorino.jpg" width="214" /></a><span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(*) <b>Francesco Migliorino</b>: professore Ordinario di Storia del diritto medievale e moderno, Università degli Studi di Catania. Il suo ultimo libro: "Edoardo Weiss e la giustizia penale. Zone di contagio tra psicoanalisi e diritto" (Bonanno Editore, 2016). </span></span><br />
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(1) W.C. Booth, <i>Retorica della narrativa</i>, trad. it., La Nuova Italia, Firenze 1996, p. 133. Voce autorevole del gruppo dei Chicago critics (Scuola di Chicago di critica letteraria), sviluppò gli assunti di Ronald Salmon Crane, spaziando dalla poetica alla retorica: V.B. Leitch, American literary criticism since the 1930s, Routledge, London and New York 2010, 2nd ed., pp. 52-69. Sulla «lettura come esperienza etica» di Booth, cfr. G. Bettetini e A. Fumagalli, <i>Quel che resta dei media: idee per un'etica della comunicazione</i>, F. Angeli, Milano 2002, pp. 82 ss.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(2) La metafora di Georges Perec — «L’Histoire avec sa grande hache» — ha una straordinaria forza evocativa. Una combinazione di parole giocata sul termine Hache che significa scure o ascia, e sulla lettera «H» dell’alfabeto (Ache). Hache/Ache: un suono e due parole. La Storia si abbatte sugli uomini con la ferocia della sua pesante scure, ne annichilisce, altresì, le singole insignificanti storie brandendo la sua maiuscola (grande ache).</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(3) J.L. Borges, <i>L’artefice</i>, trad. it., Adelphi, Milano 1999, p. 181.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(4) W. Benjamin, <i>Sul concetto di storia</i>, a cura di G. Bonola e M. Ranchetti, trad. it., Einaudi, Torino, 1997, Tesi IX, pp. 35-37.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(5) D.S. Landes, <i>A che servono i padroni? Le alternative storiche dell’industrializzazione</i>, trad. it., Bollati Boringhieri, Torino 1987.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(6) A. Gibelli, <i>L’officina della guerra. La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale</i>, Bollati Boringhieri, Torino 2007, p. 224.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(7) W. Benjamin, <i>Il narratore. Considerazioni sull’opera di Nicola Leskov</i>, in <i>Angelus</i> <i>Novus. Saggi e frammenti</i>, a cura di R. Solmi, Einaudi, Torino, 1995, p. 248.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(8) F. Migliorino, <i>Il corpo come testo. Storie del diritto,</i> Bollati Boringhieri, Torino 2008, p. 16.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(9) E. Boncinelli, <i>La vita della nostra mente</i>, Laterza, Roma-Bari 2011.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(10) C. Geertz, <i>Interpretazione di culture</i>, trad. it., Il Mulino, Bologna 1987, p. 90 e s.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(11) M. Solms e K. Kaplan Solms, <i>Neuropsicoanalisi. Un'introduzione clinica alla neuropsicologia del profondo</i>, trad. it., Raffaello Cortina Editore, Milano 2002, p. 211.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(12) B. Rogoff, <i>La natura culturale dello sviluppo</i>, trad. it., Raffaello Cortina Editore, Milano 2004, pp. 110-118 (112).</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(13) F. Migliorino,<i> Efferati, inumani, mostruosi nelle maglie del diritto</i>, in Diritto e controllo sociale. Persone e status nelle prassi giuridiche, a cura di A. Cernigliaro, Giappichelli, Torino 2014, pp. 1-22.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(14) E. Morin, <i>La Méthode, I</i>, <i>La nature de la nature</i>, Seuil, Paris 1977, p. 247.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(15) Corte europea dei diritti dell’uomo (sezione plenaria), Irlanda vs Regno Unito, ricorso n. 5310/71, sentenza del 18 gennaio 1978, Series A, no. 25, Opinione separata del Giudice Gerald Fitzmaurice, par. 22 e ss. </span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(16) International Criminal Court, The Prosecutor c. Jean-Pierre Bemba Gombo, ICC-01/05 – 01/08.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(17) E. Balibar, <i>Razzismo e nazionalismo</i>, in <i>Razza, nazione, classe. Le identità ambigue</i>, trad. it., Edizioni Associate, Roma 1990, p. 82.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(18) G. Debord, <i>La società dello spettacolo. Commentari sulla società dello spettacolo</i>, trad. it., Badini & Castoldi, Milano 2013, II ed., p. 53.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(19) B. Maj, <i>Georg Büchner</i>, Ediesse, Roma 2013.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(20) F. Migliorino, Introduzione a A. De Filippo, <i>Apocalypse When?</i> «Il minuto e fragile corpo dell’uomo». Tre casi di studio sulle logiche dello spettacolo, Società di Storia patria della Sicilia orientale, Catania 2013, pp. 2-17.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(21) Solms e Kaplan Solms, <i>Neuropsicoanalisi,</i> cit, p. 212: «ciò che il bambino alla ricerca dell’oggetto sta effettivamente cercando è il piacere o il sollievo dal dispiacere e che l’attrazione per l’oggetto nasce solo perché l’oggetto è in grado di soddisfare i bisogni del bambino, cioè in ultima analisi di ridurre la tensione generata dalle pulsioni».</span></span><br />
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">(22) </span></span><span style="font-size: large; letter-spacing: 0px;">M. Bloch, </span><i style="letter-spacing: 0px;">Apologia della storia o mestiere di storico</i><span style="font-size: large; letter-spacing: 0px;">, trad. it., Einaudi, Torino 1969, II ed., p. 41.</span></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-34734367769549411382016-04-11T09:57:00.000-07:002016-04-11T10:11:19.020-07:00Lo strazio di LAHORE. Di Luciana Piddiu<div style="font-family: Cambria; text-align: center;">
<span style="background-color: #ead1dc; color: #20124d; font-size: large;">Pubblichiamo queste considerazioni di LUCIANA PIDDIU intorno all'attentato di Lahore (Pakistan) del 27 marzo 2016. La supremazia della morte praticata dal terrorismo</span><br />
<span style="background-color: #ead1dc; color: #20124d; font-size: large;">è tutt'altra cosa dal martirio.</span><span style="background-color: #ead1dc; color: blue; font-size: large;"> </span></div>
<div style="font-family: 'Times New Roman'; font-size: 14px; min-height: 16px; text-align: right;">
<br /></div>
<div style="font-family: 'Times New Roman'; font-size: 14px; min-height: 16px; text-align: right;">
<br /></div>
<div style="font-family: Cambria; text-align: right;">
<span style="color: #0c343d; font-size: large;">“Là dove si fa violenza all’uomo, la si fa anche al linguaggio” </span></div>
<div style="font-family: 'Times New Roman'; min-height: 16px; text-align: right;">
<span style="color: #0c343d; font-size: large;">Primo Levi, <i>I sommersi e i salvati</i></span></div>
<div style="font-family: Cambria; text-align: right;">
<span style="color: #0c343d; font-size: large;"> </span></div>
<div style="font-family: Cambria; text-align: justify;">
<span style="color: #0c343d; font-size: large;"><span style="font-family: "times new roman";"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span></span>Mi verrebbe da dire<span style="font-family: "times new roman";">,</span> parafrasando Primo Levi (“…là dove si fa violenza all’uomo, la si fa anche al linguaggio”) che vale anche il contrario: se si fa violenza al linguaggio, la si fa anche agli esseri umani. E lo dico a ragion veduta, in polemica con quanti<span style="font-family: "times new roman";">,</span> scrittori, giornalisti, intellettuali, chiamano <i>shahid</i>, martiri, i fondamentalisti islamici<span style="font-family: "times new roman";">.</span></span></div>
<div style="font-family: Cambria; text-align: justify;">
<span style="color: #0c343d; font-size: large;"><span style="font-family: "times new roman";"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span></span>Il martire, dalla parola greca <span style="background-color: white; font-family: "arial" , sans-serif; line-height: 18px; text-align: left;">μάρτυς</span>, é colui che testimonia la propria fede nonostante le persecuzioni e arriva anche ad accettare la morte pur di non abiurare. Nella nostra cultura il martirio ha un’accezione positiva, denota coraggio, forza d’animo, fedeltà a se stessi e ai propri ideali.</span></div>
