
La psicanalisi insegna che l’esperienza della impotenza comporta una preziosa fecondità, l’occasione per interrogarsi intorno allo statuto dell’umano, abitarlo fino in fondo senza protesi, orpelli, mascherature, tutori, alibi, astuzie della ragione. Il nodo rimane quello della libertà. Sembra paradossale ma è proprio l’esperienza dell’impotenza e del limite a costituire la condizione della libertà.
L’esperienza del limite esige l’istanza della responsabilità. Era Freud a ricordare più volte che la vera potenza è quella del ritorno del rimosso. E che qualcosa che viene espunto dal simbolico (dalla parola) ritorna dal reale e ci travolge inesorabilmente. Oggi non c’è solo il trionfante fantasma dell’onnipotenza tecnologica a esibirsi, ma diverse e variegate forme di onnipotenza: quella della certezza morale, quella narcisistica, quella ideologica, quella dei saperi ben disciplinati, quella delle certezze impeccabili esibite in alta uniforme e tante altre. È così difficile capire che la certezza nutrita di onnipotenza è una figura del punto cieco, dello scotoma, della bulimica negazione della differenza?