Autore del libro IL DISAGIO DELLA GIOVINEZZA. Psicoanalisi dell'adolescenza (Bruno Mondadori, 2013), FRANCESCO GIGLIO interviene in merito agli scenari sociali implicati dal disagio giovanile.
Risiediamo oggi nell’epoca dell’adolescenza prolungata, dello sforzo comune a ogni età di permanere nel tempo della giovinezza e della sospensione delle scelte. Si osserva l’imposizione sociale del giovanilismo, e la diffusa mira umana a divenire e rimanere giovani per sempre.
La pressione della società contemporanea rivolta ai bambini mostra la mira a far loro lasciare presto l’infanzia per divenire giovani, dal lato della maturità adulta, sino alle età più avanzate, è attiva la medesima pressione che vorrebbe conservare indeterminatamente lo stile di vita adolescente. Il secondo grande tema della prima giovinezza riguarda la dimensione del corpo, nella quale si osserva l’innesco fisiologico dell’adolescenza, costituito dalle trasformazioni corporee della pubertà.
Nel nostro tempo i giovani sono trattati esclusivamente come consumatori, la crisi attuale, viceversa, rende quanto mai necessario che essi si schierino e si facciano produttori, organizzatori e trasformatori dell’esistente. Inventori dell’innovazione possibile, poiché se con Dostoevskij “è dagli adolescenti che si edificano le generazioni”, solo dal superamento del modello consumistico, possiamo attenderci un’innovazione sociale più che auspicabile ormai indispensabile alla vita umana e ai suoi scenari.
La pressione della società contemporanea rivolta ai bambini mostra la mira a far loro lasciare presto l’infanzia per divenire giovani, dal lato della maturità adulta, sino alle età più avanzate, è attiva la medesima pressione che vorrebbe conservare indeterminatamente lo stile di vita adolescente. Il secondo grande tema della prima giovinezza riguarda la dimensione del corpo, nella quale si osserva l’innesco fisiologico dell’adolescenza, costituito dalle trasformazioni corporee della pubertà.
Nel nostro tempo i giovani sono trattati esclusivamente come consumatori, la crisi attuale, viceversa, rende quanto mai necessario che essi si schierino e si facciano produttori, organizzatori e trasformatori dell’esistente. Inventori dell’innovazione possibile, poiché se con Dostoevskij “è dagli adolescenti che si edificano le generazioni”, solo dal superamento del modello consumistico, possiamo attenderci un’innovazione sociale più che auspicabile ormai indispensabile alla vita umana e ai suoi scenari.
La nascita dell’uomo, in una prospettiva psicoanalitica, non è un fenomeno univoco. In effetti, tale vicenda, inaugurale dell’esistenza è raddoppiata già da Rousseau che discerne due nascite: la prima per la specie, la seconda per il sesso, il parto è così distinto dalla pubertà. L’adolescenza abita tale pluralità, come Francoise Dolto rileva, non si tratta di una crisi ma di una vera e propria morte del bambino, che non tornerà mai più, abbinata alla nascita dell’adulto che verrà. L’adolescenza, cronologicamente, è l’ultima separazione, l’evento conclusivo di una serie. In simile sequenza la prima disgiunzione è biologica, il taglio del cordone ombelicale accomuna i mammiferi di ogni specie e tutti ne portiamo il segno al centro del nostro corpo nella forma di una specifica cicatrice: l’ombelico. Dei successivi tagli separativi portiamo solo tracce psichiche, cicatrici invisibili ma, come dimostra la clinica psicoanalitica, assai ben ascoltabili prestando attenzione alla voce dell’inconscio. La sequenza della maturazione evolutiva umana è fatta di sei tappe fondamentali: svezzamento, stadio dello specchio, intrusione, Edipo, pubertà e adolescenza. Gli inciampi, possibili a ogni singolo passaggio, mantengono aperta la possibile produzione di ferite separative in grado di generare diverse psicopatologie. Il mammifero comune, essere di natura, necessita della sola separazione biologica, molto presto è pronto per la sua autonoma esistenza, non così è per la specie umana che, viceversa, assoggettata alla dimensione artificiale del linguaggio, incontra specifici ostacoli in ogni singolo passaggio verso l’autonomia, fino all’ultima decisiva svolta adolescente. Il giovanissimo è strutturalmente solo, chiamato con l’accesso alla dimensione adulta della vita a fare i conti con i due temi soggettivi per eccellenza: identità e sessualità, in merito ai quali l’Altro grande, per quanto grande sia, non ha l’ultima parola, strutturalmente non può arrivare a insegnare e a dare garanzia di buon esito.
L’adolescenza, per definizione, è il tempo in cui le scelte sono sospese, tutto è ancora possibile come mai più accadrà nelle fasi successive. L’illusione di potere permanere indefinitamente nella sospensione delle decisioni, di aggirare la perdita strutturale insita nel fare una scelta, è un abbaglio che se non diradato per tempo può poi costare moltissimo.
Tre declinazioni del discorso precedono nel testo e la parte clinica, per poi intrecciarsi con questa: la dimensione sociale, le trasformazioni del corpo e, le fondamenta soggettive dell’età adulta.
Nell’aspetto sociale l’adolescenza è figlia della modernità. È necessario almeno un relativo benessere perché sia posta specifica attenzione al disagio incontrato in un’epoca transitoria della vita. Nella versione antica, così come negli orientamenti diffusi nei paesi poveri, il malessere della giovinezza è trattato con la crono terapia, con il mero scorrere del tempo. Lo stile vitale adolescente mostra di funzionare come una cartina al tornasole delle epoche, capace di dare conto degli orientamenti prevalenti in ogni specifico contesto culturale.
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