<div style="font-family: Cambria; text-align: justify;">
<span style="color: #0c343d; font-size: large;"><span style="font-family: "times new roman";"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span></span>Tant’é che per estensione il termine é stato attribuito anche a coloro che sono morti per difendere i loro valori in nome della libertà, penso a Ipazia, a Giordano Bruno, a Salvo D’Acquisto. La parola evoca una disposizione d’animo di grande generosità, la capacità di compiere un gesto straordinario<span style="font-family: "times new roman";">.</span> Per questo non possiamo accreditare l’idea che i terroristi islamici siano <i>shahid</i><span style="font-family: "times new roman";">,</span> martiri, come loro per primi vorrebbero farci credere nelle loro azioni di propaganda e di proselitismo.</span></div>
<div style="font-family: Cambria; text-align: justify;">
<span style="color: #0c343d; font-size: large;"><span style="font-family: "times new roman";"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"></span></span></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3qNshDxOt2uCeRj-RAKEidDThCF-ZChaCZYr04ExH221zTjcVvTbWomqLPgEIbuoGHmyjxe24ov73JB2w9Nm6zlYnliHYPY-wbZOfVCQI94xLnWJM7kN6N1vaGtucYB2TzjAnqOhErxU/s1600/Lahore.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3qNshDxOt2uCeRj-RAKEidDThCF-ZChaCZYr04ExH221zTjcVvTbWomqLPgEIbuoGHmyjxe24ov73JB2w9Nm6zlYnliHYPY-wbZOfVCQI94xLnWJM7kN6N1vaGtucYB2TzjAnqOhErxU/s1600/Lahore.jpeg" /></a><span style="color: #0c343d; font-size: large;"><span style="font-family: "times new roman";"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"></span></span></span></div>
<span style="color: #0c343d; font-size: large;"> Farsi esplodere in mezzo a persone inermi<span style="font-family: "times new roman";">,</span> provocare morte e dolore inutili, non fa di loro i nuovi martiri del XXI secolo. No davvero! Che ne siano o no consapevoli, che siano o meno manipolati e funzionali ad un progetto politico di cui sono semplici pedine, essi sono e restano stragisti assassini. Cosi li dobbiamo chiamare.</span></div>
<div style="font-family: Cambria; text-align: justify;">
<span style="color: #0c343d; font-size: large;"><span style="font-family: "times new roman";"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span></span>Arrogarsi il diritto e il potere di dare la morte<span style="font-family: "times new roman";">,</span> interpretando alla lettera quanto dice il Libro ‘’Non lasciar sulla terra - dei Negatori - vivo nessuno’’ (<i>Corano</i> 71:26) non puo’ in alcun modo essere equiparato all’atto di chi la morte la subisce per non tradire la propria fede<span style="font-family: "times new roman";">.</span> La semplice torsione linguistica che li accredita come martiri presso l’opinione pubblica rischia di sdoganare le stragi compiute in preda a una sorta di delirio di onnipotenza, conferendo loro valore epico.</span></div>
<div style="font-family: Cambria; text-align: justify;">
<span style="color: #0c343d; font-size: large;"><span style="font-family: "times new roman";"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span></span>Nell’attentato di Lahore decine di bambini sono stati falcidiati </span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="color: #0c343d; font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPD-JcPlwdrgE8N6oUyBPQukbtVzGynwgfdUXu3JE9yZ-wFgQT5mUacdhaDIrJsgLahry5_w-M7zWS9xam6Yyr5V5NHn8axKs6cY2-48y0UkCBmar_4WZ4b-iAwiNC87v0feBc7z0JqyY/s1600/Lahore.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPD-JcPlwdrgE8N6oUyBPQukbtVzGynwgfdUXu3JE9yZ-wFgQT5mUacdhaDIrJsgLahry5_w-M7zWS9xam6Yyr5V5NHn8axKs6cY2-48y0UkCBmar_4WZ4b-iAwiNC87v0feBc7z0JqyY/s1600/Lahore.jpeg" /></a></span></div>
<span style="color: #0c343d; font-size: large;">senza pietà. Quel gesto estremo e irrimediabile non é testimonianza di fede, gesto d’amore per la vita e i viventi ma sigillo mortifero: sancisce nella sua feroce crudeltà la supremazia della morte sulla vita.</span></div>
<div style="font-family: Cambria; text-align: justify;">
<span style="color: #0c343d; font-size: large;"><span style="font-family: "times new roman";"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span></span>La distanza fra il martire del primo cristianesimo e lo <i>shahid</i> attuale ci consente tuttavia di cogliere un aspetto peculiare della concezione religiosa - tuttora diffusa nell’Islam <span style="font-family: "times new roman";">-</span> se diamo credito a quanto scrive il poeta siriano Adonis nel suo libro <i>Violenza ed Islam</i><span style="font-family: "times new roman";">.</span> La svalorizzazione della vita che accomuna i terroristi e rende invece seducente la morte, é strettamente connessa alla visione secondo la quale la morte é l’orizzonte della vita. Il potere di dare la morte é assai piu’ affascinante e virile del potere di generare la vita, soprattutto se accompagnato dalla convinzione di essere gli esecutori materiali della volontà di Allah. E dopo a coronamento e premio<span style="font-family: "times new roman";">,</span> il Paradiso<span style="font-family: "times new roman";">.</span></span></div>
<div style="font-family: Cambria; text-align: justify;">
<span style="color: #0c343d; font-size: large;"><span style="font-family: "times new roman";"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span></span>«S’assomiglia il Giardino - promesso ai timorati di Dio <span style="font-family: "times new roman";">-</span> a qualcosa nella quale scorrono i fiumi e i suoi frutti saranno perenni» senza considerare l’attrattiva di un numero di «spose purissime» «fanciulle modeste di sguardo, bellissime d’occhi» mai prima toccate da uomini.</span></div>
<div style="font-family: Cambria; text-align: justify;">
<span style="color: #0c343d;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "times new roman";"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span></span>Siderale - oserei dire <span style="font-family: "times new roman";">-</span> la distanza rispetto alla concezione cristiana in cui la nascita é al centro dell’intera vicenda umana. Scrive Agostino in <i>De civitate Dei</i>: «Perché ci fosse un inizio fu creato l’uomo, </span><span style="font-size: large;">prima del quale non esisteva nessuno».</span><span style="font-size: large;"> La nascita segna il prodursi di una novità nel mondo, fa apparire qualcuno che prima non c’era. Centrale in questa prospettiva la nascita del Bambino Divino: ad esso e alla sua testimonianza sulla croce é legata la salvezza dell’umanità.</span></span></div>
<div style="font-family: Cambria; text-align: justify;">
<span style="color: #0c343d; font-size: large;"><span style="font-family: "times new roman";"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span></span>Ma anche chi - come me <span style="font-family: "times new roman";">-</span> non puo’ caricare la nascita di un significato soprannaturale e trascendente, non puo’ non riconoscere la pregnanza di quanto scrisse Hannah Arendt in una lettera ad Heinrich Blücher - dopo aver assistito a Monaco alla rappresentazione dell’Oratorio di Haendel «Il Messia»: «Che opera! L’Alleluja mi risuona ancora nelle orecchie e nel corpo<span style="font-family: "times new roman";">.</span> Per la prima volta ho capito com’é formidabile: un bambino ci é nato! Il Cristianesimo é nonostante tutto qualcosa!».</span></div>
<div style="font-family: Cambria; text-align: justify;">
<span style="color: #0c343d; font-size: large;"><span style="font-family: "times new roman";"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span></span>Con la nascita di un bambino qualcosa di nuovo arriva al mondo. Il nuovo venuto spariglia le carte, introduce l’inedito e l’imprevedibile, porta con sé la speranza di una salvezza sempre possibile nel mondo anche nelle condizioni peggiori: l’esatto contrario della supremazia della morte e del suo dominio che negano alla radice il percorso del farsi umano. (30 marzo 2016) </span></div>
<div style="font-family: 'Times New Roman'; min-height: 16px; text-align: justify;">
<span style="color: #0c343d; font-size: large;"><br /></span></div>
<span style="color: #0c343d;"><br /></span>
<br />
<div style="font-family: 'Times New Roman'; font-size: 14px; min-height: 16px; text-align: justify;">
<br /></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-84581129167724973532016-04-01T08:50:00.000-07:002016-04-07T04:33:57.216-07:00Sulla sessualità e la politica. Confronti<div style="text-align: center;">
