mercoledì 9 dicembre 2015

Benjamin a Milano. Di Rosalba Maletta


Una pagina di Rosalba Maletta A Milano con Benjamin. Soglie ipermoderne tra flânerie e time-lapse (Mimesis, 2015). 
Il paragrafo è "Terza Incursione. Il Cristo in scurto all’epoca del web 3.0": Benjamin di fronte alla celebre tela di Mantegna. 
La Milano sommersa delle vie d’acqua incrocia la città liberty e futurista: il Duomo, Brera e il Cenacolo vinciano ci parlano con le chiose di Benjamin e colgono aspetti inediti di una città che già alla fine del maggio 1912 si presenta agli occhi dello straniero che viene dal Nord foriera di mutamenti decisivi per le sorti del pianeta.

“Accanto alla Pietà Benjamin vide il celebre Cristo morto del Mantegna che nel Secondo Novecento dei movimenti di
"Cristo morto" di Mantegna
liberazione e degli sperimentalismi conosce una popolarità senza precedenti, da Pasolini a instagram.
. Benché il parallelo tra il quadro e la scena della morte di Ettore in Mamma Roma venga incessantemente riproposto, Pasolini giammai lo accolse. Allievo di Roberto Longhi, in Mamma Roma (1962) egli dispiega una sensibilità artistica e doti visionarie che lo spingono a prendere poi la penna per motivare il rifiuto del parallelo, oramai invalso, con il Cristo in scurto. Nell’ottobre del 1962 esorta Longhi, al quale il film è
Dal film "Mamma Roma" di Pasolini
dedicato, a mettere fine alle illazioni interpretative riguardanti la scena della morte del protagonista sul letto di contenzione: «Ah, Longhi, intervenga lei, spieghi lei, come non basta mettere una figura di scorcio e guardarla con le piante dei piedi in primo piano per parlare di influenza mantegnesca! Ma non hanno occhi questi critici? Non vedono che bianco e nero così essenziali e fortemente chiaroscurati della cella grigia dove Ettore (canottiera bianca e faccia scura) è disteso sul letto di contenzione, richiama pittori vissuti e operanti molti decenni prima del Mantegna? O che se mai, si potrebbe parlare di un’assurda e squisita mistione tra Masaccio e Caravaggio?» (P. P. Pasolini, “Il film e la critica. Sfogo per Mamma Roma” in VIE NUOVE n. 40, 4 ottobre 1962, Anno XVII). 
Dato che ci muoviamo per Milano con Benjamin, fine indagatore dell’esplorazione percettologica nei suoi incroci e
Dal film "Salvatore Giuliano" di Francesco Rosi
nelle manipolazioni tra le arti e le tecniche di rappresentazione, non è possibile passare sotto silenzio le molteplici suggestioni che questa tela, destinata all’uso privato e devozionale, ha alimentato nel panorama artistico a partire dalla chiusa del film di Francesco Rosi" Salvatore Giuliano"(1962). 

Che dire poi del corpo del Che fotografato a Vallegrande in Bolivia nel 1967 da Freddy Alborta. Quello stesso anno John
Che Guevara
Berger ne appronta una lettura memorabile. 
E ancora, come dimenticare la chiusa di "Ogro" (1979) di Gillo Pontecorvo? Una svolta si registra nel 1992 con la campagna pubblicitaria della Benetton, frutto del sodalizio con Oliviero Toscani. Gigantografie tappezzano le strade del mondo occidentale “ostendendo” il corpo di David Kirby, malato di AIDS, circondato dai congiunti sul letto di morte. Scrive Benjanim: “10 Ottobre 1928 [...] la nuova educazione popolare prende le mosse dal fenomeno delle visite di massa e trasforma la quantità in qualità, ovverosia ci si aspetta che la forma in cui le cose si lasciano rappresentare per noi nella maniera più perspicua operi sul sapere scientifico in maniera vivificante e stimolante” (Appunti sparsi da giugno a ottobre 1928, GS VI, p. 417).
Colorata artificialmente da Toscani, la foto era stata individuata affatto casualmente da Tibor Kalman, in quel
Foto di Therese Frare
periodo editor e 

collaboratore della Benetton. Scattata in bianco e nero da Therese Frare, all’epoca giovane studentessa di giornalismo, la foto ha fatto storia anche perché nel punctum di osservatore e fotografo è messo a fuoco uno spaccato della società civile alle prese con la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) che, partendo dagli States, cambia la storia dei diritti umani nel mondo.
La Frare scatta la foto nel 1990 per uso quasi privato o, comunque, amatoriale ma finisce su Life e vince il World Press Photo Award del 1991. La famiglia di Kirby ne autorizza poi la pubblicazione nella campagna della Benetton, che fa subito registrare accese polemiche con tanto di appelli istituzionali per entrare nel Guinness dei primati dell’anno 2000 come la campagna pubblicitaria più controversa della storia”.