Tutto il nostro sapere deriva dal cielo, affermava con un aforisma lo psicanalista Jacques Lacan. Oggi il sapere medico sembra non abiti più nel cielo delle idealità: la scienza medica enfaticamente ci ricorda quotidianamente che la nostra salute è sempre provvisoria, eventuale, probabile.
Il concetto stesso di salute è diventata una costellazione dai contorni vaghi, indefiniti, addirittura contraddittori. L'immaginario sociale, pervaso dal più sano scientismo, è frastornato da statistiche, da diagnosi sempre più comprovate, da tecnologie miracolose, da farmaci portentosi, da scenari avveniristici dove sarà impossibile ammalarsi di qualcosa perché già tutto è stato previsto e riparato.
Come proponeva un importante libro del filosofo Hans-Georg Gadamer dal titolo Dove si nasconde la salute (Cortina Editore), oggi quasi lo abbiamo dimenticato: ammirando l'avanzamento delle nuove bio e neuro ingegnerie, gli imminenti miracoli della genetica, i risultati di alchimie farmacologiche, abbiamo forse dimenticato l'essenziale: dove si nasconde la salute? Ma che cosa è la salute, come la curiamo, come trattiamo il nostro corpo e la nostra psiche? Quale relazione tra la parola e l’inconscio? Sono domande cruciali che Hans-Georg Gadamer sviluppa ed esplora. "La cura della salute - afferma - è un fenomeno originario dell'essere umano". E giustamente parla del "guaritore ferito", di quell'antico quanto irrealizzabile sogno di padroneggiare la morte e quindi dominare la vita. Se tale furor sanandi giungesse a compiersi la società sarebbe cartesianamente abitata da macchine viventi, da "replicanti", da esseri bionici. E la società stessa verrebbe regolata da un principio biopolitico. Il dibattito che sta sorgendo intorno alla nuova versione del DSM V va proprio in questa direzione.
Il concetto stesso di salute è diventata una costellazione dai contorni vaghi, indefiniti, addirittura contraddittori. L'immaginario sociale, pervaso dal più sano scientismo, è frastornato da statistiche, da diagnosi sempre più comprovate, da tecnologie miracolose, da farmaci portentosi, da scenari avveniristici dove sarà impossibile ammalarsi di qualcosa perché già tutto è stato previsto e riparato.
Come proponeva un importante libro del filosofo Hans-Georg Gadamer dal titolo Dove si nasconde la salute (Cortina Editore), oggi quasi lo abbiamo dimenticato: ammirando l'avanzamento delle nuove bio e neuro ingegnerie, gli imminenti miracoli della genetica, i risultati di alchimie farmacologiche, abbiamo forse dimenticato l'essenziale: dove si nasconde la salute? Ma che cosa è la salute, come la curiamo, come trattiamo il nostro corpo e la nostra psiche? Quale relazione tra la parola e l’inconscio? Sono domande cruciali che Hans-Georg Gadamer sviluppa ed esplora. "La cura della salute - afferma - è un fenomeno originario dell'essere umano". E giustamente parla del "guaritore ferito", di quell'antico quanto irrealizzabile sogno di padroneggiare la morte e quindi dominare la vita. Se tale furor sanandi giungesse a compiersi la società sarebbe cartesianamente abitata da macchine viventi, da "replicanti", da esseri bionici. E la società stessa verrebbe regolata da un principio biopolitico. Il dibattito che sta sorgendo intorno alla nuova versione del DSM V va proprio in questa direzione.
Il libro Dove si nasconde la salute esplora una serie di temi adiacenti alla salute: dalla medicina come arte al problema dell'intelligenza, dalla corporeità all'esperienza della morte, dall'oggettivabilità medica al concetto di cura e all'importanza del dialogo e della parola. "La salute non si dà a vedere", afferma Gadamer. "E' invece la malattia a manifestarsi come ciò che si oggettiva da sé e che ci viene incontro, ci invade". La coppia malato/sano incomincia a vacillare: i due termini non sono simmetrici, perdono la loro complementarità. Addirittura talvolta la guarigione "clinica" è la produzione di una nuova malattia, più “silente” o più sopportabile della prima. "In verità non è possibile misurare la salute", incalza Gadamer, e mette in guardia dalla super specializzazione, dalla riduzione del malato a un numero, dall'uso indiscriminato di psicofarmaci. "Ma allora che cos'è in realtà la salute, questa condizione misteriosa, che tutti conosciamo e che d'altra parte non conosciamo per niente, perché è così prodigioso essere sani?" Una constatazione: più la malattia viene resa visibile e oggettivabile, più la salute sembra celarsi. Se volessimo proseguire in questa direzione dovremmo considerare l'apporto della psicanalisi. Di certo ci inoltreremmo in un'ulteriore complessità. Termini come guarigione, salute o normalità acquistano infatti un diverso significato a seconda che si tratti di un ambito medico o psichico. Confonderne i registri, estendere il criterio medicalista al campo psichico, usare i medesimi criteri diagnostici, ha prodotto (come ha notato Michel Foucault) una serie di equivoci. Anche la confusione tra psicoterapia e psicanalisi è l'effetto di un malinteso. Infatti mentre la prima presuppone una finalizzazione della cura, punta all'abolizione del sintomo e pertanto si attiene al principio del ripristino e della riparazione, la psicanalisi invece comporta un lavoro relativo a una trasformazione soggettiva. Mai come oggi infatti assistiamo a una mescolanza tra i saperi e a un'ibridazione di pratiche che ci allontanano da un'effettiva esperienza di verità. Si tratta allora di saper distinguere la complessità teorica, clinica e culturale della psicanalisi da altre pratiche psicologistiche improntate prevalentemente all'empirismo e al pragmaticismo.
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