<span style="color: #38761d; font-size: large;">Sabato 2 aprile alle ore 17.30 a Macerata </span><br />
<span style="color: #38761d; font-size: large;">si svolge la presentazione del libro di G. Ricci </span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #38761d; font-size: large;"><i>Sessualità e politica. Viaggio nell'arcipelago gender </i>(Sugarco)</span><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYlqRmqDikT0bPjnO_JRLA9GdRedABMpcaNCL1TBbvwAsS0Ftx1dlqGd10Bw5WwfkFpLUTlRpCxcu0NpNOftHpbzDSb230pvwkClJnmiqNM9yY12HW0HiItC55C8ptmpWY90QjbH-s0vI/s1600/Macerata+copia.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYlqRmqDikT0bPjnO_JRLA9GdRedABMpcaNCL1TBbvwAsS0Ftx1dlqGd10Bw5WwfkFpLUTlRpCxcu0NpNOftHpbzDSb230pvwkClJnmiqNM9yY12HW0HiItC55C8ptmpWY90QjbH-s0vI/s640/Macerata+copia.JPG" width="449" /></a></div>
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-size: large;"></span></div>
<div style="font-family: Cambria; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="color: #274e13; font-size: large;">Un certo uso ideologico dello scientismo e delle biotecnologie pretende di smantellare i concetti fondanti la nostra civiltà: l’identità sessuale, la differenza tra i sessi, la famiglia, la filiazione. Sulla soglia di una mutazione antropologica la visione gender impone la propria idea di uguaglianza e di libertà di godimento in nome di un diritto propagandato come <i>bene comune</i><span style="font-family: "times new roman";">.</span> </span><br />
<span style="color: #274e13; font-size: large;"> Quale spazio rimane alla soggettività e all’umano? </span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div style="font-family: Cambria; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><span style="color: #274e13;">In questo libro l’autore - dopo <i><b>Il padre dov’era</b></i> – individua 6o voci che mappano un terreno su cui si gioca una scommessa decisiva. E’ un viaggio in cui vengono attraversati alcuni concetti cardine della psicanalisi, della filosofia, del diritto, dell’antropologia. Una serie di rinvii interni permette al lettore di costruirsi un suo personale percorso di lettura.</span> </span></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-11328507303257401352016-01-12T08:03:00.002-08:002016-01-12T08:10:39.871-08:00L'AMORE NELL'ARCIPELAGO GENDER. Di Giancarlo Ricci<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;"><span style="color: #134f5c; font-family: Helvetica;">Da SESSUALITA' E POLITICA. </span></span><br />
<span style="font-size: large;"><span style="color: #134f5c; font-family: Helvetica;">VIAGGIO NELL'ARCIPELAGO GENDER di Giancarlo Ricci (Sugarco, 2016), pubblichiamo alcune pagine sul tema dell'amore.</span></span><br />
<span style="font-size: large;"><span style="color: #134f5c; font-family: Helvetica;"><br /></span></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;"><span style="background-color: white; color: #0c343d; font-family: Helvetica;">Per leggere l' <b>Introduzione dell'autore</b> vai a: </span></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;"><span style="color: #0c343d; font-family: Helvetica;"><a href="http://giustiziapsichica.blogspot.it/2016/01/lomosessualismo-e-il-gender-limpatto.html" style="background-color: white;">http://giustiziapsichica.blogspot.it/2016/01/lomosessualismo-e-il-gender-limpatto.html</a></span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"> Nei glossari <i>gender</i> la parola amore non compare: sparita. Abbandonato il complesso sentiero dell’amore l’ideologia gender opta per la sessuologia, con la sua pragmatica e la sua profilassi basata sul buon uso degli organi sessuali. La parola amore viene messa al bando; probabilmente troppo impegnativa, troppo soggettiva o portatrice di malintesi inestricabili. La parola d’ordine è il benessere, il <<benessere sessuale>>. </span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTb_4gonT9nnPw52GwuyQiy-i6DLCfd-5kbHgW11jdAt6R3oyLLRlvdgxLWU390CbFuAwfzuU8IwsL1K02PCvlBoANRCzb07Fm2FMVMZez821kEGtaI-6O6D_Nmihf1y4VdY4JiKDK84o/s1600/Sessualita%25CC%2580+e+politica.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTb_4gonT9nnPw52GwuyQiy-i6DLCfd-5kbHgW11jdAt6R3oyLLRlvdgxLWU390CbFuAwfzuU8IwsL1K02PCvlBoANRCzb07Fm2FMVMZez821kEGtaI-6O6D_Nmihf1y4VdY4JiKDK84o/s400/Sessualita%25CC%2580+e+politica.jpg" width="240" /></a></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">Con le sue infinite e straordinarie varianti il tema dell’amore non è contenibile nelle linee guida gender. Se questa temibile parola dovesse comparire, siatene certi: è per ribadire che anche una coppia gay può amarsi veramente. Ancora di più: il loro amore può essere rivolto alla crescita di eventuali figli, adottivi o ottenuti con la fecondazione eterologa. Abbiamo il timore che qui l’amore si sia trasformato in una parola magica e onnipotente in grado di sconfiggere ogni “complicazione” di natura psichica, sociale, culturale, parentale. L’amore può tutto? Piuttosto dobbiamo constatare che nella vicenda chiamata amore, non tutto è amore... </span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Nella sua prolifica molteplicità di significati e di sfumature, l’amore risulta imprescindibile agli esseri umani ed è strutturalmente implicato, a vario titolo, nella sessualità. Ma amore e sesso spesso si sperimentano disgiunti, divisi, irraggiungibili uno all’altro. Oppure: dove c’è uno non c’è l’altro. O viceversa. Eppure, e non solo per quest’ultimo motivo, quando gli umani lo nominano è come se parlassero di una ferita che non rimargina. Quasi un anelito ogni volta sconfitto. Il <<vero>> amore abita l’impossibile. In tal senso lo psicanalista francese Jacques Lacan (1901-1981) ha inventato la parola <i>amur</i> giocando sull’assonanza tra <i>amour</i> (amore) e <i>a</i> <i>mur </i>(al muro): l’amore al muro, l’amore come muro insuperabile? L’amore ci mette con le spalle al muro? </span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><span style="font-family: 'Times New Roman';"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span></span>L<span style="font-family: 'Lucida Grande';">’</span>ideologia gender suggerisce la profilassi sessuologica, insiste sull<span style="font-family: 'Lucida Grande';">’</span>attrazione fra i sessi, sulla vita degli istinti, su appagamenti di bisogni o sull<span style="font-family: 'Lucida Grande';">’</span>ottenimento di <span style="font-family: 'Lucida Grande';">“</span>diritti sessuali<span style="font-family: 'Lucida Grande';">”</span>. Se tutto ci<span style="font-family: 'Lucida Grande';">ò</span> viene riunito sotto la bandiera della profilassi, della prevenzione, della spiegazione quale anticipazione e rimedio ortopedico di ci<span style="font-family: 'Lucida Grande';">ò</span> che dovr<span style="font-family: 'Lucida Grande';">à</span> accadere, sorge il sospetto che si tratti di uno spossessamento. Ovvero di una prevenzione che spegne l<span style="font-family: 'Lucida Grande';">’</span>esperienza soggettiva, pretende di addestrarla mentre in realt<span style="font-family: 'Lucida Grande';">à</span> la soffoca costringendola in schemi preconfezionati. La visione gender mortifica l<span style="font-family: 'Lucida Grande';">’</span>amore.