giovedì 10 gennaio 2019

ERA NATALE, riflessioni sulla nascita. Di Luciana Piddiu

È un vero peccato che nessuno abbia ritenuto di dover ribattere alle argomentazioni espresse recentemente da un noto personaggio televisivo, rampollo di un’antica famiglia toscana di origine longobarda.

Il soggetto in questione, Costantino Della Gherardesca, si è auto-definito ‘persona normalissima cui è capitata la sventura di avere un po’ più di sensibilità e di buongusto’. In un articolo apparso sul quotidiano Il Foglio ha espresso tutto il suo disgusto per la grande festa della tradizione cristiana del 25 Dicembre. Cito testualmente: “Odio le tradizioni cristiane, in particolar modo il Natale. Intorno a me non voglio né Gesù bambini, né Gesù crocifissi…..Non sopporto il Natale e i suoi ninnoli perché mi deprimono.”

L’autore si dichiara disgustato profondamente dai bambini che durante le feste ‘si manifestano nei ristoranti’, invita pertanto i cristiani a passare il Natale in monasteri o chiese distanti dai suoi occhi così sensibili. Conclude con “Basta regali, basta buoni propositi e sogni di gloria: durante le feste scambiamoci il dono del realismo……” Pertanto si augura “un futuro globalizzato, dove l’unico Dio sarà il denaro, possibilmente il renminbi cinese”.

L’articolo in questione è apparso quasi in contemporanea alla notizia della decisione presa dal governo iracheno di riconoscere il Natale come festa nazionale per tutti gli iracheni e non più come festa unicamente dei cristiani. Decisione coraggiosa, a mio avviso, in un paese a stragrande maggioranza musulmano e martoriato da anni di guerre   con il coinvolgimento di molti paesi occidentali.

Benché non credente, non posso fare a meno di considerare insopportabilmente snob il ragionamento del personaggio televisivo e meravigliosa la presa di posizione del governo iracheno.

Che ci piaccia o meno il Natale rimane la festa della natività. Celebra la nascita come il momento da cui tutto ha inizio.

Hannah Arendt ha ben articolato il concetto di natalità nella sua filosofia quando ha individuato nell’essere umano la ragion d’essere dell’avvio della storia: ogni nuovo nato dà inizio e si pone come inizio di qualcosa di inedito e di imprevedibile. 

Chi viene alla luce può spezzare la catena ripetitiva di eventi predeterminati dalla trama del passato generando cambiamenti. Nel suo apparire ogni neonato/a pone senza saperlo un interrogativo al mondo sui limiti e le possibilità della condizione umana sulla terra. Porta con sé la capacità del cambiamento, della novità intrinseca alla vita umana. La nascita di ogni nuovo essere è in questo senso un miracolo, perché spezza la catena della necessità aprendo alla libertà dell’agire.

Basta questo per farci apprezzare la grande festa cristiana del Natale. Per aver messo al centro della vicenda umana il concetto di natalità sia pure declinato in una visione trascendente che a molti di noi non appartiene.

Parafrasando il grande poeta John Donne e il suo ‘Nessun uomo è un’isola’ si potrebbe dire che la nascita di ogni essere umano mi arricchisce perché io partecipo dell’umanità. Di questo siamo debitori tutti, credenti e non, nei confronti della visione cristiana.

Luciana Piddiu  (9 Gennaio 2019)