Pubblichiamo di seguito il COMUNICATO STAMPA
redatto dal Collegio della Difesa
(avv.ti Davide Fortunato e Valeria Gerla)
in merito alla Delibera di archiviazione
da parte dell'OPL del caso Ricci.
redatto dal Collegio della Difesa
(avv.ti Davide Fortunato e Valeria Gerla)
in merito alla Delibera di archiviazione
da parte dell'OPL del caso Ricci.
Il 17 gennaio 2019 si è riunita la Camera di Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia per pronunciarsi sul procedimento disciplinare nei confronti del dott. Giancarlo Ricci e relativo ad alcune affermazioni pronunciate nel corso di una trasmissione televisiva del 2016. Solo dopo oltre tre anni di udienze il Consiglio, in ragione di 7 Consiglieri favorevoli e 7 contrari, ha deciso per l’archiviazione del procedimento.
Un esito che è frutto anche dell’intenso lavoro del collegio difensivo e che, per amore di verità, merita alcune considerazioni. Per oltre tre anni, dinanzi alla comunità scientifica, ai colleghi, al mondo istituzionale, il dott. Ricci è stato considerato come l’”incolpato”, termine usato nella Delibera iniziale. Tale clima di intimidazione e di sospetto ha costretto il dott. Ricci a rimandare - e spesso annullare - varie attività pubbliche.
Riteniamo utile ripercorrere velocemente, qui di seguito, alcuni momenti significativi di questo lungo processo.
Oltre al contenuto delle dichiarazioni rese nell’ambito della trasmissione televisiva nel gennaio 2016, il Consiglio, in ragione delle difese svolte, ha potuto esaminare vari documenti, dépliant, scambi di mail, estratti di verbali di altri procedimenti, post di Facebook e altri estratti pubblicati in rete. Sono stati prodotti documenti che, a parere del Collegio difensivo, avrebbero dovuto condurre alla ricusazione di due Consiglieri. Per due volte, il Consiglio ha ritenuto che la documentata “profonda inimicizia” di due consiglieri nei confronti del dott. Ricci non giustificasse la richiesta di ricusazione. Le argomentazioni fornite in punto dal Consiglio appaiono deboli ed ellittiche di riferimenti alla ampia documentazione prodotta. Nel corso del procedimento si è dovuto, tra l’altro, prendere atto della volontà di un testimone di non rispondere ad alcune domande della Difesa.
Leggendo la Delibera di archiviazione rileviamo, nella descrizione delle motivazioni, alcuni punti che meritano alcune precisazioni.
Nella descrizione dello svolgimento del procedimento, in primo luogo, non si fa menzione del fatto che il dott. Ricci ha puntualmente ed esaurientemente replicato alle tre accuse principali, ovvero, nella estrapolazione delle affermazioni rese nel brevi interventi nel corso della trasmissione, ha fornito un chiarimento sul dott. Nicolosi, (“quello è stato detto su Nicolosi è del tutto arbitrario”), ha precisato una opinione scientificamente documentabile (“la funzione di padre e madre è essenziale e costitutiva del percorso di crescita”) ed ha offerto un commento personale con riguardo ad un tema di attualità (“nell’ideologia gender (…) l’omosessualità viene equiparata a una sessualità naturale, all’eterosessualità”). Sul primo aspetto è stata documentata, mediante comunicazione proveniente dal competente organo istituzionale statunitense, la bontà di quanto precisato dal dott. Ricci sul prof. Nicolosi: di tale importante elemento, non vi è traccia nel provvedimento.
Nel provvedimento, in contraddizione con l’iniziale impianto accusatorio, si legge: “oggetto del procedimento disciplinare a carico del dott. Ricci non sono eventuali sue posizioni riguardo a temi importanti, bensì il modo in cui egli ha ritenuto, in quanto psicologo, di poter trattare ed esporre tali temi all’utenza”. Ed ancora: “pertanto al dott. Ricci non è mai stato contestato cosa ha trattato, bensì come lo ha trattato; a prescindere dall’argomento, ciò che rileva e rileverà in sede disciplinare sarà come l’iscritto, in quanto psicologo, abbia restituito all’utenza tale argomento in termini di rigore scientifico, correttezza e puntualità”. Dunque da una parte si afferma che “non viene contestato ciò che Ricci afferma”, dall’altra che è “rilevante in sede disciplinare come Ricci ha restituito all’utenza tale argomento in termini di rigore scientifico, correttezza e puntualità”. La contraddizione pare, non solo al Collegio difensivo, evidente.
A fronte delle varie e numerose contestazioni mosse con l’avvio del Procedimento, risulta inspiegabile l’affermazione secondo cui “al dott. Ricci non è mai stato contestato cosa ha trattato, bensì come lo ha trattato”. Ciò nondimeno senza considerare che “ciò che Ricci ha trattato” è frutto di una estrapolazione di circa 3 frammentati ed interrotti minuti in cui l’incolpato è intervenuto su circa 45 minuti complessivi di trasmissione.