</span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Un esempio paradigmatico lo troviamo nelle raccomandazioni esplicitate in alcuni documenti europei sull’educazione sessuale. In particolare vengono suggeriti interventi di educazione sessuale precoci, raccomandando che <span style="font-family: 'Lucida Grande';">è</span> occorre prevenire. Tali raccomandazioni, in nome di un libero diritto alla sessualit<span style="font-family: 'Lucida Grande';">à</span>, insistono a incentivare e promuovere quella che viene proposta come la <<matrice della sessualit<span style="font-family: 'Lucida Grande';">à</span>>>. In essa, vengono spiegati i motivi per cui <<l<span style="font-family: 'Lucida Grande';">’</span>educazione sessuale dovrebbe iniziare prima dei quattro anni>> (p.34). Ecco il <<politicamente corretto>> applicato all<span style="font-family: 'Lucida Grande';">’</span>educazione sessuale: il soggetto, fin dai primi anni, deve essere reso edotto degli innumerevoli godimenti che di diritto pu<span style="font-family: 'Lucida Grande';">ò</span> trarre dal proprio corpo. Li deve sperimentare quasi fosse un obbligo, un esercizio didattico. Poi potr<span style="font-family: 'Lucida Grande';">à</span> scegliere cio<span style="font-family: 'Lucida Grande';">é</span> esercitare la sua libert<span style="font-family: 'Lucida Grande';">à</span>. Tutto ci<span style="font-family: 'Lucida Grande';">ò</span> delinea purtroppo la consistenza di un teorema perverso. </span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><span style="font-family: 'Times New Roman';"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span></span>La (per)versione sessuologica è la via maestra, proposta in nome dell’educazione sessuale, che conduce ad appropriate <<competenze>>. Tra queste: esigere dai corpi il giusto piacere, il piacere sessuale come prestazione, come obbligo, come necessità irrinunciabile, come benessere. O come infinite varianti di godimenti imprevedibili e nuovi. In tutto ciò domina un gigantesco <i>qui pro quo</i>: invece della relazione, l’altro come oggetto erotico; invece della sorpresa dell’incontro, la reciprocità dello scambio; invece della passione, la prestazione; invece del corpo, il macchinismo degli organi sessuali. </span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>In altri documenti prevale la stessa visione sessuologica. Anche nei rinomati libretti dell’UNAR<span style="color: #122656;"> </span>(Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) <<Educare alla diversità a scuola>>, emanati a livello governativo (Dipartimento delle Pari Opportunità e Miur), nel 2013, non compare la parola amore. Al suo posto ricorre invece la parola magica <<attrazione>>. </span></div>
<br />
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"> Notiamo di sfuggita che la logica meccanicistica secondo cui gli oggetti sessuali, inseriti in uno scenario pulsionale, si attraggono o si respingono, ricalca una logica dominata dall’alternanza tra feticismo (attrazione) e fobia (repulsione). Tale sistema, così ipotizzato, è parecchio rudimentale e non rispecchia affatto la complessità della vita amorosa ed erotica degli umani. Ridurre l’amore ad attrazione, significa privilegiare la dimensione pulsionale rispetto al mondo della soggettività, della vita psichica e spirituale cancellando la dimensione della sublimazione. </span></div>
<div>
<br /></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-77041538009140756102015-12-09T13:10:00.004-08:002015-12-09T23:38:12.493-08:00Benjamin a Milano. Di Rosalba Maletta<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgimeKnhMxB9-XasmEbLvZ5WifYMDSEALo7xKIBGRvTXsKn_5nG6u5TBcQKVKZ0iECR50rYL3vlVDFMMvwat5jEv_6vmCxU1WA3D5QsUzmsl5gtZOv1CpqQGCPUi1i127N1z-D_RhiYN8/s1600/Maletta.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgimeKnhMxB9-XasmEbLvZ5WifYMDSEALo7xKIBGRvTXsKn_5nG6u5TBcQKVKZ0iECR50rYL3vlVDFMMvwat5jEv_6vmCxU1WA3D5QsUzmsl5gtZOv1CpqQGCPUi1i127N1z-D_RhiYN8/s400/Maletta.png" width="255" /></a></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: left;">
<span style="letter-spacing: 0px;"><span style="color: #cc0000; font-size: medium;"><span style="color: #cc0000; font-size: large;">Una pagina di Rosalba Maletta</span><span style="color: #cc0000;"><u> A Milano con Benjamin. Soglie ipermoderne tra flânerie e time-lapse</u></span><span style="color: #7f6000;"><span style="font-size: large;"><i style="color: #cc0000;"> </i><span style="color: #cc0000;">(</span><span style="color: #b45f06;">M</span></span></span></span></span><span style="color: #b45f06;"><span style="font-size: large;">imesis, 2015)</span>.</span><span style="color: #b45f06;"> </span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: left;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="color: #cc0000; font-size: large;">Il paragrafo è "Terza Incursione. Il <i>Cristo in scurto</i> all’epoca del web 3.0": Benjamin di fronte alla celebre tela di Mantegna.</span><span style="color: #b45f06; font-size: large;"> </span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: left;">
<span style="letter-spacing: 0px;"><span style="color: #cc0000; font-size: large;"><i>La Milano sommersa delle vie d’acqua incrocia la città liberty e futurista: il Duomo, Brera e il Cenacolo vinciano ci parlano con le chiose di Benjamin e colgono aspetti inediti di una città che già alla fine del maggio 1912 si presenta agli occhi dello straniero che viene dal Nord foriera di mutamenti decisivi per le sorti del pianeta.</i></span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0px;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: left;">
<span style="font-size: large; letter-spacing: 0px; text-align: justify;">“Accanto alla <i>Pietà </i>Benjamin vide il celebre <i>Cristo morto </i>del Mantegna che nel Secondo Novecento dei movimenti di <table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUTfuIDnyc-Ad2gtHgoSUi0AWsglKrQkcLZkvE9-tgvNdrElfeiZ9SNTjCxWUq20jMtIS7i3qgQudT7X__JvFJwj4iA4NMAQlqKXzKEjjHqSsKtUHoQEyHg6Cmx5T6wUnGR_hyphenhyphen6Yl-EV0/s1600/Mantegna.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="268" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUTfuIDnyc-Ad2gtHgoSUi0AWsglKrQkcLZkvE9-tgvNdrElfeiZ9SNTjCxWUq20jMtIS7i3qgQudT7X__JvFJwj4iA4NMAQlqKXzKEjjHqSsKtUHoQEyHg6Cmx5T6wUnGR_hyphenhyphen6Yl-EV0/s320/Mantegna.jpeg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Cristo morto" di Mantegna</td></tr>
</tbody></table>
liberazione e degli sperimentalismi conosce una popolarità senza precedenti, da Pasolini a instagram.</span><span style="font-size: large; letter-spacing: 0px; text-align: justify; vertical-align: 4px;">.</span><span style="font-size: large; letter-spacing: 0px; text-align: justify;"> Benché il parallelo tra il quadro e la scena della morte di Ettore in <i>Mamma Roma</i> venga incessantemente riproposto, Pasolini giammai lo accolse. Allievo di Roberto Longhi, in <i>Mamma Roma</i> (1962) egli dispiega una sensibilità artistica e doti visionarie che lo spingono a prendere poi la penna per motivare il rifiuto del parallelo, oramai invalso, con il Cristo <i>in scurto</i>. Nell’ottobre del 1962 esorta Longhi, al quale il film è <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinJXZSZm29j48_RHI78HsQMiu-buxNmpr8YCt_VckRJL0udE22MRcgNxTACpUHlm67NoXjsZ5cgGei07wnHIYyt_gvPCSGRXKXpQXrqx7nkNXgxvVpEdxAfb2hO9-VId0RvPtN32IPePA/s1600/Mamma+Roma.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinJXZSZm29j48_RHI78HsQMiu-buxNmpr8YCt_VckRJL0udE22MRcgNxTACpUHlm67NoXjsZ5cgGei07wnHIYyt_gvPCSGRXKXpQXrqx7nkNXgxvVpEdxAfb2hO9-VId0RvPtN32IPePA/s1600/Mamma+Roma.png" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Dal film "Mamma Roma" di Pasolini</td></tr>
</tbody></table>
dedicato, a mettere fine alle illazioni interpretative riguardanti la scena della morte del protagonista sul letto di contenzione: «Ah, Longhi, intervenga lei, spieghi lei, come non basta mettere una figura di scorcio e guardarla con le piante dei piedi in primo piano per parlare di influenza mantegnesca! Ma non hanno occhi questi critici? Non vedono che bianco e nero così essenziali e fortemente chiaroscurati della cella grigia dove Ettore (canottiera bianca e faccia scura) è disteso sul letto di contenzione, richiama pittori vissuti e operanti molti decenni prima del Mantegna? O che se mai, si potrebbe parlare di un’assurda e squisita mistione tra Masaccio e Caravaggio?» (P. P. Pasolini, “Il film e la critica. Sfogo per Mamma Roma” in VIE NUOVE n. 40, 4 ottobre 1962, Anno XVII). </span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: left;">
</div>
<div style="margin-bottom: 12px; text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: left;">
<span class="Apple-tab-span" style="font-size: large; letter-spacing: 0px; white-space: pre;"> </span><span style="font-size: large; letter-spacing: 0px;">Dato che ci muoviamo per Milano con Benjamin, fine indagatore dell’esplorazione percettologica nei suoi incroci e <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgvFYDLfq09fldkFf7BS9TKAi9XGynHLIUcYJg7DOWdXYton0-v5bfd2vpIsAa6LhjdjupaF7nIVJ9G4LVIk5hlgI60obXLUznyExv56r6-iXNZxIuDbCACCU58O0WpDZNMhc7rZjr_Aw/s1600/Salvatore+Giuliano.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgvFYDLfq09fldkFf7BS9TKAi9XGynHLIUcYJg7DOWdXYton0-v5bfd2vpIsAa6LhjdjupaF7nIVJ9G4LVIk5hlgI60obXLUznyExv56r6-iXNZxIuDbCACCU58O0WpDZNMhc7rZjr_Aw/s1600/Salvatore+Giuliano.jpeg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Dal film "Salvatore Giuliano" di Francesco Rosi</td></tr>
</tbody></table>
nelle manipolazioni tra le arti e le tecniche di rappresentazione, non è possibile passare sotto silenzio le molteplici suggestioni che questa tela, destinata all’uso privato e devozionale, ha alimentato nel panorama artistico a partire dalla chiusa del film di Francesco Rosi" Salvatore Giuliano"(1962). </span><br />
<div style="text-align: right;">
</div>
<span style="font-size: large; letter-spacing: 0px;">
</span></div>
<span style="font-size: large;"><span style="letter-spacing: 0px;">
<span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Che dire poi del corpo del Che fotografato a Vallegrande </span></span><span style="font-size: large; letter-spacing: 0px;">in Bolivia nel 1967 da Freddy Alborta. Quello stesso anno John <table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBzGbu0UiP-drr8DHGSbjQAMKy96V_PUFInh2vvrfbm2PLwa7Y_rEg8svFvOMCZ8E_JNTlDCCCtCiot3WQNhG0NERr5Lpj6V1CxEoTcETTzoUkJF1FAWHtXg6kUovNzjTxB2PyQKPtKcc/s1600/Guevara.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBzGbu0UiP-drr8DHGSbjQAMKy96V_PUFInh2vvrfbm2PLwa7Y_rEg8svFvOMCZ8E_JNTlDCCCtCiot3WQNhG0NERr5Lpj6V1CxEoTcETTzoUkJF1FAWHtXg6kUovNzjTxB2PyQKPtKcc/s1600/Guevara.jpeg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Che Guevara</td></tr>
</tbody></table>
Berger ne appronta una lettura memorabile. </span><span style="font-size: large; letter-spacing: 0px;">E ancora, come dimenticare la chiusa di "Ogro" </span><span style="font-size: large; letter-spacing: 0px;">(1979) di Gillo Pontecorvo? Una svolta si registra nel 1992 con la campagna pubblicitaria della Benetton, frutto del sodalizio con Oliviero Toscani. Gigantografie tappezzano le strade del mondo occidentale “ostendendo” il corpo di David Kirby, malato di AIDS, circondato dai congiunti sul letto di morte. Scrive Benjanim: “10 Ottobre 1928 [...] la nuova educazione popolare prende le mosse dal fenomeno delle visite di massa e trasforma la quantità in qualità, ovverosia ci si aspetta che la forma in cui le cose si lasciano rappresentare per noi nella maniera più perspicua operi sul sapere scientifico in maniera vivificante e stimolante” (Appunti sparsi da giugno a ottobre 1928, GS VI, p. 417).</span><br />
<span style="font-size: large;"><span style="letter-spacing: 0px;">
<span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Colorata artificialmente da Toscani, la foto era stata individuata affatto casualmente da Tibor Kalman, in quel <table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgAvvVXrKhbEpuDQpcJ7bgtJMmvGRsIyiDSEhzRIJu8vLV-pT3Jl-3qYbblCRNPn2PhN-yqoF9c5ausW1Rm9PA05cyfL_HnXHKThEqWfwpyRpaDtpZOAjsEDvcF1WkMm-a_ivKj55F4q1U/s1600/Therese+FrarMaletta+sic.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgAvvVXrKhbEpuDQpcJ7bgtJMmvGRsIyiDSEhzRIJu8vLV-pT3Jl-3qYbblCRNPn2PhN-yqoF9c5ausW1Rm9PA05cyfL_HnXHKThEqWfwpyRpaDtpZOAjsEDvcF1WkMm-a_ivKj55F4q1U/s1600/Therese+FrarMaletta+sic.jpeg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto di Therese Frare</td></tr>
</tbody></table>
periodo editor e </span></span><br />
<div>
<div>
<div>
<span style="font-size: large;"><span style="letter-spacing: 0px;">collaboratore della Benetton. Scattata in bianco e nero da Therese Frare, all’epoca giovane studentessa di giornalismo, la foto ha fatto storia anche perché nel punctum di osservatore e fotografo è messo a fuoco uno spaccato della società civile alle prese con la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) che, partendo dagli States, cambia la storia dei diritti umani nel mondo. <br />
<span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>La Frare scatta la foto nel 1990 per uso quasi privato o, comunque, amatoriale ma finisce su Life e vince il World Press Photo Award del 1991. La famiglia di Kirby ne autorizza poi la pubblicazione nella campagna della Benetton, che fa subito registrare accese polemiche con tanto di appelli istituzionali per entrare nel Guinness dei primati dell’anno 2000 come la campagna pubblicitaria più controversa della storia”.</span></span><br />
<br /></div>
</div>
</div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-20809519324059367762015-11-29T09:48:00.002-08:002015-11-29T09:57:30.960-08:00OLTRE LA CENA UN'ULTIMA SCENA. Conversazioni con Maria Cristina Madau<br />
<h3 style="background-color: #efefef; color: #333333; font-family: Verdana, Helvetica, sans-serif; text-align: center;">
<span style="color: #003366;">Lunedì 30 nov. 2015, alle 18.30, presso l’INSTITUT FRANCAIS </span><span style="color: #003366;">di Milano </span><span style="color: #003366;">in Corso Magenta 63</span></h3>
<h3 style="background-color: #efefef; color: #333333; font-family: Verdana, Helvetica, sans-serif; text-align: center;">
<span style="color: #003366;">conversazione in occasione della presentazione<br />del Catalogo della Mostra </span></h3>
<h3 style="background-color: #efefef; color: #333333; font-family: Verdana, Helvetica, sans-serif; text-align: center;">
<span style="color: #003366;">OLTRE LA CENA UN’ULTIMA SCENA,</span></h3>
<h3 style="background-color: #efefef; color: #333333; font-family: Verdana, Helvetica, sans-serif; text-align: center;">
<span style="color: #003366;">con artisti e critici tra cui: </span></h3>
<h3 style="background-color: #efefef; color: #333333; font-family: Verdana, Helvetica, sans-serif; text-align: center;">
<span style="color: #003366;">LUCIANO CRESPI, CHIARA GATTI,<br />PIETRO MARANI, </span><span style="color: #003366;">MARIA CRISTINA MADAU, </span><span style="color: #003366;">GIANCARLO RICCI.</span></h3>
<div>
<span style="color: #003366;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg93rN4EZSJKKH5v-UcUFCNooY72pcrL0-Zsnj-VSP_AukXSFu4D79_cmtRS3QK4vxMiTjzIvnCFZIzB0njGrpxVhkGexbgU5LE4mcHzAkJxfhm_dNCDNFrw3yNHWJM_FtAVktcG52L0BE/s1600/Oltre+la+cena+un%2527ultima+scena.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg93rN4EZSJKKH5v-UcUFCNooY72pcrL0-Zsnj-VSP_AukXSFu4D79_cmtRS3QK4vxMiTjzIvnCFZIzB0njGrpxVhkGexbgU5LE4mcHzAkJxfhm_dNCDNFrw3yNHWJM_FtAVktcG52L0BE/s1600/Oltre+la+cena+un%2527ultima+scena.png" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #003366;"><br /></span></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-66593897722878473162015-07-06T02:45:00.002-07:002015-11-22T13:19:59.499-08:00L'IDOLO DALLA BIBBIA A LACAN. Intervento di Massimo Recalcati sul libro di SILVANO PETROSINO <br />
<div style="font-family: Helvetica; min-height: 17px; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;"><span style="color: #134f5c; font-family: "helvetica";">Notevole quest'ultimo libro di Silvano Petrosino; fin dalla copertina dove il volto dell'Io e del suo trionfo idolatrico, si sfalda lentamente fino a svanire. E' il destino dell'idolo. E parimenti il destino che la psicanalisi assegna all'Io. </span></span><br />
<span style="color: #134f5c; font-size: large;"><span style="font-family: "helvetica";">Pubblichiamo alcuni passi dell'intervento di Massimo Recalcati “La Repubblica” (2.6.15), sul libro del filosofo Petrosino, </span><i style="font-family: Helvetica;">L’idolo. Teoria di una tentazione. Dalla Bibbia a Lacan</i><span style="font-family: "helvetica";"> (Mimesis 2015). </span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: center;">
<span style="color: #0b5394; font-size: large;">Vai all'articolo:</span><span style="color: #134f5c; font-size: large;"> </span><a href="http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/06/02/i-nuovi-idoli-nascosti-nei-nostri-desideri51.html">http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/06/02/i-nuovi-idoli-nascosti-nei-nostri-desideri51.html</a></div>
<div style="font-family: Helvetica; min-height: 17px; text-align: justify;">
<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #3d85c6; font-size: large;">La presentazione del libro si svolge </span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #3d85c6; font-size: large;">martedì 24 novembre 2015, alle ore 18 </span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #0b5394;"><span style="color: #cc0000; font-size: large;">presso GALLERIA SAN FEDELE, </span><span style="color: #cc0000; font-size: large;">Via Hoepli 3/b a Milano.</span></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #3d85c6; font-size: large;">Intervengono:</span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #3d85c6; font-size: large;"> SILVANO PETROSINO (filosofo)</span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #3d85c6; font-size: large;">MARIO GIORGETTI FUMEL (psicoanalista)</span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="color: #3d85c6; font-size: large;">LUCA MOSCATELLI (biblista)</span></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