I tre minuti presi in esame sono stati, inoltre, nel corso della trasmissione oggetto di continue interruzioni, battute, commenti, sovrapposizioni di altre voci in un clima che rendeva impossibile un’efficace o puntuale replica rispetto agli argomenti posti.
Nel provvedimento di archiviazione si legge: “Pur permanendo irrinunciabili perplessità in ordine a orientamenti dottrinari e scenari metodologici a cui le affermazioni del dott. Ricci potrebbero voler fare riferimento e nell’impossibilità in sede disciplinare, di poter affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che tale diretto collegamento vi sia, ritiene questo Consiglio […] che non sono emersi elementi sufficienti per ritenere il dott. Ricci responsabile per gli illeciti contestati” e quindi “ha deciso di archiviare il procedimento disciplinare”.
Da un lato, dunque, il Consiglio chiarisce come non fosse oggetto di procedimento il “cosa”, ma solamente il “come”; dall’altro si legge che il Consiglio nutre “perplessità in ordine a orientamenti dottrinali” dell’incolpato.
Assolto, dunque, per insufficienza di prove?
Parrebbe così. Probabilmente le “irrinunciabili perplessità” dei sette Consiglieri che hanno votato contro l’archiviazione non sono state in grado di affermarsi, non hanno trovato sufficienti appigli per tradursi in una sanzione. Significativo che, nelle ultime righe si legga “il Consiglio ritiene di non poter sanzionare”. La scelta del predicato è, forse, rivelatrice: “poter” invece che il più appropriato “dover” sanzionare.
Rimane la perplessità in ordine al tempo occorso per stabilire che non si può sanzionare il Dott. Ricci per aver espresso un’opinione scientificamente documentata in alcuni frammenti di una trasmissione televisiva.
Così, pertanto, si è concluso il terzo esposto (analogamente a quanto già accaduto nel 2009 e nel 2011). Nel frattempo, nel 2017, 2018 e 2019, il Dott. Ricci ha ricevuto ulteriori tre esposti: una attenzione eccezionale, un vaglio costante del pensiero e dell’attività di un professionista che si limita a dar voce ad un filone non irrilevante del pensiero scientifico in ambito psicologico.
Non può nascondersi che per il Dott. Ricci, così come per qualsiasi altro iscritto all’Ordine, ricevere continui esposti e doverne rispondere ha il sapore di intimidazione.
L’utilizzo di questi procedimenti deontologici sembra, infatti, tradire le ragioni su cui si fondano gli Ordini professionali: più che garantire e tutelare la libertà di espressione, di ricerca e di civile confronto tra i suoi membri, parrebbe si preferisca procedere a un controllo sulle opinioni ed ad una verifica di conformità del pensiero del professionista al mainstream.
Ricevere ripetutamente degli esposti, alcuni dei quali di scarso contenuto fattuale e giuridico e relativi a fatti risalenti nel tempo, costringe il professionista a spendere tempo ed energie per predisporre una difesa su accuse perlopiù inconsistenti; ad investire legali della tutela dei propri diritti di cittadino e di studioso; a valutare la necessità di sporgere querele per la diffamazione aggravata e la calunnia cui è di continuo sottoposto.
Non si può dimenticare che, qualora il procedimento in questione si fosse concluso con una sanzione disciplinare (l’unica in decenni onorata carriera), un grave danno sarebbe stato arrecato non solo al dott. Ricci, ma anche a tutti i pazienti che a quest’ultimo si affidano.
La durata del procedimento, oltre tre anni come detto, sembra, infatti, ledere anche i pazienti reali (tutt’altro che ipotetici), che in questo lungo periodo di tempo hanno temuto di vedere il loro psicanalista sospeso: essi sono stati forse dimenticati, in nome di una “tutela” per le ignote “vittime potenziali” di alcune frasi estrapolate da 200 frammentati secondi di una trasmissione televisiva.
Si giunge, dunque, al paradosso: nel tentativo di tutelare le fantomatiche vittime di frasi teoricamente discriminatorie, si trascurano gli interessi di un professionista, dei suoi pazienti e, nondimeno, la tutela del libero pensiero.
L’auspicio, a conclusione di questa vicenda, è che la comunità scientifica riscopra il gusto ed il valore del confronto civile e non ceda alla logica dell’aggressione personale per delegittimare l’opinione altrui.
Anche per affrontare queste tematiche, abbiamo voluto organizzare alcuni incontri che raccontino questa vicenda e cerchino di fornire un giudizio interpretativo di quanto accade nel nostro Paese: il primo incontro sarà mercoledì 29 maggio 2019 alle ore 21.00 presso l’Angelicum (in Milano, ingresso Via Renzo Bertoni 7 – Sala San Bernardino).
Milano, 21 maggio 2019
Il Collegio di Difesa (Avv. Davide Fortunato e Avv. Valeria Gerla)