</div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">(…) In un libro che mette coraggiosamente a colloquio la lezione della Bibbia e quella di Lacan, titolato <i>L’idolo. Teoria di una tentazione: dalla Bibbia a Lacan</i> (Mimesis), Silvano Petrosino prosegue la sua perlustrazione critica del nostro tempo iniziata con due formidabili e saettanti libri: <i>Babele. Architettura, filosofia e linguaggio di un delirio</i> (Melangolo, 2002) e <i>Soggettività e denaro. Logica di un inganno</i> (Jaca Book, 2012). </span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQwgeIiksXC_J1pvpzU6pfPXidWXfbhjTeeFyydyWehwynfOjnkCEl06SSyFSMP_Mnn2Gd6WZKS_68AAfx7vxn3NKbTXmbSBJarcOhHJ7V7k3ubxP2AJGNVDPLCOjwL_mOkeusMkzzMko/s1600/Petrosino.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQwgeIiksXC_J1pvpzU6pfPXidWXfbhjTeeFyydyWehwynfOjnkCEl06SSyFSMP_Mnn2Gd6WZKS_68AAfx7vxn3NKbTXmbSBJarcOhHJ7V7k3ubxP2AJGNVDPLCOjwL_mOkeusMkzzMko/s400/Petrosino.jpeg" width="262" /></a></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">Se le analisi sociologiche di Bauman mettono l’accento sul carattere “liquido” del discorso del capitalista, sulla sua tendenza alla dispersione e alla dissoluzione dei legami sociali, Petrosino ci indica come quel discorso proprio mentre azzera l’orizzonte simbolico del mondo offre al soggetto, attraverso la proliferazione mercificata di nuovi idoli, un rifugio, un riparo fantasmatico, una solidificazione della sua esistenza.<span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>Cos’è, infatti, un idolo? È una promessa di compattamento della vita umana. È una parte che il soggetto eleva alla dignità del tutto per sconfessare il carattere infinito del desiderio e la mancanza che esso porta irrimediabilmente con sé. In questo senso il culto dell’idolo è sempre un’operazione perversa, se la perversione è il tentativo di diventare padroni assoluti del proprio desiderio. Se, infatti, il desiderio è un’apertura che non si lascia mai colmare da nulla e se il soggetto del desiderio è un soggetto, come ci invita a pensare Lacan, lacunare, mancante, leso, l’inganno del discorso del capitalista consiste, secondo Petrosino, nel voler convertire la logica del desiderio in quella del bisogno offrendo al soggetto un oggetto in grado di garantirgli una consistenza.</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkHpBykmVilU7O1U94ytQ_BS-py18t6RZyqNqEmhPzVRJEmwb5Cj0BaM_6WMLoAkB9FjSg-sgaCbLunQX9Ir_ZuS20jINBpd6i26oKbpb_gFZKqnnnxH8rZ-ECBNkgmNLxgQdT-234u3I/s1600/Vitello+d%2527oro+.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkHpBykmVilU7O1U94ytQ_BS-py18t6RZyqNqEmhPzVRJEmwb5Cj0BaM_6WMLoAkB9FjSg-sgaCbLunQX9Ir_ZuS20jINBpd6i26oKbpb_gFZKqnnnxH8rZ-ECBNkgmNLxgQdT-234u3I/s200/Vitello+d%2527oro+.png" width="195" /></a></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>L’idolo sorge, infatti, come oggetto capace di catturare fantasmaticamente il desiderio assorbendone la trascendenza. Per questa ragione l’idolo più grande, il più pericoloso, il più folle, è quello dell’Io. L’Io - come Lacan indica - non è altro che il soggetto “allo stato di idolo”, poiché l’idolo non è solo una falsa immagine di Dio, ma è soprattutto una falsa immagine dell’uomo. La tentazione più estrema sulla quale sia il testo biblico che quello di Lacan non risparmiano di ammonirci, è quella di fare dell’Io un oggetto capace di spurgare il soggetto di ogni mancanza e di ogni trascendenza. È il miraggio di falsa padronanza che ispira la perversione: il soggetto non appare più assoggettato alla trascendenza del desiderio, ma diventa padrone dell’oggetto del suo bisogno attraverso il suo possesso. È lo stesso inganno che pilota il collezionista che insegue l’ultimo agognato “pezzo” della sua collezione pur sapendo che nemmeno il possesso di questo pezzo potrà estinguere davvero la sua passione.<span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>L’idolo vorrebbe dare una consistenza sostanziale all’Io, renderlo autosufficiente, emanciparlo dalla trascendenza del desiderio, farne davvero l’ultimo “pezzo” della collezione. In realtà il culto dell’idolo si rivela essere una forma radicale di schiavitù: il soggetto si consegna al suo idolo perdendo se stesso. Non si soddisfa mai nel consumare l’oggetto, ma è piuttosto il godimento compulsivo degli oggetti che finisce per consumarlo. Cosa spinge l’uomo a fabbricare continuamente idoli se non per scansare l’impatto angosciante con la trascendenza del proprio desiderio? Con la propria libertà? Non è forse questo a cui alludeva anche Dostoevskij quando scriveva che «non c’è per l’uomo rimasto libero più assidua e tormentosa cura che quella di cercare un essere a cui inchinarsi»? </span></div>
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<a name='more'></a><span style="font-size: large;"><br /></span>
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<span style="font-size: large;"><span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span>L’”uso” che Petrosino ci propone nella sua opera filosofica di Lèvinas, Derrida e Lacan cerca di individuare dei punti di resistenza a questa deriva idolatrica. In essi egli trova un pensiero che non vuole rinunciare alla trascendenza e che ostinatamente pensa l’Altro nella sua radicale differenza, come quell’Altro che abitandoci ci espropria di ogni ideale omogeneo di padronanza. Di qui il suo rifiuto ad appiattire la vita umana sull’immediatezza ingenua di ogni materialismo. L’immanentismo che nega la trascendenza commette il grave errore di misconoscere quell’apertura all’Altro che anima l’esistenza e di cui il desiderio è l’incarnazione più radicale e più sconcertante. In questo egli porta il “suo” Derrida e il “suo” Lèvinas, ma anche, per certi versi, il “suo” Lacan, con rispetto ma con decisione, verso il salto più radicale che caratterizza l’esperienza cristiana: il problema non è contrapporre la trascendenza all’immanenza, ma mostrare che la trascendenza abita da cima a fondo l’immanenza, l’attraversa, la vivifica, la scompagina, la illumina. Per questa ragione la figura del desiderio costituisce un motivo che unifica tutta la sua ricerca; essa è la cifra ultima dell’umano, la sua radicalissima trascendenza interna, l’apertura inesauribile verso una alterità che oltrepassa il nostro Io costringendolo ad un decentramento tanto spaesante quanto generativo.</span></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-64915744797433919742015-07-01T03:28:00.003-07:002015-07-01T03:38:40.486-07:00IMMUNOLOGIA A PARTIRE DA AUSCHWITZ. Di Sergio Luzzatto<br />
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<span style="font-size: large;"><span style="color: #0b5394; letter-spacing: 0px;">Sergio Luzzatto racconta in questa recensione </span></span></div>
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<span style="color: #0b5394;"><span style="font-size: large;"><span style="letter-spacing: 0px;">(uscita su </span></span><span style="text-align: -webkit-auto;"><span style="font-size: large;"><i>Kolòt voci, </i>il 8.6.15<i>)</i> </span></span><span style="font-size: large;"><span style="letter-spacing: 0px;"> la storia del medico ebreo Ludwik Fleck che sperimentò nel ghetto di Leopoli un vaccino anti-tifo tratto dai pazienti infetti: un ufficiale SS ne fu colpito e gli affidò la guida del laboratorio nel Lager. </span></span></span></div>
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<span style="color: #0b5394; font-size: large;"><span style="letter-spacing: 0px;">Il libro: </span><span style="letter-spacing: 0px;">Arthur Allen, <i>Il fantastico laboratorio del dottor Weigl. Come due scienziati trovarono un vaccino contro il tifo e sabotarono il Terzo Reich </i>(traduzione di Enrico Griseri), Bollati Boringhieri 2015.</span></span></div>
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<span style="font-size: large;">Vai a Kolòt voci:</span> <a href="http://www.kolot.it/2015/06/08/limmunologo-ad-auschwitz/">http://www.kolot.it/2015/06/08/limmunologo-ad-auschwitz/ </a></div>
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<span style="letter-spacing: 0px;"><span style="font-size: large;">Primo Levi ha riconosciuto come decisivo per la sua sopravvivenza ad Auschwitz il fatto di avere potuto lavorare, da un certo momento in poi, nel Kommando Chimico di Monowitz-Buna. Di essere stato reclutato, grazie alla sua laurea scientifica, in quella caricatura della ricerca sperimentale che nella fabbrica Buna corrispondeva al laboratorio del Reparto Polimerizzazione.</span></span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span><span style="letter-spacing: 0px;"><span style="font-size: large;"></span></span>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="letter-spacing: 0px;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9Coht8lUN8O_bU-w_frMEw775q6eCAhvBNn36qhYydx4vPm1YplUxushEeOqGLLlBwD6KAXtORIHdlfF1YiVv3EmHFtNpoc212S3Eoa6p9MoPKizmxsqw_ZoBNivkzI7D2qt2GCD185g/s1600/Allen.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9Coht8lUN8O_bU-w_frMEw775q6eCAhvBNn36qhYydx4vPm1YplUxushEeOqGLLlBwD6KAXtORIHdlfF1YiVv3EmHFtNpoc212S3Eoa6p9MoPKizmxsqw_ZoBNivkzI7D2qt2GCD185g/s400/Allen.jpg" width="250" /></a></span></span></div>
<span style="letter-spacing: 0px;"><span style="font-size: large;"> L’ebreo italiano tatuato con il numero 174517 è sopravvissuto perché aveva superato, al cospetto del «Doktor Pannwitz», un «esame di chimica» (è il titolo di un capitolo di "Se questo è un uomo") talmente improbabile e grottesco da contenere – forse – l’«essenza della grande follia della terza Germania». Un anno prima di lui, a un altro uomo di scienza toccò di avvicinare l’essenza di quella grande follia. Era un uomo di oltre vent’anni più vecchio del venticinquenne Primo Levi, e ben più noto di lui prima di essere deportato. Era un medico polacco, un ebreo di Galizia che si chiamava Ludwik Fleck e che aveva pubblicato in tedesco, nel 1935, Genesi e sviluppo di un fatto scientifico: una pietra miliare della moderna epistemologia. Nella Leopoli tragica del 1943, toccò a Fleck di superare, al cospetto di un tale dottor Weber delle SS, un esame di batteriologia. E gli toccò quindi di aderire al più incongruo possibile dei profili professionali: immunologo ad Auschwitz.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"> La storia di Fleck, e delle straordinarie circostanze che lo portarono a dirigere il laboratorio sierologico del cosiddetto Istituto di Igiene di Auschwitz, è raccontata ora in un libro tradotto per i tipi di Bollati Boringhieri: ll fantastico laboratorio del dottor Weigl, di Arthur Allen. Un gran bel libro, sul più ingrato degli argomenti: la lotta contro il tifo nell’Europa del Terzo Reich e della Soluzione finale; nell’Europa di Heinrich Himmler e del dottor Mengele, delle finte docce di Auschwitz e delle vere camere a gas. Il collante della storia è rappresentato – evidentemente – dai pidocchi. Dagli insetti parassiti, che fin dall’inizio del Novecento erano stati scientificamente riconosciuti quali agenti infettivi del tifo. E dagli ebrei, che fin dagli esordi del nazismo erano stati additati quali parassiti disgustosi e ubiqui, che andavano estirpati dal corpo sano della Germania e dall’intero suo «spazio vitale». La «geomedicina» tedesca degli anni Trenta aveva fatto il resto, promuovendo l’idea che il tifo fosse una patologia caratteristicamente ebraica, e prestando così legittimazione scientifica alla costruzione dei ghetti. Dopodiché, il nesso cogente tra disinfestazione dai pidocchi e disinfestazione dagli ebrei aveva trovato la più plastica delle evidenze – ad Auschwitz-Birkenau – nella procedura di svestizione che immediatamente precedeva l’andata in gas.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"> Nella Leopoli cosmopolita degli anni Venti, il giovane Ludwik Fleck era stato assistente di Rudolf Weigl: lo zoologo austro-polacco che aveva poi, negli anni Trenta, messo a punto un sistema pioneristico (ancorché disgustoso) per produrre un vaccino anti-tifo. Vaccino ottenuto alimentando larve di pidocchi con sangue umano, che gli insetti succhiavano dalle cosce e dai polpacci di donatori volontari; iniettando nei pidocchi sani il batterio del tifo tratto da pidocchi infetti; omogeneizzando e centrifugando gli intestini dei pidocchi contaminati, ripieni del sangue succhiato agli «alimentatori». Alle soglie della Seconda guerra mondiale, il vaccino di Weigl rappresentava quanto di più efficace fosse conosciuto in Europa quale metodo di profilassi antitifica. Il che contribuisce a spiegare il destino occorso al laboratorio del dottor Weigl dopo l’Operazione Barbarossa del giugno 1941, cioè dopo l’invasione tedesca dell’Europa orientale.</span></span><br />
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"></span></span><br />
<a name='more'></a><span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"> Subito dopo avere occupato Leopoli, averne trucidato l’intellighenzia universitaria, e avere avviato anche in Galizia lo sterminio di massa degli ebrei, plenipotenziari di Himmler bussarono alla porta del laboratorio di Weigl. Gli offrirono una cattedra a Berlino e il patrocinio tedesco per il premio Nobel, chiedendogli – in cambio – di moltiplicare la produzione del suo vaccino a beneficio delle truppe del Reich mobilitate sul fronte dell’Est. Weigl, che aveva ancora negli occhi l’immagine dei colleghi d’università trucidati, declinò l’offerta della cattedra a Berlino, ma accettò la proposta di cooperare con l’occupante. Nei tre anni seguenti, decine di migliaia di dosi del vaccino di Weigl uscirono dal laboratorio della via San Nicola per immunizzare contro il tifo ufficiali e soldati della Wehrmacht, delle Einsatzgruppen, delle SS.</span></span></div>
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<span style="font-size: large; letter-spacing: 0px;"> In quegli stessi anni – tuttavia – il laboratorio del dottor Weigl divenne anche qualcosa di molto simile a un rifugio umanitario, e a un covo della Resistenza polacca. Perché impiegandoli quali «alimentatori» dei pidocchi, Weigl ottenne dall’occupante un salvacondotto per un numero imprecisato di abitanti di Leopoli: da mille a tremila insegnanti, musicisti, romanzieri, biologi, matematici, molti dei quali impegnati in attività politiche clandestine. Il vaccino che protesse dal tifo, sul fronte orientale, reparti interi di aguzzini delle SS e delle Einsatzgruppen, era stato ricavato dagli intestini di pidocchi nutriti con il sangue dell’intellighenzia antinazista di Leopoli salvata da Weigl. L’accoglienza nel laboratorio della via San Nicola non poté estendersi a Ludwik Fleck, l’ex assistente di Rudolf Weigl. Il permesso di alimentare i pidocchi era tassativamente preduso a quei pidocchi degli ebrei. E tanto più era preduso dopo il loro confinamento, a Leopoli, nel ghetto oltre la linea ferroviaria. Ma in un ospedale di quel ghetto decimato dal tifo, l’immunologo Fleck trovò l’energia necessaria per sperimentare un suo vaccino, più o meno efficace, tratto dall’urina dei pazienti infetti. Abbastanza per impressionare il dottor Bruno Weber, ufficiale sanitario delle SS in visita nel ghetto, e per garantire a Fleck – dopo la sua deportazione ad Auschwitz nel 1943 – un trattamento di favore. Prima l’alloggio in una stanza del “Canada” (II magazzino del lager), poi la direzione del laboratorio sierologico presso l’istituto d’Igiene. Dove il dottor Fleck analizzava campioni di sangue sotto lo sguardo fisso di due gemelli, due teste in formalina di bambini zingari vivisezionati dal dottor Mengele. Successivamente trasferito al campo di Buchenwald, Fleck si vide affidare dai nazisti il compito di produrre vaccino antitifico sulla base di un metodo particolarmente complesso, sperimentato nel frattempo all’Institut Pasteur di Parigi. E Fleck ebbe ancora la lucidità per organizzare – con altri scienziati detenuti nel Blocco 50 – un sistema clandestino di doppia produzione: vaccino inefficace con cui immunizzare i militari tedeschi, vaccino efficace con cui immunizzare i prigionieri di Buchenwald attivi nella Resistenza… </span><span style="font-size: large; letter-spacing: 0px;">Sopravvissuto alla Soluzione finale, Ludwik Fleck resterà in Polonia fino al 1957: professore universitario prima a Lublin poi a Varsavia, entro il grigio orizzonte del socialismo reale. Si deciderà a partire per Israele soltanto quando verrà raggiunto da voci che corrispondevano ad accuse, accuse di collaborazionismo. Lo stesso genere di voci che in quello stesso 1957 accompagneranno alla tomba Rudolf Weigl, il domatore di pidocchi della via San Nicola.</span></div>
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</span>Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6234400540938597267.post-86344619168164809282015-06-11T01:50:00.003-07:002015-06-20T15:01:41.302-07:00IL VOLTO, LO SGUARDO E LE MANI DELLA MADRE. Recensione a Massimo Recalcati <br />
<div style="font-family: Helvetica; text-align: center;">
<span style="letter-spacing: 0px;"><span style="color: #0b5394; font-size: large;">Presentiamo alcuni passi della recensione di </span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: center;">
<span style="letter-spacing: 0px;"><span style="color: #0b5394; font-size: large;">Benedetta Tobagi al libro di Massimo Recalcati </span></span><br />
<span style="letter-spacing: 0px;"><span style="color: #0b5394; font-size: large;"><i>Le mani della madre </i>(Feltrinelli)<i>.</i> </span></span><br />
<span style="letter-spacing: 0px;"><span style="color: #0b5394; font-size: large;">L'articolo è uscito su "La Repubblica" il 8.5.2015. </span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: center;">
<span style="color: #0b5394; font-size: large;">Il testo completo: </span></div>
<div style="font-family: Helvetica; font-size: 14px; text-align: center;">
<span style="color: #0b5394; letter-spacing: 0px; text-decoration: underline;"><a href="http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/05/08/il-nostro-destino-nello-sguardo-della-madre43.html?ref=search">http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/05/08/il-nostro-destino-nello-sguardo-della-madre43.html?ref=search</a></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; font-size: 14px; min-height: 17px; text-align: center;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"></span><br /></div>
<div style="font-family: Helvetica; font-size: 14px; min-height: 17px;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"></span><br /></div>
<div style="font-family: Helvetica; font-size: 14px; min-height: 17px;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"></span><br /></div>
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<span style="letter-spacing: 0px;"><span style="font-size: large;">(...) Se la funzione paterna veicola il senso umano della Legge, ovvero "una Legge nel desiderio" (...) il tratto caratteristico della funzione materna è "la cura particolareggiata", ossia l'amore per la vita incarnata nell'unicità irripetibile del figlio. </span></span><br />
<span style="letter-spacing: 0px;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCNMi7xR1wWSGqhvJsEO_X5FdzPqAZc5KBrKR3I0z0c4HGiGPOc1aeJJfoYSujvDKu91C6HrxLVblgJmvKWblSG3igL1qyongJaB2xKUMR_2AUw2lRBCBYUDkrlK-S0RjfE580a6-ZzzM/s1600/G-BELLINI-MADONNA-CON-IL-BAMBINO-SU-UN-PARAPETTO-1475-PP3-236x300.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCNMi7xR1wWSGqhvJsEO_X5FdzPqAZc5KBrKR3I0z0c4HGiGPOc1aeJJfoYSujvDKu91C6HrxLVblgJmvKWblSG3igL1qyongJaB2xKUMR_2AUw2lRBCBYUDkrlK-S0RjfE580a6-ZzzM/s640/G-BELLINI-MADONNA-CON-IL-BAMBINO-SU-UN-PARAPETTO-1475-PP3-236x300.jpg" width="502" /></a></div>
<span style="letter-spacing: 0px;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span>
<span style="letter-spacing: 0px;"><span style="font-size: large;">«Il desiderio della madre trasmette il sentimento della vita»: attraverso le mani, il loro tocco amorevole, il loro sostegno forte, ma ancor più tramite lo sguardo. Se «l'eredità materna riguarda il diritto del figlio all'esistenza», per converso, la vita del bambino non voluto o rifiutato dalla madre (anche, si badi bene, quando sia materialmente accudito di tutto punto) «è esposta traumaticamente all'incontro violento e prematuro con l'insensatezza dell'essere». La madre è fondamento ma anche fondo oscuro dell'esistenza, come — ha notato acutamente la junghiana Enrichetta Buchli — ben sapeva il Goethe del Faust: «Un tripode infuocato ti dirà finalmente / che avrai toccato il fondo del più profondo abisso. / Alla sua luce tu vedrai le Madri. […] Fa' cuore, allora, ché è grande il pericolo», avverte Mefistofele.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">L'autore di riferimento è, come di consueto, Jacques Lacan, il cui linguaggio ostico è "tradotto" da Recalcati in termini accessibili, ma il saggio offre anche una panoramica divulgativa di riflessioni intorno al materno da Freud alla koiné psicoanalitica degli ultimi anni, passando per figure chiave come André Green, autore di uno studio fondamentale sugli effetti devastanti della "madre morta" in senso affettivo, in quanto spenta e assente per il figlio: un "lutto bianco" quasi impossibile da elaborare.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">"Avere" un bambino, si dice. Ma la funzione materna si sostanzia, piuttosto, nell'essere capace di lasciar andare il figlio, a tempo debito, nella rinuncia al possesso. Se ciò non accade, il corpo della madre «può diventare una presenza in eccesso, che abolisce ogni discontinuità, ogni differenza» e ridurre il figlio a oggetto al servizio esclusivo del proprio godimento. Una presenza angosciante, come i ragni mastodontici scolpiti da Louise Bourgeois sotto il titolo Maman. Quanti bambini sono stati solo feticci, oppure, come Vincent Van Gogh, sostituti di fratellini morti in precedenza, con esiti disastrosi per la loro psiche? La maternità porta con sé fantasmi d'onnipotenza, perché il bambino offre spontaneamente «quello che nessun soggetto maschile — salvo forse certi psicotici — è in grado di offrire alla propria compagna», ossia «la sua stessa esistenza, senza riserva». L'amore divorante della madre-coccodrillo di Lacan può essere arginato, da una parte, dalla Legge del Padre, dall'altra, dalla capacità della donna di non auto-annullarsi nel ruolo di genitrice. È pericoloso, per il figlio, quando dietro la smania di diventare madre si cela il bisogno di colmare mancanze di senso e d'autostima.</span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;">A partire dal bel saggio Le Matriarche di Catherine Chalier, Recalcati rivisita alcuni topoi religiosi. Le madri del celebre giudizio di Salomone sono due facce sempre presenti, a livello inconscio, nella maternità. Le gravidanze miracolose della vergine Maria (figura non riducibile all'archetipo materno caro al sistema patriarcale, la donna desessualizzata, idealizzata e votata al sacrificio) o della vecchia e sterile Sara sono figura perfetta del fondamento simbolico della maternità come apertura audace e totale all'Altro. Senza quest'apertura, senza una disponibilità autentica, talora persino la fertilità biologica risulta compromessa: Recalcati narra vari casi di sterilità psicogena, superati sciogliendo i nodi (dai lutti non elaborati ai complessi d'inadeguatezza) attraverso l'analisi.</span></span><br />
<span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"></span></span><br />
<a name='more'></a><span style="letter-spacing: 0.0px;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span></div>
<div style="font-family: Helvetica; text-align: justify;">
<span style="letter-spacing: 0px;"><span style="font-size: large;">Le storie cliniche non mentono, la maternità è un'esperienza totalizzante che libera, immancabilmente, i fantasmi della psiche, e, talvolta, con essi, angosce profonde: come accade a una paziente anoressica che si sente "invasa". Se non c'è desiderio autentico, il feto può essere vissuto come un corpo alieno, il neonato come un persecutore spaventoso. L'impatto con la creatura urlante così diversa ed eccedente rispetto al "bambino della notte" (come Silvia Vegetti Finzi definisce il figlio ideale immaginato nell'attesa) è uno choc. «Molti infanticidi — scrive Recalcati — hanno come presupposto un desiderio di maternità e una gravidanza non sufficientemente simbolizzati». E sempre emerge, prepotente, il fantasma della madre della madre: recidere simbolicamente questo legame è la condizione per un accesso positivo alla maternità. Tragico paradosso, la separazione è tanto più difficile quanto più il bisogno d'amore della figlia è stato frustrato. Lacan parla del "cattivo infinito" del ravage (devastazione) da cui scaturisce una recriminazione — dunque un legame — senza fine. Sempre più spesso, constata Recalcati, nello studio analitico entrano madri narcisiste che vivono (o evitano) la maternità come fosse un mero ostacolo, o figlie di queste ultime, devastate da mamme in perenne, subdola competizione — estetica, umana, professionale — con loro. Eppure sempre e ancora esistono madri capaci di trasmettere un'eredità positiva. Come Selma, l'eroina di Dancer in the dark , commovente cammeo su cui il libro si chiude: una madre innamorata dei musical ma capace del sacrificio estremo, capace di offrire fondamento alla vita e insieme incarnare la Legge paterna temprata dall'amore, capace di donare al figlio ciò che non ha.</span></span></div>
Giancarlo Ricci - MAIL: riccigian3@gmail.com http://www.blogger.com/profile/10322073078349894196noreply@blogger.com0